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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / In un paese refrattario (alle dimissioni)

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Martedì 15 Novembre 2022

 

palla di pezza

 

Palla di pezza. Assenti al Mondiale, in compenso abbiamo il procuratore arbitrale agli arresti per narco-traffico. A quanto pare se ne occuperà la federazione che deciderà che cosa fare. In fiduciosa attesa, lorsignori restano tutti al loro posto.

Andrea Bosco

Tante (a volte luride) le storie. Tipo quelle sui migranti, odissea senza soluzione. O li accogli, oppure questa disperata umanità affoga in mezzo al mare. Ma se li accogli devi anche cedere all'idea che le Ong siano “porti franchi”. E che gli scafisti, i trafficanti di esseri umani abbiano il predominio su ogni tipo di legalità. E che l'Europa che giustamente chiede all'Italia di essere “solidale”, in effetti se ne freghi della solidarietà evitando di aprire dossier per i mancati ricollocamenti. A parole tutti sono “umanitari”. Nei fatti c'è chi ha la possibilità (impunita, tipo Ungheria) di “rifiutare”. C'è la possibilità di respingere (tipo Francia a Ventimiglia).

La cosa patetica è il dibattito politico innescato in Italia. Cosa fare dei migranti una volta che sono sbarcati e per le cure essenziali, assistiti? Dove vanno dopo aver messo piede a Lampedusa? Sono clandestini, non hanno documenti, sono invisibili. Dove si stabiliranno? Resteranno in Italia o cercheranno fortuna in Francia, in Germania o nei paesi del Nord Europa? Quei paesi che non li vogliono? E se restano in Italia come mai vivranno? Con quali risorse? Con quale tipo di lavoro? Se si ammaleranno dove saranno accolti? Avranno di che campare, di che mangiare? Delinqueranno per sopravvivere? Qualcuno, raccontano le cronache, rapina, qualcuno stupra, qualcuno uccide.

INVISIBILI – Moltissimi vengono arruolati nelle mafie che hanno occupato fette del territorio italiano, dove fanno affari con la droga, con le armi, con la prostituzione. Alcuni vengono schiavizzati dai caporali che li sfruttano. Dove abiteranno? Perché moltissimi di quelli che rimangono vivono sotto i ponti: anche nei rigidi mesi invernali. Accoglierli tutti, spiegano quelli che “hanno a cuore il prossimo”. Ma non spiegano come, con quali “politiche” dell'accoglienza. Ne abbiamo bisogno, spiegano ancora, per pagare le nostre pensioni, visto che gli italiani non fanno più figli e manca la forza lavoro non qualificata. A parte che sovente, rider e venditori di (falsa) paccottiglia sono persone istruite, fuggite dalla fame e dalle guerre, come garantire queste persone, i loro figli, ai quali viene negato lo jus soli? Tutti chiedono e pretendono. Tutti: anche quelli che hanno fino ad ieri governato e sul tema migranti hanno malissimo operato.

Il nuovo governo ha fatto la voce – sul tema – grossa. Ma la reazione della Francia è stata spropositata. Non “assurda” come ho letto in mille articolesse. Macron vive il governo Meloni come un incubo. Sta cercando fin da prima delle elezioni (lui e il suo governo) un pretesto per “affondare” in Europa chi le elezioni in Italia ha vinto. Poi che Salvini faccia danni ogni volta che parla, è fuori di dubbio. Salvini sta procedendo come fosse ancora in campagna elettorale. A differenza di Macron, il suo incubo non è Meloni (anche se vederla al volante rode a lui, come rode a Berlusconi): l'incubo di Salvini si chiama Letizia Moratti, candidata alle regionali in Lombardia contro il presidente uscente Fontana. Incubi simili. Salvini è consapevole che un eventuale successo dell'ex sindaco di Milano avrebbe ricadute politiche gravi a livello non solo locale. Un successo della Moratti decreterebbe, più di quanto non abbiano fatto le elezioni politiche, l'erosione del consenso nei confronti della Lega e degli indirizzi del Capitano.

Allo stesso modo Macron in Francia che “balla” tra la destra di Le Pen, e una rinvigorita sinistra, teme che un successo del governo Meloni possa risultare un detonatore in patria. Se la linea della destra italiana avrà successo (i sondaggi la danno oltre il 30%), cosa mai potrebbe trattenere gli elettori francesi (che sono alle prese con problemi simili a quelli degli italiani) dal rivolgersi ad un altro “forno”? Ma per avere successo (a questo punto sarebbe – di qualsiasi idea politica si possa essere – nell'interesse del paese) Giorgia Meloni dovrebbe rammentare le parole di uno che nell'amministrare il potere la sapeva lunga: il cardinale Richelieu. Che spiegava: “Bisogna ascoltare molto e parlare poco per governare bene uno Stato”.  

Servirebbe dire (ritorno ogni settimana sul tema), comunque, la verità: l'avete mai letta da qualche parte? L'aveva mai ascoltata? Nell'Italia eternamente divisa tra Bartali e Coppi, il problema non è mai la “sostanza”, ma la percezione della medesima. Del resto questa è la società “dello spettacolo” dove le parole prevalgono sulle azioni e sui fatti. Dove non si indicano mai le soluzioni: si aspetta siano altri a trovarle. Non ho simpatia per chi fa la voce grossa. Ma meno ne ho per chi, dopo aver lanciato il sasso, nasconde la mano. Che si tratti di decreti firmati in patria (si potrà ancora dire?) o di accordi siglati nella verde Irlanda. Se l'Europa tira le pietre all'Italia servirebbe rammentare chi ha messo l'Italia nelle condizioni di venire colpita. Non certamente un governo in carica da tre settimane.

ROAD MAP – Governo dal quale gli italiani attendono risposte visto che il Paese (o Nazione?) causa Covid e guerra in Ucraina, caro bollette, crisi energetica, povertà diffusa (ormai oltre 4 milioni sono gli indigenti assoluti), disoccupazione, inflazione, sprechi assistenziali, truffe, protervia malavitosa, è messo malissimo. Servirà una road map degli interventi. Magari rendendosi conto che le risorse (tradotto: gli aiuti europei) sono limitate. E che quegli aiuti verranno elargiti solo se le riforme (parola diventata un tabù in Italia) sempre declinate e mai perseguite, verranno realizzate.

Volete sapere cosa ha chiesto al governo Maurizio Landini segretario della FIOM-CGIL? Quanto segue: rateizzazione delle bollette non solo per le imprese ma anche per le famiglie. Superbonus anche per le periferie e l'edilizia popolare. Aumento a 3000 euro dei fringe benefit per tutti i lavoratori, nessuno escluso. Stop all'aumento del contante a 5000 euro. Riforma del fisco e delle pensioni. Contributo di solidarietà. Lotta alla precarietà. Assunzioni nella PA per supportare il PNRR. Aumento strutturale dei salari (attraverso la decontribuzione e il ripristino del fiscal drag, indicizzando le detrazioni all'inflazione). Aumento dell'ISEE per il bonus sociale sulle bollette da 12 a 20.000 euro. Investimenti su politiche industriali e rinnovabili. Mantenimento del reddito di cittadinanza. Tassazione dei ricchi: aumento della tassa sugli extraprofitti delle imprese, oggi limitata al 25%. Contributo di solidarietà per creare nuova occupazione (attraverso i navigator?) a chi ha ricchezze superiori a un milione di euro e redditi oltre i 100.000. Lotta spietata (storicamente debole) all'evasione fiscale.

Questo programma, anche per un paese in salute, risulterebbe un peso in grado di stroncare Sisifo. Ma in un paese già gravato da un debito pubblico tra i più rilevanti del mondo, richieste del genere (e tutte assieme) sono il libro dei sogni che Landini veicola ai suoi iscritti. I quali dovrebbero essere consapevoli che neppure se Meloni si trasformasse in Goldfinger, non ci fosse su piazza un James Bond ad impedirla, e la progettata rapina a Fort Knox riuscisse, neppure in questo caso l'enorme riserva aurea degli Stati riuscirebbe a soddisfare le richieste di Landini. Il quale dovrebbe abbandonare le suggestioni keynesiane per dedicarsi alle riflessioni di Orazio Flacco: “Est modus in rebus”. C'è una misura nelle cose.

In primis nelle richieste da fare ad un governo. Perché a meno di non essere Totò e Peppino capaci di stampare nottetempo cartamoneta, certe richieste sono velleitarie. Non dico ingiuste. Dico non realizzabili. E Landini, come qualsiasi altro cittadino dotato di un minimo di buon senso, lo dovrebbe sapere. Quindi, veicolarle per ottenere consenso è sbagliato. In questo caso, pericoloso. La gente poi ci crede. E se non ottiene quello che i Landini gli dicono sia possibile ottenere, si incavola. Come un toro sul muso del quale sia stato agitato un drappo rosso. Domanda a Maurizio Landini: ha fatto i conti la CGIL? Quando verrebbe a costare il soddisfacimento (in toto) di queste richieste? Oppure il sindacato sta andando a pesca? Chiedo mille per ottenere cento? Così, in verità, si è sempre fatto. Ma non è più il tempo. Le casse sono vuote. Dei provvedimenti invocati da Landini, grasso che cola se ne verranno realizzati cinque, sei al massimo. Se si resta sulla Terra. Se si vola verso la luna, viceversa, si arrischia di uscire dall'orbita. E di schiantarsi.

FAIR PLAY – Archiviando l'orrore del disertore russo preso a martellate e ucciso in Ucraina, in diretta, dai suoi commilitoni; archiviando il disgusto per il signor Kirill (che mi rifiuto di chiamare arcivescovo) che ha formato una “sua” milizia inneggiando alla “guerra santa” (pronuncerà mai il Papa una parola contro questo essere, ex-macellaio del KGB?); archiviando l'angoscia per l'attentato a Istanbul –, quasi certamente di matrice terroristica – che ha prodotto ancora una volta vittime innocenti, metto la mia prua verso lo sport . Iniziando da una storia di fair play.

Isola del Lido, campo delle Quattro Fontane (il vostro cronista ci giocava d'estate con alterna fortuna le “canicolari”) campionato di Prima Categoria. Di fronte il Lido Venezia e il Galaxy. Gara in parità fino al 40' del secondo tempo, quando il Galaxy va in gol mentre gli avversari si fermano per soccorrere un compagno infortunato e a terra. Ma l'allenatore del Galaxy, signor Fabio Piva, non ci sta. E intima ai suoi giocatori di far segnare un gol agli avversari. Metà della squadra inizialmente si oppone ma alla fine si adegua. E al 41', un minuto dopo, il Lido con gli avversari immobili ristabilisce la parità. Aveva detto Piva: “Non mi piace vincere in questo modo. Se non siete d'accordo, da domani non sarò più il vostro allenatore”. La storia riportata dal Gazzettino fa onore ad un modo ormai dimenticato di interpretare lo sport e di onorarlo. La partita finisce in parità: 2-2. Come in un racconto di De Amicis, come sarebbe piaciuto a de Coubertin, come nella scena finale di un film di Frank Capra. Oggi, regista Tarantino, il finale sarebbe truculento con cazzotti in campo e sugli spalti. Ma questa storia di sport minore riconcilia con certi valori di trascorse stagioni. Non sempre, sarebbe ipocrita raccontarlo. Ma qualche volta accadeva. Come è accaduto al Lido di Venezia.

Nel calcio dei grandi, in attesa del mondiale in Qatar, dove gli emiri hanno reclutato spettatori a pagamento (presunti tifosi sudamericani con tratti mediorientali), in Italia è stata scoperchiata la “cupola” arbitrale. Il procuratore dell'AIA (il controllore degli arbitri) arrestato per narcotraffico. Si chiama D'Onofrio e oltre che un narcos era un millantatore (medico senza aver mai conseguito una laurea), aveva subito già una condanna e in ambito arbitrale si era reso responsabile di omessa denuncia. Insomma, manipolava le graduatorie, decidendo delle carriere dei fischietti e procedendo, come usa in quel sinedrio, “aumma, aumma”. Ma aveva ricevuto il premio Lo Bello. E soprattutto era stato nominato responsabile AIA mentre era ai “domiciliari”, dal capo degli arbitri Trentalange.

In un paese decente le dimissioni di Trentalange e del presidente federale Gravina, sarebbero già sul tavolo del Ministro dello Sport. Ma non è accaduto. Mentre leggerete queste note, un Consiglio Federale straordinario deciderà come procedere. Silenzio da Malagò, fronte CONI, silenzio dal ministro Abodi. Gli alisei che circolano descrivono lorsignori refrattari alle dimissioni. Niente di nuovo. I gattopardi restano incollati sine die alle proprie poltrone in attesa che trascorra “a nuttata”. Tra qualche giorno saranno in tribuna a godersi l'inutile Austria-Italia. Coppia centrale del futuro, Acerbi-Bonucci. Del resto dove li trovi altri due Tavecchio e Ventura che, dopo l'esclusione al Mondiale, si dimisero?

Mondiali ai quali, viceversa, andrà l'Italia del basket di Pozzecco, vincitrice in Georgia di un punto e con Spissu e Tessitori (per il mio orgoglio serenissimo) top scorer di Azzurra. Ma di questo, tra esaltazione e sofferenza, vi rimando alla prosa dell'Orso. Che nonostante i suoi acciacchi, sa meravigliosamente danzare, come un Roberto Bolle, sulle parole.

 

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