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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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I sentieri di Cimbricus / Le primogeniture di Wilson Kiprugut

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Mercoledì 2 Novembre 2022

 

800-tokyo-64 


Si è spento l’uomo che aprì la pista agli uomini di nuova indipendenza. Il suo spazio furono i magici anni Sessanta che cambiarono per sempre l’atletica e i suoi confini, con una storia che si dipana tra Tokyo e l’altura del Messico.

Giorgio Cimbrico 

A 84 anni se n’è andato Wilson Kiprugut, il primo kenyano salito su un podio olimpico: terzo negli 800 a Tokyo. A Messico, quattro anni dopo, avrebbe fatto meglio: secondo, a quella che gli inglesi chiamano una lunga yard, da Ralph Doubell. Quelli degli antipodi si rivelarono fatali per Wilson che correva all’attacco, irrazionale, generoso. Era nato a Kericho, la contea dove il tè nasce e cresce in riflessi di verde metallico. 

Tutto prende il via il 12 dicembre 1963 quando l’Union Jack viene ammainato e sulla piazza d’armi di Nairobi il governatore china lo sguardo e Yomo Kenyatta agita lo scacciamosche di crine di zebra e spalanca il suo sorriso e molti altri lo imitano, mostrando quei loro enormi incisivi. E’ il momento della bandiera con lo scudo masai, dell’inno che evoca albe stupefacenti: è nato il Kenya. E tra i King African Rifles che stanno per essere sbandati, presta il suo ultimo presentat’arm Wilson Kiprugut che al paese appena nato sta per regalare qualcosa che rimarrà nella storia.

Capiterà dieci mesi dopo, a Tokyo, in fondo a 800 metri condotti in testa, con la più commovente delle azioni, prima di essere infilato dal più spietato dei finisseur, l’All Black Peter Snelli, e di esser infilzato anche dal canadese William Crothers. Wilson il suicida salva il bronzo in 1’45”9 mantenendo un minimo vantaggio sul giamaicano Joseph Kerr. In semifinale aveva mostrato di essere un tipo da tenere d’occhio: 1’46”1, record olimpico uguagliato. 

La sua transizione da quattrocentista a ottocentista si era chiusa proprio all’inizio di quella stagione quando sul mezzo miglio aveva vinto i Giochi dell’Africa Orientale e Centrale. Tra le due Olimpiadi, finisce secondo nelle 880 yards ai Giochi del Commonwealth di Kingston del ‘66 (a precederlo un altro che viene dal mondo di sotto, l’aussie Noel Clough) e l’anno dopo entra di forza tra i migliori di sempre correndo in 1’45”2 

A Messico Kiprugut prende la testa, va via e ai 600 ha ancora un margine di cinque metri su Doubell, allenato dal leggendario Frank Stampfl. Viene saltato quando mancano quaranta metri. Doubell uguaglia il record del mondo di Snell (a dirglielo è il terzo arrivato, l’americano Tom Farrell: Ralph non lo sapeva, ...) e Kiprugut, 1’44”5, diventa il terzo di sempre. 

Se la primogenitura olimpica spetta a Kiprugut, quella assoluta è di Arere Anentia, terzo nelle 6 Miglia ai Giochi del Commonwealth di Cardiff ’58: è l’affacciarsi di una potenza gentile, è il bussare che nel ‘68, a Mexico City, diventerà un rullo di tamburi nella notte. La saga è agli inizi, scandita dalle accelerazioni di Naftali Temu che, dopo aver schiantato Clarke (una foto storica: riverso sul prato, la maschera ad ossigeno a nascondere il volto disfatto dell’australiano che subisce come coltellate le variazioni di ritmo), lascia alle spalle altra Africa, quella etiope di Mamo Wolde, quella araba del tunisino Mohamed Gammoudi. Ma all’inizio della storia, c’è sempre lui, Wilson Kiprugut, il primo. Addio, vecchio amico.

Foto tratta dal Rapporto Ufficiale di Tokyo 1964 (II vol., pag, 28). Da sinistra: Snell, Kerr, Crothers, Kiprugut (386).

 

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