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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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I sentieri di Cimbricus / Il sottile piacere del revisionismo

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Martedì 21 Giugno 2022

 

cook 


“Merita l’istituzione di un Uffizio che indaghi, tagli, cambi, corregga, decapiti renda gradevoli alla massa fatti e personaggi che la massa conosce al massimo per sentito dire o per rapido indottrinamento.”

Giorgio Cimbrico

Sistemato anche il capitano James Cook: a luglio la serie di tre incontri tra le nazionali di rugby di Australia e Inghilterra non porterà più il nome dell’esploratore che, a partire dal 1768, navigò in ogni angolo del Pacifico spingendosi sino in Antartide per finir massacrato alle Hawaii a causa di una disputa mai bene chiarita. Il trofeo in palio porterà due nomi, quello di Mark Ella, giocatore indigeno (aborigeno è ancora consentito?) e dieci volte capitano dei Wallabies e di Edgar Mobbs, nazionale inglese caduto durante la prima guerra mondiale. 


I tempi si stanno facendo bui per Drake, Tasman, Caboto, Vespucci, Verrazzano e ovviamente Colombo. Non parliamo poi di quelli che esploravano via terra entrando in contatto con nuove etnie offrendo perline e specchietti. 

Il futuro tira al neutro. Prendiamo la Coppa del Mondo di rugby, intitolata all’inventore del gioco, Williams Webb Ellis. I francesi hanno tutti i diritti di protestare: “Quel nome è divisivo, il padre di William Webb Ellis ha combattuto contro di noi”. Anche il termine “rugby” può entrare nella disputa: “Perché gli inglesi possono arrogarsi questo diritto? E per di più usando il nome di una città. Sapete cosa facciamo? Lo chiamiamo Toulouse. O Pau che è più corto e più comodo”. 

In forte pericolo molte etichette che sembravano molto normali. Il trofeo dedicato a Gallaher, ad esempio. Lavorava ai macelli di Auckland e se qualche animalista lo viene a sapere, addio al capitano degli All Blacks e ed eroe di guerra. 

In America spariti i Redskins, in Inghilterra vietati i copricapi indiani dei tifosi dei Chiefs e sempre aperta la “querelle” su Swing Low Sweet Chariot, lo spiritual (con radici schiaviste?) cantato dal pubblico di Twickenham. In Nuova Zelanda resistono i Crusaders che più divisivi non si può, ma prima o dopo toccherà anche a loro cambiar nome. Ricerche in corso anche su de Coubertin: era davvero così perfetto, così idealista? O nascondeva qualcosa?  

Il vento dell’iconoclastia – e del politicamente corretto – può investire da un momento all’altro anche il nostro massimo Eroe: “Ma questo Garibaldi che a Roma si presentò con un nero al seguito e che in Sudamerica aveva fatto il corsaro, è giusto che abbia tutti questi monumenti, targhe, busti?”. E Mazzini, con quella sua fama di malinconico seduttore? Qualche discendente di una sedotta e abbandonata può mettere in piazza scabrosi particolari. 

Un altro tipo cui metter mano è quel Mozart che mette in macchietta e presenta come lubrico Monostato di pelle scura e ha un atteggiamento non corretto con i turchi. Per non parlare di quel poeta inglese, Shakespeare: quell’ebreo avido e crudele e quel nero strangolatore dovrebbero essere espunti dalle due opere e sostituiti con personaggi formalmente più edificanti. 

L’elenco è lungo, interminabile. Merita l’istituzione di un Uffizio che indaghi, tagli, cambi, corregga, decapiti renda gradevoli alla massa fatti e personaggi che la massa conosce al massimo per sentito dire o per rapido indottrinamento. Anche Dio nella Bibbia ne dice e combina di quelle che meriterebbero – anzi, meritano – un radicale intervento. 

 

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