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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Il fascino palese del doppio giro

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Venerdì 15 Luglio 2022

 

mu-08-22 


Gara aperta alle soluzioni più imprevedibili. Dalle maestose esibizioni solitarie (ricordate Fiasconaro?) a scontri furibondi, più mischie che contatti: ma sempre varianti di una delle più affascinanti distanze del programma.

Giorgio Cimbrico 

Gli 800 sono una gara strana, e così affascinante. Nelle manifestazioni che assegnano corone e titoli possono risolversi in maestose esibizioni solitarie (quella di David Rudisha a Londra, dieci anni fa, è già un lungo quadro storico) o in lotte furibonde, mischie, rimonte, gomitate, contatti, guerre guerreggiate solo all’ultimo istante. In questo repertorio, le prime che vengono in mente sono olimpiche: a Monaco ’72 il finish spietato di Dave Wottle (quello che correva in fondo, con il cappellino ben piantato sulla testa, e così tutti si domandavano se se lo sarebbe tolto sul podio, …). E altro.

Il crollo di Evgeni Arzhanov (crollo in tutti i sensi: passò il traguardo strisciando), i lunghi incisivi balenanti di Mike Boit; a Atlanta ’96, quattro uomini in 27 centesimi, tutti sotto l’1’43”. Vebjorn Rodal, amante della caccia, quel giorno ebbe come irriducibili prede Hezekiel Sepeng, Fred Onyancha e Norberto Tellez cui non fu sufficiente privare del record cubano Alberto Juantorena per salire sul podio. 

Gli 800 sono nobili e selvaggi (tra meno di un anno il giubileo del record di March Fiasconaro), capaci di sfuggire a ogni classificazione: velocità portata al limite estremo? mezzofondo molto veloce? Nessun dubbio che in una prova “asettica” Michael Johnson sarebbe sceso facilmente sotto i 100 secondi, ma è proprio qui che risiede l’unicità del mezzo miglio. Non può mai essere una prova “asettica”. Sotto il profilo emozionale, non lo fu neppure la Grande Fuga di Rudisha.

Traiettorie di corsa che vengono tagliate, piccoli urti, fuggevoli spinte, accelerazioni violente alla campana e tra i 400 e i 500 una decelerazione per guardarsi attorno, trovare un attimo per riflettere, cercare la migliore posizione. Ogni mezzo miglio è un dramma con otto personaggi in cerca di un titolo. 

Gli 800 di Eugene sono un mistero. Più facile indovinare il cavallo che avrà la meglio nel Grand National, sei miglia di fatiche e di siepi che sembrano muraglie. Da capofila, da leader stagionale si presenta il ventenne britannico Max Burgin, uno di quelli che, come dicono loro, ama correre from the gun to the tape, dallo sparo al traguardo. Solo che Max non ha sul resto della compagnia il margine che fece dire a Rudisha, rivolto al giovane Tim Kiptum: “Non venirmi dietro: potresti farti male”. I contendenti, i duellanti sono stretti l’uno all’altro e l’ipotesi molto reale è di 70/80 metri spietati. 

Gli USA hanno la loro meravigliosa sudanese (Athing Mu); il Canada anche: è Marco Arop, stessa figura elegante, stesso passo donato dall’Africa pura. Arop ama dettare il ritmo e soffre il finale, il teatro perfetto per le due novità francesi, il solido Benjamin Robert, che ha una certa somiglianza con Antoine Dupont, mediano di mischia del Tolosa (dove Robert è nato) e della Francia, e Gabriel Tual, originario della regione della Garonna. L’uno e l’altro sono saliti in scena a Parigi, la sera della resurrezione di Pierre Ambroise Bosse che, come il suo concittadino Jules Verne, scrisse una pagina sorprendente ai Mondiali londinesi di cinque anni fa. Robert e Tual sono finisseur temibili, così come il marocchino Mohad Zahafi e l’algerino Diamel Sedjatt. E’ un’arte che sta studiando con profilo il neo-azzurro Catalin Tecuceani, sceso sotto l’1’45” ai Giochi del Mediterraneo. 

Il Kenya ha il campione olimpico Emmanuel Korir (visto in forma relativa, così come il campione uscente Donavan Brazier), Wyclife Kinyamal e soprattutto Emmanuel Wanyonyi che taglierà il traguardo dei 18 anni il 1° agosto. Chi lo ha visto in azione ai Trials di Nairobi, sostiene che potrebbe essere lui a metter d’accordo tutti e diventare il più giovane campione del mondo della storia, superando il record del piccolo e simpatico Ismael Kirui, 18 anni e cinque mesi quando vinse i 5000 a Stoccarda ’93.

 

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