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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Infantino, l'emiro da 7 miliardi e mezzo

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Sabato, 17 Dicembre 2022

 

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“E’ stato il più grande Mondiale di sempre”. “Il calcio ha aperto alla conoscenza di un mondo nuovo”. “I diritti umani sono importanti ma i tifosi devono poter godersi la partita, non pensare ad altro”. 

Giorgio Cimbrico 

Qualche parola, qualche concetto tratto dalla lunga conferenza stampa di Gianni Infantino, svizzero (di Briga) con radici calabresi e bresciane, 52 anni e così destinato a un lungo regno, almeno sino al 2031. Alla prossima riunione plenaria ed elettorale della Fifa, a Kigali, Rwanda, si presenterà da candidato unico. Tutti in piedi ad applaudire. Le operazioni di voto saranno una formalità. 

Al confronto, Barnum era il padrone e il gestore di un circo di periferia, quello con un leone spelacchiato, un elefante che, per vecchiaia, aveva perso le zanne. E anche il ricco fazendero Joao Havelange o il colonnello Sepp Blatter hanno oggi l’aspetto e la sostanza di “condottieri” di un tempo lontano, molto diverso. 

Infantino ha imboccato una via. È presidente di un organismo che con lo sport ha più poco a che fare: potenza finanziaria, enorme; capacità di consenso, formidabile; chances di alleanze con il “nuovo mondo”, sempre più solide. Celebra il Qatar più o meno come aveva fatto Eva Kaili, mentre il Parlamento europeo è soggetto a scosse che potrebbero salire di intensità nella scala Richter; assegna al Marocco (che fa capolino in altre faccende poco chiare) il prossimo Mondiale per club, ancora in formato embrionale. Perché dal 2025 verrà sapientemente anabolizzato: 32 squadre. 

Stesso destino per la Coppa del Mondo, non più a 16, non più a 24, non più a 32, ma da Usa-Canada-Messico 2026 a 48 squadre. Per l’Italia esser fatta fuori diventerà molto difficile, un’impresa quasi titanica. Resta da capire se, nella prima fase, si giocheranno 12 gironi a quattro squadre o 16 a tre. Particolari. Di sicuro l’Africa avrà più largo spazio: le promosse alla maxi-fase iniziale non saranno più cinque ma nove. 

Dopo Qatar e Nordamerica, il Mondiale tornerà in Europa? Non è detto. Pare che l’Arabia Saudita sia molto interessata. Una nuova frontiera, come piace a Infantino che dalle parti di un confine è venuto al mondo. Il tempo della monocultura legata al petrolio è sempre più lontano, dicono emiri, sceicchi, principi regnanti. I paesi del Golfo Perisco e l’Arabia sono pronti a diventare – se non lo sono già – il più grande parco di divertimenti del mondo. Un resort globale. Molto lavoro, in questo senso, è già stato fatto. E se qualche “ultimo”, qualche dannato della terra, ci lascia la pelle, senza neppure aver potuto pagare il trafficante che gli ha procurato un lavoro da schiavo, pazienza. Cose che capitano.  

A questo punto, non è da escludere che la Fifa possa chiedere un seggio all’Onu (conta su più paesi, 211, di quelli rappresentati nel Palazzo di Vetro) e nemmeno che possa trasformarsi in qualcosa di diverso – e questo aspetto è molto più reale -, in una corporazione onnipotente e onnipresente, capace di usare il calcio come strumento di consenso, assumendo la sembianza di una foglia di loto da masticare per dimenticare problemi, angustie e tutto il resto del repertorio. 

In realtà è giù così, ma con tempo, finanze e occasioni a disposizione, lo spazio di manovra aumenterà per trasformare quello che era una parentesi piacevole, emozionante, in una totalità, in un obbligo. “Risparmiate e i vostri sacrifici verranno ripagati con una, due, quattro settimane che non potrete dimenticare”. Le decine di migliaia andate in Qatar hanno recepito il messaggio. E non potranno che aumentare. 

 

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