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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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I sentieri di Cimbricus / Faccio il tifo per Noah Lyles

Martedì 23 Agosto 2022

 

lyles-22 

 

Noi della vecchia confraternita viviamo di queste attese, le sentiamo vibrare e sentiamo estranee le baruffe italiane che finiscono come una rigogliosa erbaccia trovando sempre nuova linfa, infischiandosene della siccità.


Giorgio Cimbrico 

Faccio il tifo per Noah Lyles che è uno che non si nasconde: racconta della sua infanzia povera, della sua adolescenza difficile, del sottoscala dove abitavano, della madre che vendeva cosmetici senza avere un contrato fisso e non aveva i soldi per comprare a lui e a Josephus un paio di scarpe. Noah racconta anche della sua ambizione, della sua volontà di diventare il nuovo primatista del mondo dei 200. E uno può replicare: questo è matto perché 19”19 è un tempo mostruoso, l’ha fatto il Lampo che ora vuole trasformare in marchio pubblicitario la sua posa, la silhoutte che disegnava dopo le vittorie, dopo i record nella saga che appena dietro le nostre spalle.

E io non so se Noah, ospite d’onore degli Europei e dotato di una capigliatura che sembra la criniera di un giovane leone, ci riuscirà ma intanto nella finale dei Mondiali ha corso in 19”31 e allo sbarco in Europa, a Montecarlo, ha triturato la pista del Louis II in 19”46 con quel suo passo che, dopo il raccordo tra curva e rettilineo, diventa una vertigine. 

Qualcuno sta lavorando per lui: è sufficiente leggere la lista di partenza di Athletissima, a Losanna, stadio de La Pontaise, pista velocissima a picco sul lago, un accenno di altitudine, dove Noah tre anni fa corse in 19”50 e Usain Bolt in 19”58, in 19”59, in 19”63, lo stesso tempo di Xavier Carter, detto Mister X, che fu il record del meeting sino all’avvento dell’Atteso. 

Potrebbe essere nato un novo canone: la lepre per le gare di velocità. E Michael Norman, gran disegnatore di curve, può essere l’uomo adatto perché il motore di Lyles salga di giri prima dell’esplosione all’ingresso sul rettilineo. A Montecarlo qualcosa del genere è già stato offerto e La Pontaise può essere il terreno adatto perché una superpista, delle superscarpe e un superscanditore di ritmo collaborino all’impresa di privare Usain di uno dei suoi gioielli berlinesi.

Andasse buca, si esprimesse Lyles sul filo dei 19”40 con l’inevitabile delusione di chi atletica sa poco o nulla, il bis può venire nello stadio intitolato a re Baldovino, a Bruxelles, teatro undici anni fa di una delle più singolari e inaspettate imprese, il 19”26 di Yohan Blake, lo scattista puro che non si è concesso molto sui 200 ma quando l’ha fatto, ha lasciato il segno del secondo tempo di sempre, a sette centesimi dal Lampo. 

Credo di aver buttato giù, piuttosto in fretta, una delle più lunghe premesse che siano consentite. Anche perché lo sviluppo tende a essere magrolino, buttato giù di malavoglia. Noi –, intendo quelli della vecchia confraternita –, viviamo di queste attese, le sentiamo vibrare e sentiamo estranee le baruffe italiane che fioriscono come una rigogliosa erbaccia trovando sempre nuova linfa, infischiandosene della siccità. L’Italia vive nella sue bufere, nei suoi complotti, nelle sue polemiche, nel formarsi di alleanze più o meno effimere. Una volta si diceva: un clima da maschere e pugnali. Definizione troppo teatrale e nobile per quest’atmosfera opprimente, in cui gli attacchi non vengono mai portati sino in fondo, solo fatti capire, con una serie di punti di sospensione. 

E’ in corso un nuovo sistema di “convergenze”? Stanno per scattare le idi settembrine per Antonio La Torre e magari anche per Filippo di Mulo? Domande, accostamenti storici banali che possono portare Paolo Camossi a vestire i panni di Cassio e Stefano Mei quelli di un Ottaviano che ha già avuto il potere e ora lo pretende ancora più vasto. 

Io, vecchio e sorpassato, attendo quel che capiterà venerdì sera, sulla pista di una ricca città affacciata sul lago Lemano. 

 

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