- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / "Non speravo che ce l'avrebbe fatta a venire"

Sabato 10 Settembre 2022

 

        elisabetta giovane 


Tennisti eminenti ovvero quando lo sfrontato “Gar” Mulloy, ignorandone il rango, tentò di fare colpo sulla giovane Elisabetta II con due biglietti per la tribuna di Wimbledon, ritrovandosela poi davanti all'atto della premiazione.

Andrea Bosco

Fare meglio di quanto abbia fatto Giorgio Cimbrico, analizzando il rapporto di Elisabetta II con lo sport, è impossibile. Ma godendomi il suo raffinato articolo mi sono reso conto che mancava il tennis, disciplina che la Regina non ha mai amato. Confesso di aver coltivato nel tempo una ammirazione sconfinata per la Vecchia. Che, per come la vedo io, non era solo una Sovrana (di una millenaria dinastia), non era solo una quasi centenaria “di ferro”: capo dello stato, sposa, madre, nonna.

La Vecchia, sempre immutabile (diversi colori, ma stessa mise, stessa pettinatura, stessi cappellini, stessa borsetta la cui bretella per lei – e solo per lei – veniva realizzata più lunga in modo da evitarle di sgualcire la manica dell'abito, stesse scarpe con tacco “cinque”) era una icona (oggi piace definirla pop) di un mondo in continua trasformazione, ma che lei donna (un “meccanico”) che era andata in guerra come ausiliaria, aveva interpretato nel segno della continuità. Tifosa (pare) dell'Arsenal, ammiratrice dei Beatles, a una età nella quale le vegliarde si affidano al plaid, impersonò se stessa accanto a Craig Bond 007 in occasione delle Olimpiadi londinesi.

Leggendo Cimbrico mi sono ricordato del bel lavoro di Matteo Codignola “Vita breve di tennisti eminenti” edito nel 2018 da Adelphi. Il racconto è straordinario (Matteo confessò di non aver – deliberatamente – consultato i testi dell'inarrivabile Scriba Gianni Clerici, “altrimenti non avrei scritto una riga”) e nasce dal ritrovamento casuale di una valigia di un collezionista, zeppo di fotografie d'Agenzia degli anni Cinquanta, dedicate ai tennisti dell'epoca. In copertina c'è Jack Kramer con il suo maglioncino bianco listato di rosso e di blu, la tenuta che qualsiasi neofita, in quegli anni, indossava su un campo di terra rossa. Kramer con la sua troupe avrebbe cambiato il tennis. La sua “banda” di tennisti era l'equivalente degli Harlem Globe Trotters: della racchetta invece che del canestro.

Una troupe che aveva “snob” e peones. Sovente i tennisti provenienti dal pueblo erano, come l'autodidatta Pancho Gonzales, estremamente più bravi di quelli che provenivano dai quartieri alti. In quella banda che si esibiva inizialmente per pochi spiccioli e per un pasto, figurò anche Beppe Merlo: uno, spiega Codignola, che “viaggiava sul torpedone in dodicesima fila ma che in quel gruppo ci stava bene”. Tra gli assi di quegli anni figura anche Torben Ulrrich “Teach” Tennant che aveva insegnato (o almeno ci aveva provato) a giocare a tennis anche a Carole Lombard e Joan Crawford dive della Hollywood dell'epoca d'oro.

Confesso che prima di essere istruito da Codignola, ignoravo chi fosse Gardnar Mulloy, uno cresciuto nelle Everglades dei Seminole, gli ultimi nativi ad aver firmato un trattato di pace con gli Stati Uniti. “Gar” non vinse mai un Major ma sconfisse anche Rosewell. Spirito ribelle, natura vincente, insofferente ad ogni regola, “Gar” che sul campo con gli arbitri era una sorta di anticipato McEnroe, in particolare con gli inglesi e il pubblico di Wimbledon non aveva un buon rapporto. I sudditi di sua Maestà lo consideravano un buzzurro. Lui, ricambiandoli, degli inglesi, nella sua autobiografia scrisse: “Si ostinano a pensare che le competizioni internazionali di qualsiasi sport siano faccenduole in cui disgraziatamente uno prima o poi deve vincere. E allora, si può ancora tollerare che uno si imponga con una specie di molle noncuranza, con un tipo di indifferenza che è anche un modo di chiedere scusa a tutti. Si può persino provare, a vincere, è perdonabile. Ma avere voglia di vincere non è solo imperdonabile, è anche volgare”.

E lui, Gardnar Mulloy, adorava vincere: con qualsiasi mezzo. Anche barando. Anche mandando ai matti gli avversari che come nel caso dello svedese Stockenberg, arrivavano (da Gardnar “consigliati”) ad abbandonare. Insomma all'età di 43 e rotti anni l'uomo delle paludi della Florida, nel 1957 vince a Winbledon nel “doppio” assieme a Budge Patty battendo Neale Fraser e Lew Haod. Alla premiazione non c'è il Duca di Kent ma la Regina. Come vede sulla passiera Elisabetta, l'estroso “Gar” ha quasi un mancamento. Perché in un attimo “ricorda”. Quando sei anni prima lui e Dick Savitt erano stati invitati per una esibizione nella tenuta di Lady Crossfield. E quella dama a fine esibizione gli aveva presentato una giovane, dall'incantevole fascino. Ovviamente il “lumacone” “Gar” ci aveva immediatamente provato, nonostante la ragazza gli avesse confessato di non essere mai stata a Wimbledon.

“Nessun problema signorina – disse “Gar” – se mi lascia il suo recapito le faccio avere due biglietti omaggio per la tribuna centrale”. Intuita la situazione, era giunta Lady Crossfield a “salvarlo”. “Gar” successivamente non si era informato sulla fanciulla oggetto delle sue mire. Ma ora quella ragazza era lì. Chi fosse era evidente ed era in attesa di premiarlo. Disse Elisabetta, con un tono di voce e una espressione da Elisabetta: “Se non sbaglio, Mr Mulloy, l'ultima volta ci siamo visti da Lady Crossfield”. Mister Mulloy era come un personaggio di Dean Martin: sfrontato. Durante la guerra un ufficiale inglese aveva ispezionato il mezzo da sbarco che “Gar” comandava in NordAfrica. I commenti non erano stati lusinghieri. La comparazione tra navi britanniche e navi statunitensi era sembrata a “Gar” talmente insultante che l'ufficiale (benché di grado superiore al suo) fu messo da “Gar” agli arresti.

Lilibet non si era scomposta, ma “Gar” con la sua faccia da sberle replicò: “Sì Maestà. Non speravo che ce l'avrebbe fatta a venire”. Ignoro quale seguito abbia avuto la cosa. Codignola non lo scrive. E le mie indagini non hanno portato a risultati. Ma sono quasi sicuro che come ho fatto io, come ha fatto certamente Matteo quando ha scritto, immagino che anche la Regina, finita la cerimonia, entrata in automobile in viaggio verso la Reggia, abbia riso sonoramente per la risposta di quel tennista che aveva tentato, sei anni prima, di farle “il filo”.

Per la cronaca, nato nello stato di Washington nel 1913, Gardnar Putnam Mulloy è morto in Florida nel 2016. Non è un refuso: aveva davvero 103 anni.


 

Cerca