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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fatti&Misfatti / Pentirsi e innamorarsi a Milano

Domenica 19 Giugno 2022


    armani-22 


“La Virtus sfiatata, alla fine, non ha perso per complessi di sudditanza verso Milano o Messina, ma soltanto perché ha giocato peggio, cominciando da gara uno, finendo con l’orribile quarto quarto in gara quattro, con il non pervenuti nel primo e terzo quarto della sfida decisiva.”


Oscar Eleni

Davanti all’oratorio chiuso giustamente per bullismo e maleducazione, fatelo santo quel prete o, almeno assessore se non sindaco, chiedendo ospitalità, dopo il ritorno nello smog peggiorato da Scipione, al Molinetto play village di Rho, magnifica cittadella sportiva alle porte di Milano, dove in una settimana hanno organizzato ben 53 eventi di sport e salute vera. Sindaco ex cestista, assessore allo sport una vera leonessa che a 40 gradi non ha perso un colpo, una mossa di judo, una bracciata, un bel tiro in porta o a canestro.

Giornata per aiutare Piva ad essere quello che Dante Gurioli ha sempre sognato: principe ereditario in un centro dove adesso ci sono più di 200 ragazzi che fanno basket. Abbiamo parlato con loro, pazienti, pochi, ma pazienti, chiedendo scusa a Paolo Vittori, il vero numero uno nella storia dei nostri giocatori come giura Baiglio e ammette persino Peterson, creatore, allenatore, inventore, per non aver scritto neppure una riga sul suo libro che l spiega benissimo nel titolo “No gavevo premura, …”.

Goriziano, cittadino del mondo, gloria sul campo e nelle tante cose che ha fatto a Varese per il basket grande e piccolo, uomini e donne. Sul palco anche Gianni Chiapparo, uno da Mission, il grande film dove il predicatore non finisce bene, per regalarci il libro “Giocatori tutti”.

Lo devono aver letto anche a Milano nella notte del 29° scudetto dell’Olimpia, 12° trofeo dell’era Armani bonificata nel tormentato regno del Messina presidente-allenatore che è salito sul podio dorato di quelli capaci di vincere scudetti in tre città diverse: Recalcati, Bianchini e lui, Ettorre principe del regno fra Sicilia e Veneto brontolon, uno che, per la verità, rispetto ai co-detentori ha vinto moltissimo anche fuori dai confini anche se l’argento olimpico lo ha al collo soltanto micione Charlie.

Ressa e risse, come sempre, per salire sul carro dei vincitori mentre don Sergio Scariolo, finalmente, pensava soltanto ai veleni della fatica e non al resto dopo i tormenti da piccolo villaggio di questa serie finale iniziata sospettando anche i pulitori del legno, bagarre continua ciarlando del nulla, finendo con il dover ammettere che la Virtus sfiatata, alla fine, non ha perso per complessi di sudditanza verso Milano o Messina, ma soltanto perché ha giocato peggio, cominciando da gara uno, finendo con l’orribile quarto quarto in gara quattro, con il non pervenuti nel primo e terzo quarto della sfida decisiva.

Non è andata proprio come sognava Messina all’inizio stagione (“Quest’anno niente prigionieri”) perché i prigionieri si sono alleati e ribellati. Prima gli hanno messo contro quella che nell’azzardo si chiama sfiga: infortuni, due casi di doping di cui ha dovuto persino vergognarsi invece di mandarli subito ad un bagno nel Naviglio più tossico. Poi età e scelte che non ci hanno mai convinto, per questo stiamo sotto il carro dei vincitori, anche se lontano dagli invidiosetti del quartierino, dalle lingue tonanti e leccanti, perché felicemente ospitati a New York da Arturo Kenney che ieri sventolava sulla quinta strada la maglia numero 18 benedicendo la sua Olimpia vicina alla terza stella, il Messina da casa della gloria non soltanto italiana ed europea.

Bella festa al Forum sempre scivoloso. Bello anche se non proprio in stile Armani, il mare rosso al centro del campo per ritardare la premiazione con irritanti salti sul palcoscenico per far capire che la squadra amata non aveva vinto da sola. Come dice la Vanoni non è facile innamorarsi a Milano, figurarsi se è facile pentirsi.

Voti nella domenica degli impiastri per combattere caldo, noia e luoghi comuni.

• 10 ad ARMANI per aver creduto in DELL’ORCO e poi in MESSINA anche se gli Iago del sistema, a bottega e fuori, gli dicevano che si stava meglio quando si stava davvero peggio.

• 9 più alla triade dei saggi di talento: HINES la roccia, RODRIGUEZ il genio, MELLI la cultura   senza retrogusto per chi lo ha trattato male nella sua prima Milano scudetto.

• 9 a SHIELDS meritatamente MVP delle finali, anche per l’umanissimo passaggio a vuoto dopo essersi intossicato con troppo incenso nella gara cinque che poteva diventare trappola.

• 9 meno a Gigi DATOME a cui si deve riconoscere un talento sulla scena diverso da tutti. Ha nascosto le papere dietro alla grande umanità, ha avuto gloria, oro, incenso e mirra nei tempi giusti ora che per riaverlo in Nazionale hanno mandato Sacchetti a cercare lavoro in A2, seppure nella gloriosa Cantù, ammesso che ci vada.

• 8 alla SQUADRA di Messina, quella sul campo, quella che preparava chi andava in battaglia italiana o europea da terzo posto, cominciando da POZZECCO ora generale ITALIA da rivitalizzare anche senza giocatori in ruoli chiave, che manderà a Messina per un corso rapido da vice il Peppe Poeta che camminerà con lui e il master commander RECALCATI verso Parigi olimpica, ammesso che vadano bene gli esami di ammissione.

• 7 al GRANT che avevamo infilato nella stessa gerla della befana cattiva al mercato del Troy Daniels un tiro e poi vacanza. Tenendolo al freddo come avremmo fatto con DELANEY o TARCZEWSKI o BENTIL. Ora speriamo che resti nella nuova squadra già abbozzata, ma ancora da definire con la masochistica impresa di farci credere che il Brandon DAVIS visto al Barca sia davvero la spalla giusta per nonno Hines che, magari, senza Rodriguez, se ne andrà ai bagni misteriosi.

• 6 agli italiani di rincalzo dove BILIGHA ha fatto meglio persino di RICCI che a Bologna hanno sempre marchiato col 5 in queste finali e a Milano si è sempre salvato con un sei per difese decenti a attacchi anemici come da copione nell’arte della menzogna.

• 5 Alla MALATTIA, gamba dolente, che ha tenuto lontano il presidente PETRUCCI dalla sesta gara decisiva del FORUM dei bollori. Gli avrebbero dato il POZZECCO in carta tricolore.

• 4 a ZANETTI, splendido mecenate, grande anima del grande sport, non soltanto basket, per aver invaso, speriamo soltanto per passione e una parte di delusione dopo gara uno e gara quattro, un territorio pericoloso: prendersela con gli arbitri è sport nazionale, come coi vigili quando posteggi in seconda fila, o con le forze dell’ordine se provano a mettere ordine fra bottiglie che volano, coltelli che arrivano alla gola e polvere che non è mai borotalco.

• 3 all’UFFICIO INCHIESTE invocato dalla Milano offesa sapendo bene che era tutto impegnato nelle indagini al servizio dell’impero: scappellotto di allenatore, ribellione delle regioni mai aiutate per andare a reclutare, proteste degli allenatori delle minori trattati come i figli Amalasunta tutta unta: costretti a pagare e spendersi le ferie per avere tessere che non servono a chi dicono loro.

• 2 a GANDINI se farà mettere in ginocchio la Lega dei dissapori davanti alla RAI che, anche dopo finali presentate e commentate bene, sembra intenzionata a partecipare ad aste per dirette più popolari (o soltanto meno costose?) dal ciclismo con bici a rotelle, al padel che spopola. Meglio Discovery? Beh, almeno non ti fanno sentire come il mendicante fuori dalla chiesa della RAI con i suoi vescovi e le sue papesse.

• 1 agli ARBITRI delle finali se non organizzeranno una bella cena dopo essersi accorti che, nel giardino di chi pensando male pensa di non fare mai male, hanno addirittura messo in discussione il buon lavoro sul campo dell’arbitro ucraino, una da finale di eurolega, accolto dal sistema con i doppiogiochisti pronti ad applaudire prima di metterlo al rogo come gli altri.

• 0 alla maledetta area revisione cazzate. Il VAR insomma, che ha fatto durare le partite anche più di due ore, facendo insultare chi doveva scrivere baggianate frettolose da chi doveva spedire giornali ormai quasi invenduti e molto spesso non presenti nelle rassegne stampa.

• 0 scarabocchio ad una LEGA che insiste su 7 partite di finale, alla MILANO che ha vinto dopo 84 partite e non se la prende se dicono che era logico perché ARMANI e ZANETTI sono davanti a tutti soltanto perché possono permettersi soldati di ventura che altri non riuscirebbero a pagare.

 

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