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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / In attesa del Mondiale che non c'e'

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Martedì 15 Novembre

 

qatar-22 

E che corre il forte rischio di essere sopraffatto dall’attesa del ritorno del campionato, dalle febbrili anticipazioni sul mercato di gennaio, da tutte quelle parole parole parole … telaio d'ogni trasmissione televisiva che si rispetti.


Giorgio Cimbrico

Sugli schermi di SKY, in questi giorni, è tutto uno scintillio di azzurro, come disse Paolo Rosi la sera di Mei-Cova-Antibo, 26 agosto 1986, Neckarstadion di Stoccarda: rievocazione di Italia-Brasile del 1982, docu-film (oggi bisogna dire così …) sul titolo conquistato nel 2006 da Marcello Lippi e dai suoi outsider, con apoteosi finale all’Olympiastadion di Berlino. Sieg heil!
E’ il nostalgico modo di presentare l’Italia che in Qatar non ci sarà e che si è costruita un suo mundialito presto in scena: amichevoli con l’Albania (attenzione, gli albanesi non sono così distanti dai macedoni) e con l’Austria, nobile decaduta come il suo antico impero.

 

La domanda è: come verrà accolto questo Mondiale dal patrio pubblico? Non è un interrogativo che mi sconvolga o faccia aumentare le mie pulsazioni. Si fa così per parlare e anche per scovare qualche notizia interessante. Ad esempio, la spedizione della RAI, che si è assicurata i diritti, sarà massiccia: 120 tra giornalisti e tecnici. Quanto alla Domenica Sportiva, interrompe le trasmissioni sino all’8 gennaio. Dopo la Befana tornerà in onda. E così il silenzio cadrà su tutto il resto: sembra un vecchio racconto di Ray Bradbury. 

Comunque, la guarderanno o la boicotteranno – non per motivi umanitari, è evidente – per mancanza di contenuti nazionalistici? Quattro anni fa, per Russia 2018 (anche quella senza l’Italia, nel 60° anniversario della prima volta priva degli azzurri, Svezia 1958), pare che Mediaset non si sia pentita di aver speso molto denaro per assicurarsi la Coppa. Specie dopo la fase a gironi, con l’arrivo dei match a eliminazione diretta, gli ascolti ebbero aumenti graduali e impennate finali. 

Ma dopo altri quattro anni di indottrinamento dei media e della pubblicità sul valore assoluto di tutto quanto è tricolore o espresso dal Bel Paese (giuro che è la prima volta che scrivo Bel Paese nella mia lunga vita) in fatto di polli da allevamento, parmigiano reggiano, biscotti, pasta, motociclette, fonti energetiche, compagnie telefoniche, scuderie piene di poveri rider, X factor etc etc., e dopo un’assuefazione sempre più massiccia all’uso dello smartphone (sull’autobus, sul treno, per la strada una volta c’era un bel chiacchiericcio, ora è il silenzio), vengo assalito dal dubbio. 

Stiamo per vivere un Mondiale che non c’è, che corre il forte rischio di essere sopraffatto dall’attesa del ritorno del campionato, dalle febbrili anticipazioni sul mercato di gennaio, da tutte quelle parole parole parole (come dicevano Amleto, pallido prence di Danimarca, e Mina, tigre di Cremona) diventate il telaio di ogni trasmissione che si rispetti. 

Ricordo che avevo un vecchio collega, molto simpatico e assai noto nel mondo della vela, che sbrigava così le vigilie di partite più o meno importanti: “vinceranno, perderanno, faranno pari”. Che, in effetti, erano e continuano a essere gli scioglimenti possibili di questo enorme gomitolo filato e ingarbugliato da chi ha deciso di prendersi la testa della gente. Un programma ambizioso, avrebbe detto il generale de Gaulle, ma in questo caso pienamente realizzato.          

 

 

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