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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Abbecedario / Gli staffettisti, una scultura ritrovata

Giovedì 30 Giugno 2022


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Nata nel 1928 per mano di uno dei maggiori scultori italiani del Novecento, il milanese Giannino Castiglioni, è ora collocata in qualche angolo dello stadio dell’Acqua Acetosa: che pare sia l’ultima tappa di un lungo viaggio. Da ripercorrere.


Gianfranco Colasante

Partiamo da questa foto, pubblicata sul Corriere della Sera dello scorso 3 Aprile, a corredo di una lunga intervista al campione olimpico dei 100 metri e della staffetta. Certo, una bella immagine. Ma il dettaglio che più mi ha colpito è la piccola scultura sulla quale Jacobs si appoggia con fare un po’ sornione, presumibilmente, ignorandone la storia e il valore. L’avevo persa di vista da decenni e la ritrovo – a stare alla didascalia – allo stadio dell’Acqua Acetosa, il vecchio impianto romano del Governatorato ora, con qualche forzatura (ma, visti i tempi, non si può pretendere di più), intitolato a Paolino Rosi.

La prima osservazione che mi viene, è che i due soggetti – intendo stadio e scultura – hanno la stessa età: entrambi nascono nel 1928. Ma se tutto si conosce dello stadio – sorto come impianto ricreativo per i dipendenti comunali in un allora lembo solitario di campagna delimitato da un’ansa del Tevere, non lontano dalla antica fonte d’acqua rugginosa che i romani frequentavano sin dal XVI Secolo – credo che in pochi abbiamo contezza della scultura che qualcuno – ignoro chi, perché e quando e, soprattutto, chi la gestisce oggi – vi ha collocato. E che ha una storia molto più movimentata.

Riepilogo per me stesso, presumendo che gli altri già sappiano. Il piccolo bronzo, che rappresenta un passaggio di staffetta, nasce per celebrare il ventennale dello Sport Club Italia, la società milanese fondata da un gruppo di fuorusciti dall’antica e paludata Mediolanum. Dando origine a una grande polisportiva nata il 10 Gennaio 1908 “allo scopo di promuovere e diffondere in ogni miglior modo gli Sport Atletici”.

Ma la società che aveva sede al n. 22 di via Cesare da Sesto, in zona centrale tra Piazza Sant’Ambrogio e Corso Genova e campo e pista in via Sismondi, alla Baggina, si era presto allargata ad altre discipline. Atletica leggera, certo, con numerosi atleti olimpici – Giongo, Lunghi, Nespoli, Martinenghi, Bonacina, Disma Ferrario, Orlandi, Pavesi, fino a Toetti, Mariani, Ragni –, ma anche Lotta con Enrico Porro, Pugilato con il grande e sfortunato Pierre Boine, Nuoto con il pioniere Amilcare Beretta. Negli sport di squadra, la sezione calcio – col nome di Nazionale Lombardia – partecipava alla massima Divisione, come capitava nella Palla-al-cesto e nel Rugby.

In occasione del ventennale, celebrato il 27 Maggio 1928, il club – guidato ancora dello storico presidente Algiso Rampoldi –, aveva commissionato una scultura a tema libero ad “uno dei più significativi artisti italiani del Novecento”, il milanese Giannino Castiglioni che aveva studio in Corsa Porta Nuova. Nato nel 1884, Castiglioni si è spento quasi novantenne nel 1971 a Lierna – sul ramo lecchese del lago di Como dove s’era trasferito nel dopoguerra –, lasciando una enorme e qualificata produzione di sculture e monumenti: ultima opera, una testa bronzea di Cesare Cantù completata poche ore prima della morte. Per chi volesse saperne di più, basterebbe una fugace occhiata alla pure imprecisa e incompleta scheda su Wikipedia. Molto più affidabile il corposo volume di Eugenio Guglielmi, “L’arte del fare”, pubblicato da Skira Edizioni nel 2016, l’anno seguente all’apertura del Museo Castiglioni a Lierna.

Tornando alla nostra storia, conclusi i festeggiamenti con un incontro di rugby con una squadra francese, lo Sport Club Italia – che indossava maglia azzurra con tre cerchi intrecciati dei colori della bandiera – nel secondo dopoguerra fece dono della scultura alla FIDAL “per onorare la memoria del suo presidente Angelo Vigani”. Pioniere degli ostacoli, da partigiano Vigani aveva rivestito ruoli importanti nel periodo della guerra civile e, a conflitto concluso, posto dal CNL a capo dello sport del Nord Italia. In quella veste aveva concluso con Bruno Zauli il percorso di riunificazione, siglato dai campionati nazionali del 1946 tenuti all’Arena. Dove Vigani – già ammalato da tempo – volle farsi condurre in lettiga per chiudere gli occhi di lì a poco.

Nel rispetto di quella volontà, l’opera di Castiglioni venne così trasferita negli uffici federali, allora ubicati nei sottoscala dello Stadio Nazionale, e – dal 25 Novembre 1952 – portata da Zauli, molto legato a quella scultura, al Foro Italico dove, finché rimase in vita (si è spento neppure sessantenne nel dicembre del 1963), la tenne nel suo studio da segretario generale del CONI, collocata alle spalle della scrivania (come testimonia una foto pubblicata nel mio libro su Zauli). Alla sua morte, la scultura venne rivendicata dalla FIDAL e portata nella nuova sede di Viale Tiziano dove rimase fino ai primi anni Settanta, quando dopo gli Europei del ’74, la Federazione tornò al Foro, ma in via Franchetti.

Qui finisce il viaggio della scultura di Castiglioni che sono stato in grado di seguire con documentazione e ricordi. Che ne sia stato in seguito, per almeno mezzo secolo, non so dire. Ma mi ha fatto piacere scoprire che è sopravvissuta a molti eventi, ma mi è spiaciuto apprendere che la FIDAL ha preferito disfarsene. Aggiungerei solo che – per valore artistico, ma soprattutto storico (ma ha ancora un senso, questo termine, nello sport italiano?) – quella scultura, che si avvia al secolo di vita, non dovrebbe essere lasciata all’aperto (anche perchè non mi pare se la passi bene, a ben vedere la fotografia di Jacobs). Ma questo è solo il parere di chi scrive e, ovviamente, non ha alcun valore.

 

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