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Fatti&Misfatti / Sfide scudetto, criniere diventate frangette

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Giovedì 2 Giugno 2022


basket-rete


Nel basket, mentre cadeva la ghigliottina del Petrucci uno e trino, sul capoccione di Meo Sacchetti, ecco le finaliste annunciate sul fiume delle perle come quello della città cinese: Virtus Segafredo Bologna ed Armani Milano

Oscar Eleni

Senza far ricorso al medico dei falsi vaccini che ha favorito i famosi vippaioli, ottanta dicono, per entrare nello zoo cinese di Guangzhou, la Canton dei portoghesi, dove l’umidità ha fatto diventare frangetta intrigante la criniera di un leone dallo sguardo triste. Ci serviva vedere da vicino cosa succede ai leoni se stanno in gabbie federali, in società malate, in mondi dove basta abbracciarsi e sorridere per far credere di essere dalla parte giusta.


Nel basket, mentre cadeva la ghigliottina del Petrucci uno e trino, presidente, manager, allenatore, sul capoccione di Meo Sacchetti, ecco le finaliste annunciate sul fiume delle perle come quello della città cinese: Virtus Segafredo Bologna ed Armani Milano per la quarta volta nella storia play-off armate una contro l’altra sapendo che la Vu nera ha fatto nera Milano le altre tre volte. Lunga sosta per godersi il 3-0 con cui le due regine (già ma chi Elisabetta e chi Maria Struarda?) hanno eliminato la splendida Tortona e la Sassari reinventata così bene da Piero Bucchi.


Un nove rotondo per tutte e due le società, le squadre, per i loro allenatori. Quello di Tortona, poi, nel giardino dei tecnici che devono piacere al presidente, prenderà il posto di Pozzecco per guidare nella trasferta canadese la under 23 dei ragazzi maltrattati da troppe società, misteri gloriosi come quelli del Baldasso, poco riconoscente con l’allenatore che lo ha lanciato nella fallimentare Roma, protagonista in gara tre con Milano, uno ripudiato dalla Fortitudo retrocessa, uno che prima di avere spazio ha dovuto vedere svanire nell’aria chi era stato ingaggiato con uno stipendio cinque volte il suo. Certo non sarà sempre così bravo, la difesa Virtus dovrebbe avere più tentacoli di quella sarda, ma intanto qualcosa ha fatto.

Certo nel basket di oggi non basta. Chiedete a Sacchetti, domandate a Gamba che deve aver ritrovato il mitra che gli spappolò una mano sapendo che lo stesso Petrucci che lo fece fuori dopo una medaglia europea a Stoccarda vinta con metà squadra, senza Meneghin tanto per capire, facendogli gli auguri ha annunciato di aver affidato al geniale Finazzer Flory il documentario per i 90 anni dello Spartaco di via Washington che sul campo ha vinto tantissimo come giocatore e poi, come tecnico, ha aiutato Rubini a chiudere da dominatore e il consigliere federale Rubini a vivere l’epopea di due belle Nazionali: argento olimpico a Mosca, oro europeo a Nantes oltre al piccolo miracolo in Germania. Petrucci negherà, ma noi c’eravamo e sappiamo.

Adesso pregherà per tutti quelli che gli stanno sparando contro, cominciando da Bianchini che lo ha accusato per questa mancanza di stile e per la ferita inferta alla compagnia di giro degli allenatori promuovendo come tecnico della Nazionale il Pozzecco, grande sul campo, agli esordi come tecnico, con dietro soltanto camice stracciate e qualche separazione pur in mezzo a qualche buon risultato. Ce lo ha spiegato bene su Repubblica Fuochi. Ma sarebbe ingiusto attaccare il Poz, che il Sacchetti allenatore lo ha amato alla follia, per il licenziamento, inaspettato soltanto dall’interessato come successe dopo aver dato il triplete a Sassari, una cosa enorme come l’Olimpiade ritrovata dopo l’argento di Recalcati ad Atene 2004.

Una lunga attesa nella speranza che a Belgrado si chiudesse il ciclo Sacchetti, ma lui, testone, ha eliminato i serbi a casa loro. Il ringraziamento previsto era che si mettesse in ginocchio pregando chi non c’era a Tokio di tornare con Azzurra, giocatori di qualità, ma dal 2004 questa generazione non sembra aver trovato pepite in miniera. Colpa degli allenatori, non importa il loro nome come direbbe Messina non qualificato ai Giochi perdendo a Torino coi croati.

Storie nostre che servono per le sedute spiritiche di quelli che nel calcio sanno come prendere a pedate il mister per giustificare, magari le loro vaccate in campagna acquisti-vendite, magari più le seconde. Ora Petrucci saprà come schivare Bianchini e, casomai Recalcati se pensasse ancora di sfidarlo, magari insieme al vate, come dirigente, lui sa, dirigente illuminato? Allenatore in pectore? e noi dobbiamo credere ai suoi chierichetti con incenso. D’altronde il presidente non ascoltò il suo Iago di Treviglio per far fuori Tanjevic due volte: come allenatore per un mondiale di merda dopo l’oro di Parigi, come ispiratore di progetti tecnici veri una seconda volta e adesso tutti si lamentano, come del resto nel calcio, del poco che si macina al mulino dei cesti.

Ora per il basket in notturna siamo pronti alle sfide scudetto e Messina sarà più d’accordo con il suo ex capitano Villalta che con il caro nemico Ataman. Re Renatone vede una Virtus più forte e completa, ma una Milano più motivata e arrabbiata che vorrà dimostrare di aver scelto bene anche se il fatto campo perduto e l’eurolega lasciata ai quarti non lo direbbero. Il turco campione d’Europa per due volte è stato gentile con l’avversario eliminato in coppa, ma è difficile capire la previsione radiofonica: 60 per cento Milano 40 Bologna. Certo Milano quest’anno ha vinto anche con la Virtus, ma non con questa rinforzata dall’Hackett che lasciò la nazionale per sfinimento dopo cazziate varie, alcune meritatissime come dissero anche a Milano congedandolo, dallo Shenghelia trapanatore d’area.

Si dovrà aspettare fino a martedì per capire in gara uno, sul campo virtussino, speriamo non arena forno, cosa separa le nostre api regine nell’alveare scudetto. Scariolo-Messina generali con più stellette allenatori che hanno saputo navigare nel mare di casa e in quello più difficile fuori confine. La difesa ferrea come stile di vita e di gioco per Ettorre siciliano cresciuto fra Mestre e Bologna, la passione per l’estetica, personale e nel gioco con variazioni per convertire il narcisismo anche in duttilità sulla regola che sarebbe meglio prima non prenderle per l’avvocato bresciano allevato da Sales, cresciuto con Bianchini, diventato hombre vertical a Pesaro e poi in Spagna, dal club alla nazionale.

A voi cari duellanti perché sappiamo che Scariolo non vedrà il rancido come ai tempi in cui Siena spopolava e Messina vorrà sentirsi allenatore a vita per l’Armani che intanto ha firmato un assegno di oltre 300 mila euro per adottare il verde e cinque campetti nella Milano dove se perdi ti portano alla panchina dei falliti in piazza Mercanti.

 

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