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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Terza pagina / La fatina e il cardinale: una favola per il CONI

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Lunedì 11 Luglio 2022

 

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(gfc) “Che forza deve avere questo nostro sport se sopravvive, a testa alta, tra dirigenti logori di slanci e di idee, burocrati incalliti e riforme complicate che si arenano prima di nascere.” Tranquilli, nessuna paura: non stiamo parlando di Sport&Salute, Dipartimento Sport e CONI di Malagò e associati. Sono solo parole di un lontanissimo ieri, risalenti a più di vent’anni fa, ormai innocue, ma che appaiono scritte oggi per il confuso domani che ci attende. Provate a cambiare nome a qualche personaggio o a qualche istituzione, e avrete il quadro sconfortante di come la politica abbia preteso di reinventare lo Sport nazionale impadronendosi dei cordoni dalla borsa, per gestirla con l’arroganza tipica di chi sa di non sapere. Di contro, con accenti profetici, questo affresco dello storico direttore della Gazzetta, epigone di un giornalismo scomparso: professione che non accettava condizionamenti e che sapeva distinguere, giudicare e battersi per le proprie opinioni. Anche contro il potere. Anzi, proprio.

Candido Cannavò

“Con il piglio giovanile dell’ambientalista, con la sua aria da fatina, con la bella e fresca immagine che ha regalato al suo partito, tradizionalmente frequentato da facce tristi, Giovanna Melandri è approdata velocemente a un ministero. Vetrina molto elegante: beni culturali, spettacolo e supervisione dello sport. Un colpettino ben piazzato nell’era della dea Immagine. E infatti il tenerissimo popolo cui apparteniamo ha accolto la Melandrina con simpatia, curiosità e una buona dose di tifo non soltanto femminile. Una maternità quasi in contemporanea per festeggiare l’evento. E dall’alto, la benedizione di Veltroni, suo predecessore, risucchiato dalla grande madre Politica: “Vedrete come è brava questa ragazza …”.

“Nel giro di soli tre mesi, la Melandri, da noi seguita con affettuosa attenzione, ha assaggiato quanto sa di sale il pane di una poltrona ministeriale che, con ogni rispetto, è stata frutto di una scelta estemporanea. Non fraintendiamo, per carità: il personaggio c’è, ha grande passione, intelligenza. Ma io continuo a pensare che, per quante mistificazione ci siano nella politica, chi diventa ministro per governare e non per apparenza, una cultura specifica della materia debba averla. Vista l’aria che tira nel Palazzo, non si può pretendere che il prescelto sia preparatissimo, ma non si può neanche accettare che debba inventarsi dall’oggi al domani una competenza di facciata.

“Tutto lascia pensare, ahimé, che il ministro Melandri all’atto dell’insediamento non sapesse nulla del CONI e ben poco dello sport italiano e dei suoi meccanismi. Ebbene, come si fa a pensare che potesse legiferare in breve tempo la riforma di un organismo complicato, delicato e felicemente atipico? Il CONI, come sapete, ha ben funzionato per quasi cinquant’anni. Adesso ha davvero bisogno di essere svecchiato, reso più agile, più dinamico: serve un capolavoro di semplicità, di rispetto, di realismo, di conoscenza.

“Lo so, c’è chi sostiene che un ministro detta le tracce della politica e che funzionari e tecnici debbano gestirla secondo le competenze. Ma la formula, di per sé discutibile, diventa grottesca e paradossale se sono gli altri funzionari a far l’una e l’altra cosa. Ecco, mi sembra che proprio questo stia avvenendo al ministero dio via del Collegio Romano. E che la Melandri, almeno per quel che riguarda lo sport, non si spinga al di là di una presenza vivace e accattivante. Alle sue spalle si muove, con passo greve e cardinalizio, l’impeccabile magistrato Oberdan Forlenza, capo di gabinetto, fornito di alta scienza giuridica e burocratica. Quanto conosca il mondo dello sport, non è chiaro. Se può servire da credenziale, Forlenza lavorava già con Veltroni.

“Adesso io non so come siano andate le cose. Fatto è che questa famosa riforma del CONI, uscita dalle mura e dalle menti ministeriali per un folgorante bliz, è andata incontro ad una svolta movimentata e infelice. Annunciata dalla Melandri, arditamente trasformata in un progetto, si è arenata nell’anticamera del governo. In un sol colpo, quattro sollevazioni, quattro alt: sono piovute, per ragioni varie, dai ministeri del Tesoro e della Funzione pubblica, dai sindacati e dal CONI, tagliato fuori dalle trattative per la stesura finale. Non sembra un intoppo sanabile in pochi giorni. In realtà, la parte valide e condivisibile della riforma è sommersa da una serie di meccanismi farraginosi, tipici della cultura burocratica.

“E adesso? In attesa degli eventi, il CONI si appresta alle elezioni del dopo-Pescante, come se non fosse accaduto nulla. C’è chi respira e si illude che, allontanata la scura della riforma, l’andazzo degli ultimi anni possa continuare. Sarebbe la prosecuzione di un delitto. Da qui parte un grande rimpianto e si solleva anche un enorme rimorso per quel modello dello sport italiano, promosso da Onesti, che avrebbe potuto continuare ad autogestirsi, se questa autonomia non fosse stata infestata da cialtroni e pirati, se alcune federazioni non avessero fornito spettacoli osceni di falsa democrazia, se qualcuno che ne aveva il dovere si fosse scomodato a visitare quella spelonca di porcherie e di omissioni che era il laboratorio antidoping: se insomma ci fosse stato rispetto per questo patrimonio italiano di sport e di civiltà. Purtroppo, anche se il duello tra Petrucci e Checcoli per la nuova presidenza sembra civilissimo, in alcune federazioni (ultime ciclismo e scherma) non ci sono segni di ravvedimento.

“Che forza deve avere questo nostro sport se sopravvive, a testa alta, tra dirigenti logori di slanci e di idee, burocrati incalliti e riforme complicate che si arenano prima di nascere. Ministro Melandri, in attesa di giorni migliori, partecipi almeno alla nostra tristezza.

La Gazzetta dello Sport – 22 Gennaio 1999

 

 

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