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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Yaroslava, ragazzina prodigio

Lunedì 5 Settembre 2022

 

mahuchikh-22


Dalla copertina di Vogue al sogno del record mondiale dell’alto, passando attraverso l’invasione dell’Ucraina e il lungo esilio peregrinando per le pedane del mondo. Sarà lei a rimuovere dall’albo il 2.09 di Stefka Kostadinova?

Giorgio Cimbrico 

Venerdì scorso, a Bruxelles, Yaroslava Mahuchikh è tornata a volare, poco tempo dopo che il record di Stekfa Kostadinova aveva toccato e superato i 35 anni. Più di un terzo di secolo da quel 2.09 superato all’Olimpico nel giorno di una delle fuggevoli glorie di Ben Johnson. Questi balzi a 2.10 (due decisamente buoni) sono stati trascurati dalla diretta televisiva – ma la tv non dovrebbe essere uno strumento duttile? – così come, prima, sia il superamento dei 2.02 che quello a 2.05. Quel che è stato concesso da immagini registrate suggerisce che il ritocco è possibile. 

Lontani i tempi in cui il volto di Yaroslava – occhi profondi e lo stesso trucco leggero che esibisce anche in gara – appariva sull’edizione ucraina di Vogue. La guerra ha investito la sua città natale, Dnipro, un tempo Dniepropetrovsk, l’ha costretta a una fuga senza fine che, a marzo, l’ha portata a Belgrado: quel titolo mondiale indoor venne salutato da tutti con commozione sincera. Da allora, un’esistenza da esule, con le altre ragazze del salto in alto, con le ostacoliste. Nei capelli, un nastro gialloblu e sull’esile petto uno stemmino smaltato: la bandiera dell’Ucraina. 

Tra poco più di due settimane Yaroslava arriverà a 21 anni. Ragazzina prodigio, sottile e leggera (1,81 per 55, dice la scheda), ha vinto tutto quel che c’era da vincere a livello giovanile. L’esplosione arriva quando le manca meno di un mese per diventare maggiorenne: 2.04 a Doha, stessa misura di chi conquista per la terza volta il titolo mondiale, Mariya Kuchina, sposata Lasitskene, caucasica della piccola repubblica del Kabardino Barkalia. Non per colpa sua (prima lo scandalo doping, ora la guerra), Mariya ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato. 

Storia recente di Yaroslava, allenata da sempre da Tatiana Stepanova: terza a Tokyo, prima a Belgrado, seconda a Eugene, nel giorno glorioso della futura signora Fassinotti, prima a Monaco di Baviera in fondo a una gara finita molto rapidamente, senza acuti, e capace di inoltrarsi nell’ultima parte di stagione con lo slancio vitale che la vita le ha richiesto e che lei ha saputo rinvenire in se stessa. Quell’antica frontiera non è poi così lontana. L’impressione di due di quei tentativi è ancora viva.  

Queste ragazze d’alta quota, regalate da un est senza fine, sottopongono a interessanti analisi storico-geografiche. Nello stadio intitolato a re Baldovino, Yaroslava ha uguagliato il record ucraino all’aperto (il record assoluto è il suo 2.06 indoor, un anno e mezzo fa a Banska Bystrica, su una pedana tradizionalmente generosa) della sottile Inga Babakova, in realtà nata in Turkmenistan. Più ucraina di Inga può esser considerata Tamara Bykova, nata ad Azov, zona che ha visto la coesistenza delle due popolazioni per non parlare di tatari, armeni e greci, come la madre di Tamara. Proprio a Kiev Bykova toccò il suo vertice: 2.05. 

La chiarezza dell’appartenenza è uno dei grandi interrogativi nella storia della Russia zarista prima, dell’Unione Sovietica poi. Valeri Brumel, ad esempio, per tutti siberiano di Tlbuchino (sia pure con radici famigliari baltiche), è annoverato come ucraino per via dei suoi inizi che avvennero in quella repubblica. Conseguenze degli spostamenti delle popolazioni in quella che, agli inizi degli anni Trenta, venne chiamata Colonizzazione delle Terre Vergini o, in certi casi, di radicamenti di “ospiti” di gulag che, tornati in libertà, decidevano di non imboccare la via del ritorno.

 

 

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