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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Duribanchi / L'impervio percorso della riconciliazione

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Martedì 19 Aprile 2022

 

bergoglio 

“Potrà mai l’Ucraina riconciliarsi con la Russia? Quanto tempo ci vorrà? Ci sono bestialità che scavano ferite non suturabili. Basta andare in qualsiasi villaggio polacco ad ascoltare cosa pensino dei russi. Basta andare a Budapest o a Praga.”

Andrea Bosco

Riconciliazione. Parola simbolo usata da Papa Francesco per auspicare la fine di tutte le guerre. E’ difficile il mestiere del Papa. Anche le migliori intenzioni, come quella di far sfilare in silenzio nel corso della Via Crucis, due infermiere (amiche tra l’altro), una russa e una ucraina, hanno suscitato polemiche. Non solo dalle parte di Kiev. Se è vero (come è vero) che in Italia alcune emittenti seguitissime dai fedeli, hanno oscurato quelle immagini.

Riconciliazione deriva dal latino reconciliatio. Indica la ritrovata armonia tra due coniugi senza la necessità di dover passare attraverso la mediazione di un giudice. In termini ecclesiastici (non ho dimestichezza con la materia, ma mi pare che la variazione risalga agli anni Settanta) sostituisce (o può sostituire) la confessione. Nel caso della Russia e dell’Ucraina, immagino che Putin prima di ottenere una “riconciliazione” con gli ucraini, dovrebbe però, prima, confessarsi. Dovrebbe ammettere le violenze, gli eccidi, le torture, gli stupri, le operazioni sacrileghe contro i cimiteri. Dovrebbe ammettere l’avidità, il cinismo, il dispotismo. Dovrebbe spiegare dove siano finiti quei 5000 bambini ucraini deportati (chissà dove) in Russia.

Il Papa certamente si riconcilierà con il vescovo ortodosso Kirill. Anche se a Kirill, nessuno di noi stringerebbe la mano. Ma potrà mai l’Ucraina riconciliarsi con la Russia? Quanto tempo ci vorrà? Ci sono bestialità che scavano ferite non suturabili. Basta andare in qualsiasi villaggio polacco ad ascoltare (ancora oggi) cosa pensino dei russi. Basta andare a Budapest o a Praga. Basta andare ad Helsinki, in quella Finlandia che (al pari della Svezia) ha deciso di abdicare alla propria neutralità per timore della minaccia costituita dalla Russia.

GUERRA E GUERRIGLIA – Nessuno sa quanto durerà la guerra in Ucraina. Probabilmente non i “dieci anni” orgogliosamente rivendicati dal suo presidente. Ma neppure i “giorni” ipotizzati da Putin e dai suoi comandi. E’ più che probabile che a breve cada il Donbass: troppo grande la disparità delle forze in campo. Ma la caduta di quel pezzo di Ucraina difficilmente porterà alla fine del conflitto. Inizierà, probabilmente, una guerriglia senza fine contro le forze di occupazione. Guerriglia che sfocerà in periodici attentati. Non sono un esperto militare. Ma ho letto abbastanza. E sono stato a Belfast e a Bilbao, quando quelle città erano punti “caldi” del pianeta.

Puoi piegare un esercito: non puoi piegare un popolo. Neppure strappando i bambini dalle proprie case e dalle proprie madri. Niente è più potente dell’odio che cresce nel cuore di un adolescente. Ma capisco le parole del Papa. Capisco che per l’Onnipotente nulla sia impossibile. E del resto anche tra gli uomini c’è chi chiede che “Caino non venga toccato”. Tra l’altro, tra gli uomini (nonostante i milioni di innocenti trucidati), Caino è assai popolare. Nel corso dei secoli ha mutato l’aspetto, la lingua, la statura. Sempre si è distinto per la cura verso i suoi baffi.

E’ difficile la missione del Papa. Ma forse (benché il suo magistero non lo contempli) Bergoglio dovrebbe essere più radicale nei concetti. Nessuno immagina un Papa che vada, brandendo una croce a Mosca, intimando a Putin di “fermarsi”. Ma l’effetto (modesto) delle sue parole (enciclica “Laudato sii”) in tema di ambientalismo, nei confronti delle nuove generazioni dovrebbe indurlo a valutare (forse) una nuova forma di linguaggio: anche in tema di “riconciliazione”.

La guerra tra Russia e Ucraina ha colto impreparato il mondo. Non tutto il mondo, ma in gran parte, sì. Gli effetti saranno (e a lungo) devastanti. Sia per chi la guerra sta subendo, ma anche per chi la guerra ha innescato. Lo sarà per chi (a fianco dell’uno o dell’altro contendente) si è schierato. E lo sarà anche per chi ha (inutilmente) tentato di “chiamarsi fuori”. Nel mondo “globalizzato” nessuno può pensare di farlo. Consiglio la lettura del saggio di Federico Rampini, “Suicidio Occidentale”, dall’esemplare sottotitolo: “Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori”.

Valori che andrebbero tutelati. Sono i valori nati prima nel “secolo delle cattedrali”, poi con il Rinascimento, poi con l’Illuminismo e la Rivoluzione industriale. Cattolici e protestanti. Non dovremmo dimenticarlo in una stagione che vede il declino del monoteismo a favore del panteismo. Quella che Rampini chiama Dea Madre: “più vicina all’induismo, a certe religioni sciamaniche dell’Africa subsahariana e ai culti maya”. Perché? Perché sappiamo che l’universo (recente scoperta) è nato un attimo dopo il big bang, più vecchio rispetto a quanto supponessimo. Ma ancora non sappiamo come accidenti facessero i Maya a conoscere il numero 0. Come lo avessero calcolato.

Ho ricevuto alcune critiche per aver “invitato” gli ucraini, nel mio ultimo “Duribanchi” ad “affondare la Moskva” onde accelerare la fine del conflitto. Giuste critiche. Mi è scappata (nella forma, più che nell’intenzione) la tastiera. La mia avversione per Putin ha fatto il resto. Tra l’altro l’affondamento dell’ammiraglia della marina russa (sul ponte della quale, ancorata davanti alla Maddalena, l’ex premier Silvio Berlusconi, nel 2003 stringeva la mano a Vladimir Putin) non ha portato alla fine delle ostilità. Non mi diletto in “macumbe”. Ma quel tragico evento si è realizzato. Tre giorni dopo che avevo scritto. E francamente la cosa mi sta preoccupando.

GLOBALIZZAZIONE – Torno alla globalizzazione e alle sue perversioni. A firma Alda Vanzan, Il Gazzettino ha pubblicato un articolo sui dati forniti dalla Guardia di Finanza, scioccante. Nel Veneto 8 cinesi su 10 non dichiarano i redditi: solo 9000 su un totale di 43.000 residenti. Niente di nuovo in paese allergico a pagare le tasse, con danno annuo stimabile a 41 miliardi di euro. Ma nel Veneto, anzi a Venezia, c’è un “di più”, angosciante. Le imprese cinesi (bar, ristoranti, botteghe di pelletteria, istituti d’estetica, vetri di Murano made in China) hanno una vita media di 900 giorni. Poi chiudono e i titolari svaniscono. Forse perché i soldi sono sporchi. Forse perché si tratta di riciclaggio.

E’ una abilità cinese quella di sparire. A Milano, in Via Paolo Sarpi, Chinatown meneghina, i cinesi “non muoiono”. O hanno scoperto l’elisir di lunga vita, oppure le morti non vengono dichiarate, i funerali non vengono celebrati e al loro posto dalla Cina arrivano persone a sostituire i “cari estinti”. Il giramento di balle è ai massimi livelli, ormai. Specie se ogni volta che vai a Venezia vedi lo “scempio” che è stato consentito in materia di esercizi commerciali. Non parliamo di Mose, di inquinamento, di Arsenale, di acqua alta e di grandi navi, di affitti, di città spopolata ma periodicamente assaltata dai turisti mordi e fuggi: ci vorrebbe un tomo della Treccani.

Quindi parliamo di Reyer. Un unicum nel basket italiano. Più giocatori perde (per infortunio o vicende tipo Sanders) più il gruppo diventa coeso. Più Walter de Raffaele viene criticato per il gioco monotematico (tiro da tre), più la squadra difende con i denti e con le unghie. Due su tutti: Cerella e Stone. Con l’aggiunta di Brooks. Adesso la Reyer dopo aver arrischiato di affondare è approdata ai play off. Offrendo a Sassari il sunto di come si debba vincere in modo “sporco”: 66-63 per la Bissona con punteggio da basket femminile ma intensità da uomini veri. Parliamo di donne? La Reyer femminile ha vinto largamente la prima contro Bologna. Giovedì si replica e non sarà facile contenere la voglia di rivalsa delle felsinee. Detto questo, lo confesso: io amo Martina Bestagno. E non vado oltre. Piccolo appunto sul basket NBA: vista Celtics-Nets. Finale pazzesco all’ultimo secondo per Boston. Memento: tu hai un giocatore (Irving) “fazzo tuto mi” che fa sempre canestro e ne mette 39. E perdi. Hai una squadra dove difendono e un solista (Tatum) che ne mette “solo” 31 e vinci. Serie lunga che si annuncia bellissima.

Letta l’intervista (Cazzullo- Vanetti) a Sofia Goggia sul Corriere: doppia fantastica pagina. Si è ulteriormente capito perché Goggia sia speciale. Tuttavia quell’entusiasmo per il professor Orsini (quello che teme la “disperazione di Putin” e avrebbe voluto che l’Ucraina si fosse arresa dopo un giorno di “operazione speciale”) con il quale sosterrà un esame, è apparso fuori luogo. Sofia oltre alle dispense del professor Orsini, si documenti sui libri di veri storici.

CALCIO – Per quanto interessi (me ne rendo conto) a nessuno, mi sono “dimesso” da tifoso della Juventus. E non perché la Juventus perda o giochi in modo ignobile. Sono stato (modesto) calciatore e so che nello sport dopo le vittorie arrivano le sconfitte. Dopo le gioie, le delusioni. Ma mi rifiuto di sostenere una squadra che indossa una divisa da “gelatai”. Quella maglia è una violenza alla storia della società. Un tifoso “serio” non può accettarla. Ha parlato Lapo Elkane in modo neppure criptico. Lapo è un geniale, simpatico imprenditore: fossi Allegri non dormirei sonno tranquilli. Non è in discussione il suo conto in banca. Ma la sua permanenza sulla panchina della Juve, potrebbe. Da inizio stagione (e nonostante Vlahovic arrivato a gennaio) la Juventus non è progredita. Brutta era ad inizio campionato. Bruttissima è adesso. Poi le vie del culo sono infinite. E magari la Juve potrebbe agguantare il quarto posto buono per la Champion’s. Potrebbe vincere la Coppa Italia. Il giudizio non cambierebbe. E Allegri, nel caso, avrebbe fatto meno di quanto fece Pirlo, prima di lui.

Il Milan è destinato a diventare arabo. Il fondo Eliott sta perfezionando la cessione. Cosa che si sapeva fin da quando gli americani erano subentrati al cinese (evaporato nel nulla: anche lui, come quelli di Venezia) più misterioso della storia dell’umanità. Con un “ma”. Gli arabi (sono quelli del City, stessa spiaggia, stesso mare) verseranno un miliardo e cento milioni a patto che nel “pacchetto” ci sia per certa la realizzazione del nuovo stadio. Tradotto: del business che la speculazione edilizia nella zona (previo abbattimento del Meazza) consentirà. Uffici e appartamenti. Che qualcuno sostiene siano stati già venduti “in pianta”. A Milano, neppure sarebbe la prima volta.

Per le anime belle: l’Inter bisserà lo scudetto. Mentre Gravina resterà al suo posto. Con il suo ridicolo procuratore federale (tutti prosciolti per la vicenda plusvalenze: ma si può imbastire una inchiesta giocando al fantacalcio?) con i suoi indecenti varisti, con i suoi arbitri, incapaci di vivere un turno di campionato senza precipitare nelle polemiche. Con il suo calcio da riformare che non andrà al Mondiale. Immagino che Gravina non guardi la Premier: è in altre faccende (politiche, soprattutto) affaccendato. Ma ogni tanto provi a dare uno sguardo. Io ho avuto la pessima idea di guardare, prima di Juventus-Bologna, il match tra City e Liverpool. E ho visto praticare un “altro sport”. Mi sono rattristato. Ma Gravina dovrebbe vergognarsi. Se il calcio italiano ha le pezze al culo la colpa è anche, anzi è soprattutto, sua. Per non aver fatto all’alba inoltrata del secondo mandato (dopo elezione bulgara) una riforma che è una. Ma si sa come va in Italia, in tema (non solo calcistico) di riforme. Non vengono fatte. E se le fanno, le fanno male.

Puoi essere famoso e ricco. Puoi essere il migliore nel tuo campo. Celebrato ed invidiato. Ma quando arriva il dolore è eguale per tutti: senza distinzione. E il dolore ha colpito in modo vile Cristiano Ronaldo orbato di uno dei suoi bambini, immediatamente dopo il parto della moglie. E’ morto il maschio. Ce l’ha fatta la bambina. A dimostrazione che le femmine sono geneticamente più forti. Cosa dire al campione? Solo “coraggio”.

DIPPY DAWG – Segnalazione per chi (come il sottoscritto) ama i fumetti. La Panini ha in uscita (a maggio) due libri su Pippo, celebre personaggio dei cartoni animati inventato il 12 maggio 1932, aggiornato nel tempo dagli animatori della Disney. Nato con la barba e con il nome di “Cane pazzo”. Infine ringiovanito dal disegnatore Art Babbit e dotato di gilet e cappellino. Partner di Topolino, ne “I pensieri di Pippo”, l’allampanato cane, si rivela. Denunciando un umanissimo pensiero “laterale”, Andrea Pazienza lo disegnò come una star spocchiosa e viziosa. Forse pensando a certe celebrità musicali britanniche o californiane. Ma Pippo è certamente “uno di noi”. Impossibilitati ad essere Topolino e men che meno Paperone. Pippo ci assomiglia. Anche se la maggior parte, immagino, si identifichi in Paperino.

Mi congedo ricordando Catherine Spaak: attrice, ballerina, cantante, conduttrice televisiva. La personificazione della “classe” in una donna. Non mi dilungo. Ho scritto nella mia vita troppi “coccodrilli” per affrontarne ancora uno. La rammento spensierata “figlia” ne “Il sorpasso”. E soprattutto “sogno impossibile” di Ugo Tognazzi ne “La voglia matta”. Un film che quando lo vidi mi annoiò per quel “matusa” che perdeva le “bave” per una ragazzina. Con la sua spider, i suoi guanti da guida, la sua “pretesa” di apparire giovane. Poi è arrivato (parecchio tempo fa) l’autunno della vita. Quando quel verso del Magnifico “Quanto è bella giovinezza che si fugge ... “ è diventata amara realtà. E rimpianto. Non tanto per le occasioni “mancate” . Ma per le cose non fatte bene. Per le cose “lasciate a metà”. Ci vorrebbero due vite: una da vivere. E una per “rimediare “ .

 

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