- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Mi-Co-To-Tn-Bz: Marinetti? Ma no ...

Giovedì 19 Gennaio 2023

 

oval
 

Non sappiamo quanti italiani sappiano – o siano interessati – ai Giochi Invernali che “a costo zero” si terranno in Italia nel 2026. O meglio, in tre regioni del Nord Italia. Con qualche difficoltà di comunicazione. In tutti i sensi.

Giorgio Cimbrico 

Mi-Co-To-Tn-Bz non è il verso inedito, non è il frammento di un’opera poetica sparita e ritrovata di Filippo Tommaso Marinetti. E’ la raffica, tutto sommato futurista e futuribile, delle sigle delle località che ospiteranno i Giochi Invernali del 2026, i terzi ospitati sulle nevi e i ghiacci d’Italia e chissà se nel 2026 ci saranno ancora nevi e ghiacci.

Per chi non ha seguito la gestazione, la nascita e l’iter dell’evento, conquistato a spese della svedese Are (con pallino sulla A) o per chi non abbia interesse alcuno per l’Olimpiade bianche - è bene precisare che Co non sta per Como ma per Cortina.

Dunque, tre regioni (Lombardia, Veneto e Piemonte) e due province autonome, Trento e Bolzano. Dispersione, il tuo nome è olimpico e molto italiano: grandi distanze, vie di comunicazione non agevoli, Olimpiade trasformata in una serie di campionati mondiali, il vecchio spirito sparito. 


Qualcuno può obiettare: non è una novità, anche in passato la città “titolare” era, per forza di cose, obbligata a decentrare. Vero, non siamo mica più ai tempi di Squaw Valley o di St Moritz. Ma vero anche che nel 2006 tra Torino e il resto delle località correvano un’ottantina di chilometri. 

In attesa di una vicina ufficializzazione, Torino è giusto la new entry. Tornerà in funzione l’Oval del Lingotto che nel 2006 portò a un’improvvisa celebrità Enrico Fabris, veneto d’altopiano (Asiago), compaesano di Mario Rigoni Stern. Dei libri del “sergente nella neve” Enrico era appassionato lettore. 

Pur non ospitando gare di pattinaggio di velocità da molti anni, l’Oval è l’unico impianto superstite di quei Giochi e toglie qualche castagna dal fuoco: la copertura della pista di Baselga di Piné costerebbe (perdonate la frase fatta: il condizionale è d’obbligo) 55 milioni mentre con una decina la pista torinese tornerebbe in piena efficienza. Lucida come uno specchio. Tutto il resto – i trampolini di Pragelato, l’anello del fondo nelle stessa località, il tracciato del biathlon e la pista di bob e slittino a Cesana – riportano a un’opera di Roberto Calasso, “La rovina di Kasch” o a una nota rappresentazione teatrale di Bertolt Brecht con musiche di Kurt Weill, “Ascesa e caduta della città di Mahagonny”. Da quell’edizione sono passati giusti giusti 17 anni. Lo stadio olimpico di Stoccolma, che di anni ne sta compiendo 111, è in piena efficienza. 

Il condizionale d’obbligo continua a far capolino, come uno scomodo visitatore segreto, come un fantasma dei fruttuosi (per qualcuno…) eventi di un passato non troppo lontano su suolo nazionale: i Giochi “a costo zero” sarebbero levitati e lievitati a 2 miliardi e 600 milioni e levitati e lievitati sono anche i membri delle fondazioni, del comitato organizzatore, del consiglio d’amministrazione del comitato organizzatore: manager di inclita fama, dirigenti sportivi, atleti di fresco pensionamento, politici, rappresentanti degli innumerevoli enti locali interessati a una nuova strada, a un ultimo ponte. Una folla che dovrebbe (sempre questo condizionale, perbacco …) interessarsi di problemi per il momento irrisolti o mai affrontati. Le vie di comunicazione, ad esempio, che secondo stime finirebbero per essere ultimate nel 2029. 

Essendo a palmi un inguaribile aspirante esteta, mi sono sempre domandato a chi è venuta l’idea di far svolgere la cerimonia d’apertura a San Siro, tetro, buio, dalle forme stolidamente ciclopiche. Per una cerimonia d’apertura è necessario uno spazio vasto, aperto, come quello visitato in una notte gelida dagli gnomi di Lillehammer. Loro, i potenti, non hanno questo genere di ricordi. Hanno solo visioni di un mondo sostenibile, ricco di legacy, possibilmente resiliente.

Un attacco di orticaria mi sta colpendo alle dita e, chiuso il messaggio nella bottiglia, affido l’uno e l’altra alle onde del destino. 

 

Cerca