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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Osservatorio / "I soli dilettanti sono i cavalli e gli organizzatori"

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Lunedì 12 Settembre 2022

 

bandiere-italiane 


Gli entusiasmanti successi delle squadre azzurre ai Mondiali e agli Europei, sottolineano ancora una volta l’abissale distanza tra la generazione dei tecnici e l’attuale dirigenza sportiva. Quanto ai telecronisti ...

Luciano Barra

Grazie Sandro Campagna, Carlo Silipo, Gianmarco Pozzecco, “Fefè” De Giorgi, con augurio anticipato a Davide Mazzanti. Grazie per averci fatto sentire orgogliosi di essere italiani indipendentemente dai diversi risultati che avete conseguito nei recenti Europei di Pallanuoto e Pallacanestro e Mondiali di Pallavolo maschile con quello femminile in arrivo. In un momento in cui la nostra politica sta toccando i livelli più bassi mai visti e che sta suscitando l’ilarità di tutto il mondo, lo sport – ora quello di squadra – tiene alto il nostro vessillo e pone agli stranieri questa domanda: ma quale è la vera Italia?

La cosa meravigliosa è che in un Paese come il nostro, dove l’individualismo imperversa, 5, 6 o 7 uomini o donne sono in grado di dimostrare quanto valga l’orgoglio e l’abnegazione, l’essere non favoriti e dimostrare a tutti cosa vuol dire essere squadra. Perché tutto ciò avvenga solo nello sport, (ho già ricordato la barzelletta in cui si paragonano tre francesi ad un threesome, tre inglesi ad una nazione, tre tedeschi ad una guerra e tre italiani, a quattro partiti politici) è una risposta che lasciamo volentieri a quelli più eruditi di me.

Per rimanere nel nostro orticello sportivo, snobbato dalla cultura – che non capisce che lo sport è cultura –, credo che meriti rilevare l’eccellenza tecnica dei nostri allenatori. Ora più che mai nel momento più basso raggiunto dalla nostra dirigenza sportiva (Presidenti e Segretari Generali), sono loro che si stagliano in maniera stupefacente. Persino nel calcio, nonostante il nostro momento drammatico, i nostri tecnici in questi ultimi dieci anni hanno dominato il mondo. Evito di citarli perché sicuramente farei un torto a qualcuno. Ma sono tanti. Nella Pallavolo è accaduta la stessa cosa con tantissimi tecnici italiani che allenano le nazionali di tutto il mondo. Il dominio tecnico della Pallavolo è identificato dal vedere il nostro pluri-campione Andrea Giani (3 medaglie olimpiche, 3 ori mondiali e 4 ori europei) allenare la Germania o la Francia e parlare ai giocatori durante i time-out … in italiano!

Nella mia carriera di dirigente sportivo, prima alla Federatletica e poi al CONI, ho avuto la fortuna di conoscere il capostipite dei tecnici di squadra, Cesare Rubini. L’unico tecnico italiano inserito in due Hall of Fame di due diverse discipline sportive, la Pallanuoto dove vinse un oro Olimpico nel 1948 e la Pallacanestro, dove come giocatore ed allenatore ha vinto 15 titoli nazionali e tanto altro. Poi mi sono abbeverato nei miei dieci anni a capo dell’attività tecnica del CONI (e quindi della Preparazione Olimpica) all’esperienza di due mostri sacri: Ratko Rudic e Julio Velasco. Ho assistito in alcune occasioni a loro “lezioni”. Avrebbero potuto essere lezioni di marketing di vario genere e smentivano in maniera clamorosa la famosa discriminazione fatta dai rettori dell’Università di Cambridge quando apostrofavano Harold Abrahams perché allenato “persino” da un italiano d’origine, Sam Mussabini. Quanta differenza con i tecnici dell’atletica che per oltre trenta anni avevo frequentato, individualisti ed egocentrici!

Oggi indubbiamente la Pallavolo è una punta di questo iceberg tecnico. Ha superato da anni il Basket che lo era stato per lungo tempo. La Pallavolo è la disciplina che grazie alla sua semplicità organizzativa (basta una cordicella in mezzo al campo) può permettersi un numero di tesserati ben superiori a quasi tutte le Federazioni Sportive e soprattutto è in grado di reclutare il meglio della gioventù. Chi paga pesantemente tutto questo è l’atletica che, causa la difficoltà per un giovane ad emergere, è costretta a reclutare quello che rimane. La finale di Pallavolo dell’altra sera – su RAI-1 – ha segnato un record di share di circa il 23% ed un picco di 4 milioni di viewers!

Questa eccellenza dei tecnici dei principali sport olimpici di squadra (senza ovviamente dimenticare l’exploit di Roberto Mancini l’anno scorso a Wembley, che tuttavia rimane un episodio magnifico ma isolato) conferma la supremazia di questi personaggi nel modesto panorama dirigenziale dello sport nazionale. Fa anche piacere vedere come – parallelamente ai risultati positivi dei nostri sport olimpici maggiori – crescano e si affermino telecronisti RAI e di SKY. Per molti di loro la vittoria di un atleta o di una squadra italiana è l’occasione per dare il meglio di sé stessi.

Così è accaduto per coloro che personalmente considero i capostipiti delle telecronache italiane: Sergio Zavoli, Niccolò Carosio ed Alberto Giubilo. Solo per rimanere ai tempi nostri, non si può dimenticare il “Cova, Cova, Cova” di Paolo Rosi ai Mondiali di Helsinki 1983, o il “Campioni, Campioni, Campioni” di Nando Martellini a Madrid 1982, oppure “l’andiamo a Berlino” di Caressa e Bergomi dopo la semifinale Italia-Germania dei Mondiali del 2006 o, infine, “il Signore mio, cosa ci hai dato oggi” di Franco Bargagna in quell’incredibile 1° Agosto ai Giochi Olimpici di Tokyo.

Fa anche piacere vedere che ad accompagnare i bravi telecronisti ci siano oggi degli ex atleti che reputo molto bravi. Tralasciando quelli del calcio, di cui accennerò dopo, sentire Andrea “Lucky” Lucchetta ed Andrea Zorzi, Luca Sacchi e Cristina Chiuso, Francesco Postiglione, Davide Pessina, per citarne alcuni, e soprattutto Stefano Baldini (neo giornalista professionista che per fare il telecronista ha umilmente partecipato a corsi di aggiornamento su specialità non legate alle sue chilometriche sgroppate) fa immenso piacere.

Quindi gloria a tecnici e ex-atleti. Abbiamo bisogno di loro anche in ruoli dirigenziali ed il momento di far cadere questa barriera anacronistica fra dilettanti e professionisti. La cosa peggiore è vedere dei dirigenti dilettanti voler svolgere un ruolo da professionisti. Come ho ripeti spesso l’attuale situazione è drammatica. Spiccano sicuramente dirigenti capaci come Paolo Barelli, anche se ormai lanciato in politica, o Angelo Binaghi, che ha riportato il Tennis a livelli eccellenti. Peccato che non sappiamo nulla su cosa lui pensi dello sport. Personalmente considero Luca Pancalli l’unico che ha i numeri per succedere a Giovanni Malagò e Bebe Vio, l’unica atleta in grado di fare anche il presidente di Federazione. A questi aggiungerei mostri sacri del calcio come Alessandro Del Piero, Alessandro Costacurta o Beppe Bergomi. Per me potrebbero fare i presidenti di qualsiasi Federazione sportiva, meno che del Calcio.

Questo fiorire di tecnici ed atleti crea un vero abisso con i dirigenti. Ed i risultati si vedono. Quanto sta accadendo a Milano/Cortina 2026 ed ai Campionati Europei di Atletica Roma 2024 ne sono fulgidi esempi. Recentemente Altreconomia ed il Riformista hanno pubblicato excursus drammatici su questi due avvenimenti. Ripeto quanto già scritto su Milano/Cortina. Al momento della nomina dell’allora DG, gli avevo inviato una e-mail di congratulazioni consigliandogli di consultarsi, visto che vivono a Milano, con Cesare Vaciago, il CEO di Torino 2006, e Paolo Bellino, di fatto il COO dei medesimi Giochi. Al fine di evitare gli errori fatti a Torino 2006. Ignorando invece i livelli politici, quelli legati a Mario Pescante, Valentino Castellani, molto bravi nei loro ruoli, e anche a Evelina Christillin, bravissima al momento della candidatura, ma purtroppo inesistente – causa un problema protocollare con il CIO accaduto ai Giochi di Atene 2004 che l’ha tenuta non operativa per quasi un anno – al momento dell’organizzazione dei Giochi.

Tutto questo mi ha ricordato la frase di un personaggio poco noto al più: il dirigente della RAI Ernesto Braun. Lui, insieme a Vittorio Boni, Gilberto Evangelisti, Corrado Agostini e Serenella Garroni, costituivano l’avamposto di punta della RAI nella acquisizione di diritti e nella produzione e messa in onda degli eventi sportivi. Ernesto Braun era a Messico City per i Giochi del 1968 e per conto dell’Eurovisione salvò – televisivamente parlando – i Giochi per il mondo intero. Pronunciando alla fine una frase che è rimasta scolpita per decenni nell’ambiente televisivo e che è ancora valida: “Ai Giochi Olimpici vi sono solo due dilettanti: i cavalli e gli organizzatori”. Quanta verità.

 

 

 

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