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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Duribanchi / "Non tutte le Zeta sono eguali"

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Martedì 26 Aprile 2022

 

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“Sulla crisi dell'Occidente, sulla sua vocazione autodistruttiva, in nome di valori (sempre declinati quanto calpestati), sulla sua esigenza di “crescere” a scapito di qualsiasi equilibrio (economico, etico, sociale) una riflessione andrebbe fatta.”

Andrea Bosco

Non tutte le Zeta sono eguali. C'è quella del titolo del film di Michel Hazanavicius, pellicola d'apertura del Festival di Cannes che ha irritato il governo ucraino. E che ne ha chiesto assurdamente la rimozione (la Zeta del film – Comme Z – allude agli zombie e per traslato ai film di serie Z che in Francia equivalgono ai B movies degli Stati Uniti) rimandando quel simbolo a quello posto sui carri armati della Russia che stanno distruggendo le città ucraine. Poi c'è la Z dell'infame messaggio su Twitter del senatore (Movimento 5 Stelle) Vito Petrocelli (filo Putin) che ha vergato in occasione del 25 aprile: “Buona LiberaZione”.

Giuseppe Conte lo ha espulso dal Movimento. Non senza imbarazzo immagino, considerato che Conte ha avuto più di un flirt da presidente del Consiglio con il regime di Putin, fino a quella missione “umanitaria” dei russi a Bergamo durante la pandemia costata all'Italia 3 milioni di euro e sulla quale gravano pesanti ombre di “spionaggio”. Vale la pena di rammentare che Conte fieramente si oppose a cedere la delega sui Servizi Segreti fino a quando non fu sloggiato da Palazzo Chigi dal subentrante Mario Draghi.

Ma il prode Petrocelli, non nuovo a slappate a tutta lingua sul fondo schiena di Putin, oltre che grillino è anche presidente della Commissione Esteri del Senato. Qui esce l'ipocrisia della classe politica nazionale. Petrocelli, benché invitato a farlo, non ci sente di mollare la cadrega. E allora, come fare si chiedono i cacadubbi eletti dal popolo? Basterebbe, cari, si dimettesse tutta la Commissione. Lasciando Petrocelli a presidiare in solitudine. Consentendo al presidente del Senato di dichiarare Petrocelli decaduto. Oltre che consentire a Maria Elisabetta Alberti Casellati di dare un segnale della propria esistenza. Dai giorni della sua candidatura a Presidente della Repubblica (con contorno di fuoco amico) Alberti Casellati è letteralmente sparita dai radar.

Spiegava Sainte-Beuve che nella vita “arriva un momento nel quale basta una goccia per far traboccare la coppa del disgusto”.

PACIFISMO? – Pasqua ortodossa, messa di mezzanotte a Mosca, Cattedrale del Cristo Salvatore. Ci sono anche Vladimir Putin e il sindaco di Mosca, Sergey Sobyanin. Lo zar tiene in mano una candela. Sull'altare officia il patriarca Kirill. Benché “compagni di merende” (anche Kirill è un ex-KGB) non si baciano, come tradizione. Putin teme il contagio. Soprattutto teme di essere avvelenato. Come ha fatto e sta facendo lui con gli oppositori. I “suicidi” degli oligarchi ricordano sinistramente quelli ordinati da Stalin durante le “purghe”. Nondimeno c'è gente (tanta anche in Italia) che ritiene che con Putin si debba “dialogare”. Sono aficionados del macellaio moscovita (una associazione di macellai veneti ha, peraltro, protestato per l'accostamento), sono “dubbiosi”. Sono anti Occidente. Anti Stati Uniti. Anti NATO. Anti creazione di un esercito europeo. Anti armamenti. Anti estrazione del gas. Anti tutto.

E sono “pacifisti”. Avviluppati nel messaggio del pacifista per antonomasia: il Papa. Che, ovviamente, e non potrebbe essere diversamente, è contro la guerra. Che non ha mai nominato (e mai lo farà) Putin o la Russia. Che non andrà a Kiev (per comprensibili ragioni di sicurezza e perché la lesione al ginocchio gli impedisce di camminare), ma che chiede venga arrestata la “barbarie della guerra”. Cosa che assieme al Papa chiedono tutti gli uomini che hanno in orrore la violenza: cristiani e laici. Ha scritto The Economist recensendo uno spettacolo a Londra sull'Enrico V di Shakespeare che “la guerra è un omicidio indossando una divisa”. Milton si chiedeva cosa altro potesse generare la guerra “se non una guerra senza fine”? Ma come dialogare con chi non intende ragione? Con chi insegue sogni di perduta grandeur?

La pace bisogna volerla. L'idea di pace di Putin è quella di prendersi mezza, forse tutta l'Ucraina. E' quella di voler imporre ad un popolo la sua volontà imperialista. E' quella di tenere sotto la minaccia dei missili, paesi da decenni neutrali (come la Finlandia e la Svezia) che hanno chiesto di entrare a far parte della NATO. Putin vuole la guerra perché nella sua visione malata del mondo, solo la guerra può alimentare le ossessioni ben descritte da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera. Nella Russia odierna convivono oltre 200 etnie. La Russia si percepisce “imperiale”, non “nazionale”. Da qui l'idea di avere sempre una “missione da compiere”. Prima: Mosca incarnazione della Terza Roma, consacrata dall'ortodossia. Poi l'Internazionale comunista che avrebbe dovuto portare la Rivoluzione in ogni angolo della terra. Oggi la missione di combattere la Modernità nichilista. La Russia custode della Tradizione contro un Occidente privo di valori: corrotto ed immorale. Putin è un autocrate senza scrupoli che si è macchiato di crimini di guerra e dei quali probabilmente mai sarà costretto a rispondere.

BIENNALE – Ma sulla crisi dell'Occidente, sulla sua vocazione autodistruttiva, in nome di valori (sempre declinati quanto sistematicamente calpestati), sulla sua esigenza di “crescere” a scapito di qualsiasi equilibrio (economico, etico, sociale) una riflessione andrebbe fatta. L'Occidente con i suoi valori vende anche molto “fumo”. Non crede più nell'essere, ma piuttosto nel “non essere”. Esemplare quanto successo a Venezia alla Biennale. Il Padiglione Italia inaugurato dal ministro Franceschini consta di una sola area, costata al ministero 600.000 euro. Alla “messa in scena” hanno contribuito gli sponsor (la bellezza di 42 eccellenti nomi, internazionali e nostrani) per un salto nel “nulla”.

L'opera (temerario definirla tale, ma dopo l'astuto artista che vende cornici spacciandole come opere d'arte, era inevitabile che qualcuno si appropriasse dell'idea) dell'autore Gian Maria Tosatti, scelto dal curatore Eugenio Viola, selezionato dal commissario del Padiglione Italia, direttore della Creatività Contemporanea del ministero della Cultura Onofrio Cutaia, consta di uno spazio vuoto: fabbrica e macchinari. Niente altro. Un elogio della desolazione: l'individuo destinato all' estinzione. Il titolo è pomposo (“Storia della notte e Destino delle comete”) come abitualmente accade per le idee mediocri. Che per essere sostenute hanno bisogno di pubblicità. Oltre che di media compiacenti. Uno solo ha avuto il coraggio di affermare e di scrivere che l'opera della Biennale (che ha lasciato di stucco il ministro Franceschini) fa “cacare”: Vittorio Sgarbi.

Come non bastasse si entra nella “fabbrica” cinque alla volta (meno che per accedere al Cenacolo Vinciano) e in religioso silenzio. Il medesimo dell'autore e del curatore. Non risultano interrogazioni parlamentari a carico di Onofrio Cutaia per lo spreco di denaro imposto ai cittadini. Dal “non ente” di Heiddeger, al “nulla” di Tosatti, Viola e Cutaia. Il “capolavoro” della Biennale è stato concepito “prima” della guerra in Ucraina. Visto che la guerra è certamente “male”, facile che il trio (benedetto del ministero) si possa aggrappare alle “Meditationes de prima philosophia” di Cartesio. Proponendo il male come “nulla”. In fondo è quello che anche Agostino sosteneva. E quindi la “visione” potrebbe andare bene anche al di “là del Tevere”. Tosatti risulta essere vissuto dal 2019 al 2020 sia a Kiev che ad Odessa. Prima che Putin le mettesse a ferro e fuoco. Quando nelle fabbriche lavoravano gli operai.

TRIPUDIO – In Francia Macron è stato riconfermato presidente. Tripudio in Europa. La putiniana Le Pen (finanziata per la sua campagna elettorale da un banca russa) con i sui tredici milioni di voti non sfonda ma neppure si lagna. La Francia è zeppa di comunisti (di Melanchon) e di fascisti (di Le Pen e di un altro figuro antisemita e razzista). Sospiro di sollievo anche in Italia da parte del governo. Giuseppe “Tentenna” Conte, che non si era schierato prima del voto transalpino, si è prontamente riconvertito all'Europa. Berlusconi da sempre “autentico europeista” si è congratulato con Macron. Del resto se oggi si chiede a Berlusconi della dacia di Putin ci si sente rispondere “Quale dacia?”.

Brava, bene, bis Marine, ha scritto Salvini: “Sola contro tutti”. Ma con l'appoggio di Salvini. Che da alcuni anni non ne azzecca una. Prima la strategia dei mojitos e le cubiste sulle note dell'inno Nazionale. Poi la grezza sui “pieni poteri”. Poi l'uscita autolesionista dal governo. Poi l'ideona di uscire di casa con una felpa con sopra stampato il faccione di Putin. Poi gli affari con Putin: lo chiamano Russiagate e ancora stanno indagando. Ora l'appoggio a Orban (“lo ha ricevuto anche il Papa”) e a Marine Le Pen. Dalla parte giusta, mai. Ma con l'ambizione di governare il Paese. Non ditelo però a Giorgia Meloni che da tempo (visto che cresce nei sondaggi) ha spiegato a Berlusconi quale sia il “giro del fumo”.

Ha stappato champagne anche Letta che inizialmente aveva appoggiato la candidatura della sindaca socialista di Parigi, Hidalgo. Oggi Letta ha la grana Conte che bussa a quattrini da Draghi per le sue “battaglie di bandiera”. Che non vuole mandare armi in Ucraina. Ed esige “sostegni alle famiglie”. E poco importa se quel reddito (sei milioni di euro riscossi – dati recenti – illegalmente con punta dell'iceberg a Napoli) sia diventato, da quando è stato introdotto, un assalto alla diligenza. Perché per quelli come Conte, lo Stato è una cassaforte alla quale attingere, indiscriminatamente. Debito, più debito, sempre più debito.

Visto che Conte sembra ignorare la Storia, forse non sa che c'è stato un tempo, neppure tanto lontano, nel quale in Germania si andava a comprare un chilo di pane con una carriola di marchi: più o meno un milione. Si chiamava Repubblica di Weimar. Il “terrore” della odierna Germania. Il cui neo cancelliere ha “sfilato” il paese dalle sanzioni contro la Russia, continuando a comprare il gas da Putin. Non siamo al patto Molotov-Ribbentropp. Ma il cancelliere non è stato voluto a Kiev per le “trascorse” simpatie per Putin. E questo potrebbe essere un problema per l'Occidente. Considerato che pochi stati europei hanno fatto affari (vero Gazprom?) quanti con la Russia ne ha fatti la Germania.

25 APRILE – Con Putin traccheggiare è pericoloso. Ma si rifiutano di crederlo. Le bombe cadono in Ucraina e sembra di stare in un film. Ma è la realtà. La gente muore. I bambini muoiono, Le persone vengono deportate in Siberia. I russi hanno spazzato anche un Museo dell'Olocausto in Ucraina. Ma Israele non vuole farsi coinvolgere nel conflitto. Neppure sanzionando. E potrebbe pentirsene.

Intanto è staro archiviato il 25 aprile con la consueta sceneggiata dell'ANPI nella cui narrazione la Resistenza fu cosa “comunista”. Non è vero, ma nessuno è abile nella disinformazione quanto i marxisti. A Roma al corteo dell'ANPI (con il beneplacito del suo presidente Pagliaruolo?) sono stati esibiti striscioni contro la NATO e gli USA. Quegli USA (gli Stati Uniti, non l'URSS, gli americani, non i sovietici) che con un piano Marshall rimisero in piedi l'Italia. Che era stata nemica. Che era stata fascista, alleata dei nazisti. Che era in ginocchio. Che aveva perso la guerra. Quegli Stati Uniti che mandarono vagoni di armi ai partigiani. Gli Stati Uniti, non l'URSS.

La scuola mitridatizzata dalla “sinistra” ha colpe immani per la formazione “sbagliata” degli italiani. La scuola media nata il 31 dicembre del 1962, fucina di ignoranza e di ignoranti. Massacrata da insegnanti ideologizzati. La scuola che avrebbe dovuto porre fine alla discriminazione tra studenti benestanti, avviati ai primi scalini della scala sociale, e i meno abbienti che dopo tre anni finivano a bottega o in fabbrica. Peccato che una scuola per funzionare, inevitabilmente, debba essere selettiva: vanno avanti i meritevoli. Perché l'equazione “todos caballeros” non sta in piedi. Non può. Come sa, chi, come il sottoscritto, ha vissuto l'ignobile stagione del 18 “politico” all'università. Un solo dato, tra i mille possibili: in Campania, Calabria e Sicilia – secondo i test invalsi – escono dalla terza media ragazzi con competenze matematiche di poco superiori alle quinta elementare. Risultato: ragazzi con una licenza che non studiano e non lavorano. Peggio: che non si cercano un lavoro. Perché il lavoro lo vogliono facile: poche ore al giorno e fine settimana liberi. Perché in questo modo li ha abituati la scuola dei professori ignoranti che costruiscono ignoranza.

SPORT E DINTORNI – Di basket parla l'Orso. Per me solo il rammarico di aver visto la Reyer femminile uscire dalla corsa scudetto con Bologna. Ma brave le felsinee. Meglio i maschi che vanno ai play-off, probabile (se rientreranno gli infortunati) mina vagante. Nel calcio mentre continuano gli orrori arbitrali a senso unico (non sono complottista ma se anche il pacifico Pioli sbotta significa che misura VAR è stracolma), la sfida scudetto è ormai solo tra Milan e Inter. Auspicabile non sia una macchina o la presunzione di un “signor arbitro” a deciderla. Intano Il Sole 24 Ore ha raccontato che il 49% degli stadi italiani risale al 1949. Idem il 59% di quelli di B. Egualmente il 45% di quelli di C. Solo il 12 % è stato realizzato o ristrutturato dopo il 1990. Si attendono segnali da parte del governo e delle società. Ma soprattutto da parte della Federazione.

Mi attengo all'intervista di Malagò che chiede che “il tennis segua le indicazioni del CIO nel dire NO ai russi a Roma”. Non sono d'accordo. Perché gli atleti russi che si sono dissociati dalla guerra e da Putin non possono essere penalizzati per il solo fatto di essere nati in Russia. E per un altro motivo: personale. Mosca in guerra avrà rotto – come afferma Malagò – la tregua olimpica. Ma l'esclusione dal torneo di bielorussi e russi dagli Internazionali di Roma priverebbe questo appassionato dalla possibilità di vedere all'opera Daniil Medvedev (numero 2 al mondo) e Aryna Sabalanka (numero 4): un piacere per gli occhi. Lei, soprattutto.  

 

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