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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / A Vangelis, dolenti di gloria

Sabato 21 Maggio 2022

 

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Ha avuto una vita sufficientemente lunga, 79 anni, per battere i sentieri della ricerca, della sperimentazione, a volte invertire la rotta. Per parte nostra gli saremo sempre grati per quel crescendo sulla spiaggia livida.

Giorgio Cimbrico 

E così dopo Ian Charleson (Liddell), John Gielgud (uno degli arroganti rettori), Ben Cross (Abrahams) e Ian Holm (Mussabini) se n’è andato anche Vangelis, il tessalo che si chiamava anche Odisseo, Ulisse, e che in quel film ha lasciato la sua miglior musica, quella che gira sempre per la nostra testa, che ci commuove ogni volta che vediamo quel gruppetto che si avvicina – in primo piano un uomo, suo figlio e un labrador che parte a razzo – sguazzando nell’acqua (che è quella scozzese di St Andrews e non quella storicamente esatta della costa del Kent) e c’è chi è serio e chi sorride e tutti, dice la voce narrante, hanno il cuore pieno di speranze e le ali ai piedi. 

E pazienza se da noi hanno inventato quel titolo, “Momenti di Gloria”. Quello vero è “Chariots of Fire”, tratto da uno dei poemi di William Blake, che quanto a potenza e immagini sarebbe andato d’accordo con Vangelis Papathanassiou. E’ sufficiente fare un piccolo investimento e acquistare un bel volume della Taschen: la Divina Commedia illustrata da questo poeta, pittore, disegnatore che oggi, con uno di quegli aggettivi così di moda, viene definito visionario. 

Lo era anche Vangelis, nato quando la sua patria era occupata dai tedeschi e dagli italiani e nella sua prima infanzia vide gli orrori della guerra civile. Assorbì la musica della sua terra, poi il rock, e con Denis Roussos e Loukas Sideras, al tempo degli Aphrodite’s Child, miscelò nuove atmosfere al barocco con Rain and Tears seguendo la linea tracciata dai Procol Harum. Nel caso dei massicci e barbuti greci, Pachelbel; in quello dei misteriosi inglesi, Bach. 

Non tutta la colonna sonora di “Chariots of Fire” è di Vangelis: è sua il tema principale, che torna wagnerianamente come leit motiv, è sua quello stillar di gocce metalliche che accompagna l’avvicinamento alla finale del tormentato Abrahams. Nel corpus musicale del film di Hugh Hudson, premiato quarant’anni fa con quattro Oscar (il secondo di Milena Canonero, torinese con formazione genovese, meravigliosa costumista che aveva già vinto con il kubrickiano “Barry Lindon” e ne avrebbe conquistati altri due con “Marie Antoinette” e “Grand Budapest Hotel”), ci sono anche la leggerezza da operetta di Sullivan, i canti della tradizione studentesca, gli inni della funzione serale. In questo caso Jerusalem di Parry, orchestrata da Edward Elgar, cantore del meriggio imperiale. 

Blade Runner, Antarcitica, l’apparizione ai Mondiali di atletica ateniesi del 1997, l’inno dei Mondiali di calcio nippo-coreani del 2002, gli studi e il progressivo distacco dalla musica elettronica: Vangelsi ha avuto una vita sufficientemente lunga, 79 anni, per battere i sentieri della ricerca, della sperimentazione, a volte invertire la rotta. 

Noi gli saremo per sempre debitori per quel crescendo sulla spiaggia livida: si stanno avvicinando e due storie esemplari stanno per cominciare.  

 

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