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Italian Graffiti / Coraggio, altruismo, fantasia

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Sabato 22 Ottobre 2022

 

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I tratti rivendicati da Andrea Abodi, nuovo ministro dello “Sport e Giovani” nel primo Governo di destra-centro della storia. La matassa di interessi e competenze appare inestricabile: gli auguriamo di riuscire almeno a sbrogliarla.

Gianfranco Colasante

“Io sono di notte un sognatore, ma di giorno un pratico. Coraggio, altruismo, fantasia, come canta De Gregori: un dirigente sportivo deve essere giudicato anche su questo, non solo sulla competenza.” La pensava così Andrea Abodi – nuovo ministro dello sport e dei giovani del Governo guidato da Giorgia Meloni che fortemente l’ha voluto su quella sedia (poltrona appare termine eccessivo): eravamo allora nel lontano 2017, quando, da capo di Lega B, si candidava alla presidenza della FIGC, avversario il navigato e disinvolto Carlo Tavecchio.

Nelle sue promesse elettorali c’erano la riforma dei campionati (“la madre di tutte le riforme”), la revisione della giustizia, i radicali interventi per gli stadi. Più o meno problemi rimasti irrisolti. A convincerlo a lasciare il rassicurante giardinetto della Lega B (dove era rimasto oltre sei anni, sia pure in “nobile solitudine”, lasciando una interessante B Futura, struttura che guardava in avanti), era stato Gabriele Gravina che allora capeggiava la Lega Pro e studiava di prendersi la FIGC e che quei punti li sbandiera ancora oggi.

Alle urne, è risaputo, le cose gli andarono male: Tavecchio venne riconfermato per il secondo mandato per 54% a 46% sia pure dopo tre contrastate votazioni. Per il cambio di passo di arbitri e allenatori – si disse –, più prosaicamente per il lavorío di Claudio Lotito presso il Collegio di Garanzia. L’eterno Lotito che, dopo una lunghissima anticamera, il seggio da senatore se l’è dovuto andare a prendere tra le montagne del Molise, sbandierando i vessilli di Forza Italia. Corsi e ricorsi della coalizione.

“Che farà, adesso?”, chiesero quel giorno ad Abodi ad urne chiuse. “Il futuro è nelle mie mani e in quelle di chi deve valutare le mie competenze, magari in un altro sistema”, rispose. Ed aveva ragione. Politicamente nato a destra, cresciuto a pane e marketing – tra IMG e Media Partners, con passaggio a CONI Servizi (“la fabbrica del superfluo”) –, ad accoglierlo era stato il sistema bancario, con la nomina a presidente del Credito Sportivo. Non proprio un ripiego, se vogliamo – visto il relativo ingresso nel consiglio dell’ABI –, ma comunque in scadenza a fine anno. Ora il nuovo salto, quasi un ritorno alle origini, sia pure a ruoli invertiti.

Nella nuova posizione, s’è calato subito. All’investitura nel salone delle feste del Quirinale – il solo in completo grigio e non con l’abito scuro d’ordinanza – è stato anche l’unico a presentarsi ai colleghi andando a stringere la mano di ciascuno. Notato che al momento del giuramento, è stato anche il solo cui il primo ministro ha riservato una stretta a doppia mano. Un segno. Si dice, tra le righe, ch’era stata proprio la sua mediazione a consentire, all’indomani delle elezioni, l’incontro semi-segreto tra Giorgia Meloni e Thomas Bach, avvenuto sotto l’occhio umido di Malagò: tema il futuro incerto di Milano-Cortina, incontro quanto produttivo si vedrà.

Il suo, intendo di Abodi, è stato un rientro trionfale. Lo ha accolto una standing ovation, diciamolo a bassa voce, con un coro di consensi che non promette proprio bene: Malagò (“orgogliosi di questa scelta”), Gravina (“evento straordinario”), Cozzoli (“grandissima soddisfazione”), Pancalli (“scelta di altissimo livello”). Troppo navigato, Abodi, per cadere in queste trappole. Ma il suo futuro al nuovo ministero (a proposito: dove si collocherà?), da tecnico più che da politico, sarà da costruire dalle fondamenta. Che dovranno esser ben profonde per resistere a scosse oggi imprevedibili. Buon per lui che la preveggenza di Giorgia Meloni lo ha privato di quel portafoglio che rischiava di creare appetiti smodati.

Nella realtà, gli ultimi anni – a seguito della riforma Giorgetti – hanno accumulato e diversificato problemi e conflittualità, creando una insanabile commistione di ruoli e di competenze. Per di più in un mondo sul quale, dopo la pandemia, stanno per abbattersi recessione ed inflazione. E non saranno mesi o anni facili. Occorrerà un gran senso della realtà e della misura, che poi – almeno negli annunci – dovrebbero essere il tratto distintivo del nuovo, e primo, Governo di destra-centro.

In questo tripudio un po’ sospetto, i soliti noti hanno trascurato che il nuovo ministero – nel progetto Meloni – è uno degli otto ad aver mutato dizione, da “Ministero delle Politiche giovanili” a “Ministero dello Sport e Giovani”, un segno di chiara discontinuità. E bisognerà tenerne conto. Considerato il pensiero del primo ministro sui “giovani”: utile rifarsi a quanto riportato dal settimanale del Corriere della Sera: “promozione di vita sana per contrastare il disagio e le devianze giovanili, come droga, alcolismo, bullismo e baby gang”. Non proprio attività di vertice e tappeti rossi.

Quanto più attiene allo Sport, quello con l’iniziale maiuscola, andrà chiarito di cosa stiamo parlando, tra le tante e diversificate accezioni. E come sarà possibile coordinare interventi non sempre indolori e con le poche risorse disponibili – da richiedere proprio al padre della riforma, Giancarlo Giorgetti, suo malgrado ministro delle finanze – tra tutti i soggetti oggi in campo. I quali, potete scommetterci, difenderanno fieramente le posizioni conquistate o ne vorranno di nuove e più produttive.

Riconosciutagli la competenza, al nuovo ministro occorreranno massicce dosi di coraggio, altruismo e fantasia per venire a capo della matassa. O almeno, provare a sbrogliarla. L’esperienza insegna a non essere proprio ottimisti, ma provarci sarebbe già un bel passo in avanti.

 

 

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