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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Alla fine riesci (se hai la giusta determinazione)

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Martedì 3 Gennaio 2023


san pietro 


Ogni epoca ha avuto i suoi eroi. Pelé è stato il numero uno. Se Baggio fu un “9 e mezzo”, Maradona fu un “10 meno”. Ma Alfredo Di Stefano che faceva il goleador, la mezz'ala e a volte il terzino era una intera squadra.

Andrea Bosco

Notizie spicciole. Le “deleghe” che Vittorio Sgarbi ha ottenuto dal ministro Sangiuliano gli hanno fatto ribadire che “Il Meazza non verrà abbattuto”. Immagino che le notti del sindaco Beppe Sala, siano ormai pervase da incubi. Sgarbi certamente non farà spostare la Pietà Rondanini. Ma si oppone alla costruzione di una “passerella” che colleghi i due edifici separati che costituiscono il “corpo” dell’Arengario. Sgarbi ha anche chiesto un Museo di Arte Contemporanea per Milano.

Che faceva parte dei programmi dell’allora sindaco Letizia Moratti e che poi fu accantonato per i costi (furono individuati come eccessivi, specie la gestione) e per l’opposizione strenua delle opposizioni in consiglio comunale al grido di “a Milano non serve un altro museo”. Personalmente condivido ogni parola (su Milano) detta da Sgarbi. Tranne che per un dettaglio. Sgarbi il futuribile museo di arte contemporanea lo ipotizza in zona Expo. Ci sono tante opzioni, per quel museo, a distanze più “umane” per cittadini, non così lontane dal centro città. Piuttosto un suggerimento (Sgarbi notoriamente non ne ha bisogno, considerata la sua vulcanica attività intellettuale) ma così, giusto per cercare di far sopravvivere la “milanesità”. Detto da un immigrato arrivato da Venezia, dovrebbe far riflettere: la Galleria sta diventando un Parco Giochi adibito ai “selfie” dei turisti. E le vetrine della Galleria, sono la terra del fashion. Oltre che di qualche eccellente firma della ristorazione.


MILANO – Non era questa la iniziale “vocazione” della Galleria. Leggere la Storia, please. Il Comune affitta gli spazi a cifre iperboliche. E se ne frega se l’identità di uno dei luoghi più conosciuti della città viene affogata dal lusso in stile Dubai. Non ne faccio una questione di Sala: durante il mandato di uno dei più apprezzati sindaci di Milano, Carlo Tognoli, uno spazio (oggi occupato da una prestigiosa griffe) venne affittato a McDonalds, con relativi miasmi di fritto che appestavano i clienti del dirimpettaio, storico, Savini. Tradotto: dalle “stalle” alle “stelle”. Meglio quando in Galleria c’era un premiato Remender’s. Quando c’era Brigatti eccellenza Old England. Quando la Galleria era per i milanesi: anche luogo di contrastati dibattiti. Non luogo per turiste in “posa”, culo in fuori, tette al vento che cliccano foto ricordo.

A Cortina, il conducator dei percettori del reddito di cittadinanza, l’uomo che aveva disertato la Prima della Scala per andare tra gli ultimi dell’Opera Cardinal Ferrari, si è concesso il Capodanno (con compagna) al “Savoia”, albergo a 5 Stelle (altro non avrebbe del resto potuto essere) di Cortina. Cosa stridente e poco pacchiana. I veri “signori” a Cortina sono sempre andati allo storico “Posta”. Ma si sa: signori si nasce. E per dirla con Totò, qualcuno proprio non lo “nacque”.

La morte di Pelè è stata un perdita immensa per chi ama il calcio. Stucchevoli le graduatorie sul “più grande di ogni tempo”. Stucchevole la coabitazione con Maradona. Per distacco, Pelè, ha soverchiato ogni altro rivale. Ha segnato più di mille gol in carriera, là dove neppure Cristiano Ronaldo riuscirà ad arrivare. Ha ridefinito il ruolo del “10” che prima di lui era solo un centrocampista. Nella Juventus del Quinquennio, il “10” lo portava il box-to-box Ferrari e l’“8” il fantasista Cesarini. Orsi con l’“11” era il Garrincha (mancino) di quella stagione.

CESARINI – Ero ragazzino e mi disse al Comunale durante un allenamento (anni Sessanta) della Juve, Giglio Panza, direttore di Tuttosport, (al quale avevo mandato un racconto dal profumo cecoviano che parlava di un impiegato e della sua ossessione per gli orologi: non avevo ancora scoperto Holden che probabilmente è stata la mia “rovina”) al quale continuavo a magnificare Omar Sivori: “Perché tu non hai idea di cosa fosse capace Renato Cesarini”. Aneddoto per dire che ogni epoca ha avuto i suoi eroi. Pelè è stato il numero uno. Se Baggio (secondo Platini) fu un “9 e mezzo”, Maradona fu un “10 meno”. Ma Alfredo Di Stefano che faceva il centravanti, il goleador, la mezz’ala, il mediano e a volte il terzino era una intera squadra. Come (Giampiero Boniperti era solito rammentarlo) Valentino Mazzola, uno dei due “fratelli taurini” come li definì Giovanni Arpino, che con Loik fecero immenso il Grande Torino. La più grande squadra italiana (fatta di soli indigeni) di tutti i tempi.

E per dire, quanto grande sia stato Pelè, vale la pena rammentare che nei giorni nei quali Messi si godeva (ammantato di manto beduino) il suo Mundial qatariota, O’Rey si è ripreso (da morto) la scena, oscurando la gioia degli argentini. La “notizia” è stata la scomparsa dell’uomo della ginga. E continua ad esserlo. Messi Lionel chi? Quasi una nemesi per un Mundial hollywoodiano che è molto piaciuto ad Infantino, agli emiri e a Lele Adani. Ma che ha avuto il profumo della “fuffa”. Si è in queste ore scoperto che alla premiazione per 15 minuti è circolata la coppa “vera”. Poi si sono passati una copia, portata da due tifosi argentini che l’hanno passata ad un famiglio di Paredes. E dal famiglio alla squadra sul campo. Mille e una notte. Se non in Qatar, del resto, dove?

RATZINGER – E’ morto anche Papa Ratzinger. L’uomo che rinunciò a fare il papa diventando “emerito”. Tacciato di “viltà” come Celestino V, come tutti gli uomini miti, Benedetto era di carattere fermissimo. Dolce, quasi soave e fermo. Magris sul Corriere per il migliore articolo scritto in Italia lo ha descritto con “un’aura mozartiana”.   Ebbe tanti nemici. A cominciare dai vescovi e dai cardinali. Il gesuita Martini che era suo principale antagonista quando fu eletto, gli fece aver i “voti” necessari all’elezione. Ma Martini che era un “principe gesuita” (Bergoglio appartiene all’altra ala, della Compagnia di Gesù) non lo difese quando a Ratisbona, durante un celebre discorso, il Papa tedesco disse la verità. Disse, citando un imperatore bizantino, che il Corano era un libro truffaldino, che incitava alla morte degli “infedeli”, che indottrinava ad uccidere. I fedeli di Allah fecero di tutto nei giorni successivi per dargli ragione. Compreso lo sventramento di una suora italiana che era andata in Somalia ad assistere i bambini. Islam, ebrei (un cardinale amico suo era un negazionista: il Papa non lo era e non lo fu, ma da quella amicizia aveva difficoltà a prendere le distanze: come Silvio Berlusconi al quale “l’amico Putin” ha mandato gli auguri di Natale. Magari con l’autografo ortodosso di Kirill.

Del resto gli amici che sbagliano non si abbandonano), omosessuali ai quali un depositario della fede, un teologo come Ratzinger non poteva accordare licenza di sposarsi. E poi quel macigno dei preti pedofili: tanti, troppi. Il fango del sospetto che arrivò fino a lui. Che pure aveva parlato (e mai nessuno prima aveva osato farlo) di “sporcizia nella Chiesa”. E poi i manutengoli. I preti affaristi. Sempre stati: monsignor Marcinkus chi era costui? Ma sembrava che tutti gli squali della finanza ecclesiastica fossero proliferati con lui Papa. Benedetto, rispetto ad altri predecessori, profumava di bucato. Ma aveva qualche “strana” idea.

Un giorno, quando era ancora cardinale, mi arrivò in redazione un suo libro. Parlava di molte cose, alcune indigeste ad un laico come il sottoscritto. Una mi colpì: definiva “demoniaca” (semplifico perché Ratzinger era un pozzo di cultura) la pratica dello yoga. Del resto aveva definito il buddismo “autoerotismo spirituale”. Lo bollarono come “conservatore”. Vauro, un vignettista che non ha mezze misure, lo ritrasse con la divisa nazista delle SS. Ma la cosa peggiore la fecero quei sessanta professori dell’Università La Sapienza di Roma che scrissero una lettera contro l’opportunità di fargli aprire (Benedetto alla fine decise di non andare) l’Anno Accademico. A dimostrazione che la scuola e l’università dal Sessantotto in poi sono diventati territori conquistati dalla Sinistra del Paese. L’istruzione: e più genericamente la cultura.

Per la Presidenza del Salone del Libro di Torino in lizza (con la possibilità di vincere) c’è Paolo Giordano, scienziato, vincitore dei maggiori premi letterari nazionali. Uno che scrive bene e che i libri li vende e sa come farli vedere. Con l’aiuto di quanti i libri promuovono. Non chiamatele “marchette”. Ma insomma quando tra le promozioni (anzi, promozion***) c’è anche Michela Murgia, la sacerdotessa del consonantico (o consonantica? O nessuno dei due visto che è neutro: o neutra, o neutr***? Che casino quando non puoi riferirti né all’una, né all’altra, di due categorie che si considerano antitetiche e contrapponibili: e se Michela fosse in realtà Michele: persona antitetic*** e contrapponibil***?) schwa, uno qualche domanda se la pone.

SCUOLA – Giordano è uno scrittore di grido. Peccato detesti il “merito” a scuola. Dove l’ascensore sociale sarebbe – secondo Giordano – precluso ai poveri. E io concordo con lui. Non sulle cause. La scuola italiana fa schifo perché è sovente ignorante. E se chi insegna è ignorante, facilmente ignoranti saranno anche i suoi sventurati studenti. Quindi viva il neo ministro dell’Istruzione che ha riportato l’esame di maturità al decoro precedente alle follie (in Covid) volute da quel Bianchi. E che ha spiegato come i cellulari in classe non vadano adoperati. Vuoi fare una ricerca? Vai in biblioteca. Perché Wikipedia, tra l’altro, è zeppa di errori.

Viva la scuola selettiva. Lo dice uno che fino al liceo aveva poca o nessuna voglia di studiare. Questo non mi ha impedito di laurearmi. E di farmi una discreta cultura. Non dico di fare il giornalista, mestiere del quale spiegò un celebre collega è “sempre meglio che lavorare”. I miei professori al ginnasio e al liceo erano bravissimi. Ero io che prendevo (anche venti in una stagione) note del tipo: “Bosco entra in classe dalla finestra”.

Alla fine riesci: se hai la giusta determinazione. Ci sono tanti modi per aiutare chi ha difficoltà economiche per poter studiare. Ma il modo peggiore per “aiutare” è quello di abolire le bocciature e gli esami a settembre. La scuola non è un confessionale nel quale con tre Pater, Ave, Gloria, te la cavi e i peccati ti vengono “lavati”. Certamente ci sono i Cetto Laqualunque che saltano la fila. Ma, come è noto, anche conosciuti giornalisti, retribuiti pagati da fior di network, la “fila proprio” non vogliono saperne di farla. Ma tutto è relativo. In politica, ad esempio. Dove più sei “capra” più ti coprono di opportunità. Per onestà devo dire che uno che adoro, Giordano Bruno scriveva ne “Gli eroici furori” che “l’ignoranza è madre della felicità e beatitudine sensuale”. Francamente non ho però mai capito perché gli ignoranti dovrebbero “scopare” meglio degli istruiti.

Ma Giordano Bruno era un bugiardo. E un truffatore, che se non avesse derubato un patrizio della Serenissima, mai sarebbe stato da Venezia (che offriva ospitalità e riparo, come all’Aretino, a quanti erano inseguiti dai sicari della Chiesa) consegnato all’Inquisizione che lo avrebbe spedito sul rogo. Ora Bergoglio è rimasto “solo”. Senza il parafulmine del Papa emerito che consentiva a Francesco di cavalcare il modernismo e il populismo (che albergano al di là del Tevere) essendo “coperto” dal “conservatore” che mai avrebbe tradito il Catechismo e i Vangeli. Pochi sanno cosa veramente pensasse Benedetto delle domenicali “attualizzate” prediche. In una parola: ne pensava malissimo. La teologia per lui era una cosa seria. Non “adattabile” ai tempi moderni. Visto che (per chi ci crede) “quella” è la parola di Dio. Benedetto non l’ha mai dimenticato.

STORIA – Dicono che Bergoglio (di salute malferma) potrebbe a sua volta lasciare quella scomoda posizione che lo fa uomo tra terra e cielo, oltre che interprete del Verbo. Che come tale non dovrebbe subire “aggiornamenti” tipo quel “non ci indurre in tentazione” che nel Pater Nostro è scomparso.

Benché accusato di “comunismo” Bergoglio è uno destinato a restare (come forse Ratzinger non resterà) nella Storia. Come Roncalli, come Karol il polacco. E’ uno abilissimo ad usare i mezzi di comunicazione. Il fatto di essere argentino di origini italiane, con quell’accento alla Maradona, lo ha aiutato. Bergoglio può anche stare sul “piloro” per certe esternazioni, ma ha il dono della simpatia. E’ un “politico” che sostiene l’Ucraina ma non ha mai pronunciato la parola Putin e mai ha mandato a “fangala” (anche i Papi lo fanno) uno come Kirill. Nessuno gliene ha mai chiesto conto.

E’ prudente Bergoglio su Afghanistan, Iran, Qatar e compagnia maomettando. Sa che Corano e Islam sono mine vaganti in Occidente, dove centinaia di migliaia di fanatici sono pronti ad esplodere. Qualcuno anche a farsi esplodere. Ratzinger amava confrontarsi con Oriana Fallaci, la cui trilogia dovrebbe essere insegnata nelle scuole. Anche a tutela dei musulmani che rispettano le leggi italiane, che non segregano le donne a casa, che non impongono loro il velo. Che non vietano loro lo studio. Che non gli ammollano un marito fasullo, scelto tra qualche parente che mai hanno visto neppure in fotografia. Musulmani che hanno una religione diversa, anche costumi diversi ma che mai ti farebbero dire (come accade quando i notiziari scandiscono le informazioni da Teheran o Kabul): “ma che razza di bestie sono?”. Musulmani da rispettare. E da aiutare ad integrarsi. Quella dell’Islam è una storia affascinante che gli occidentali dovrebbero studiare. Ma anche quella Occidentale, quella Cristiana è una storia affascinante, quella delle Cattedrali, che ha portato progresso e benessere nel continente che i musulmani dovrebbero imparare.

Se Bergoglio lascerà sarà un problema trovare un successore. Uno che sappia coniugare le diverse anime della Chiesa. E’ escluso che i porporati scelgano un altro gesuita. Ma è difficile scelgano anche un salesiano: quello è un ordine che rispetta la proprietà privata. Non sarà un Papa ecologista: Bergoglio nella sua enciclica ha già detto tutto. Così come tutto disse Montini sul Demonio. Quello medioevale con le corna e le fauci, mica una filosofica “idea” di Principe delle Tenebre. Potrebbe essere un Papa “nero”. Il primo della Storia. Ma immagino che i porporati farebbero, nell’eventualità, gli scongiuri: la leggenda che circonda questa ipotesi è nota. Una ipotesi drammatica e nefasta per la cattedra di Pietro.

NOTARELLE – Una nota influncer con Rolls dorata e mega villa a San Siro, a Milano, ha avuto la casa svaligiata per un bottino pari a 2,5 milioni di euro mentre era in vacanza con il marito a Dubai. La donna è russa e si chiama Galina Genis, moglie dell’imprenditore (benché il cognome tradisca altre origini) anglo-australiano Karim Kalaf. Subire un furto in casa (parlo per esperienza personale) è traumatico. Ti senti “sporcato” e violentato. Mia moglie buttò nella spazzatura asciugamani e lenzuola. Vieni derubato (come è accaduto a me) di oggetti che appartenevano a tuo padre e a tuo nonno: e che mai più potrai ritrovare. Quindi solidarietà a Galina. Ma benedetta donna, se sbatti sul web le foto della casa, se ostenti auto e gioielli, se fai sapere che sei in quella città artificiale che si chiama Dubai è come se mettessi un avviso on line per ogni ladro che si rispetti.

Oggi non serve essere Arsenio Lupin per arraffare il bottino: basta un basista. Basta conoscere un poco di informatica per aprire qualsiasi serratura e forzare qualsiasi sistema d’allarme. Il miglior antifurto è la discrezione. Non esibire, non esibirsi, non fare gli “sboroni”, non far vedere al mondo “balconate” e “labbroni”. Il web è la mecca dei ladri. Il miglior antifurto è avere “classe”. Che non si compra. Audrey Hepburn non aveva “balconi” (anzi). Non aveva un culo da cubana (anzi). Non aveva labbra siliconate. E per sapere qualche cosa di lei dovevi attendere andasse in Africa a dedicarsi ai poveri di quel continente. Eppure è stata l’attrice più affascinante del mondo. La più ammirata. Più di Marilyn, più di Ava, più di Brigitte. “Colazione da Tiffany” è un film iconico. Holly Golightly la prostituta meno “puttana” della storia del cinema. Era Audrey e in qualsiasi “panno” la infilassero, restava lei. Quella che sotto la pioggia chiama “gatto” alla ricerca del suo randagio rosso. Come se cercasse un soriano da esposizione. Sosteneva Jonathan Swift (quello di “Gulliver” e delle ciniche “Istruzioni alla servitù”) di “comportamenti giusti al momento e al posto giusto: questa la vera definizione di stile”. Swift era un pastore anglicano. Lo scrive nella “Lettera ad un giovane sacerdote”.

Finalino cestistico. La Reyer perde il derby beccando a Treviso 100 punti (32 da un trentasettenne e altri 23 da un bravissimo carneade arrivato da in club dei quali neppure sapevo l’esistenza). Mille complimenti a Treviso, corta nelle rotazioni che ha schierato anche alcuni minorenni. Sberleffi a Walter De Raffaele e soci. Questo vecchio signore che ha visto tante cose oro-granata assicura che la Reyer di Cedolini, Ferro, Lessana, Vaccher, guidata da Giulio Geroli detto “Matòn” (e non servono spiegazioni) 100 punti in un derby non li avrebbe presi. Avrebbe distribuito 100 legnate. Ma 100 punti (oltre ai giusti lazzi dei trevigiani) non li avrebbe presi. La Reyer schiaffeggiata da tale Iroegbu: non da Tony Kukoc .

 

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