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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / L'eta' bislacca della cancellazione

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Sabato 29 Gennaio 2022
 
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Il revisionismo storico, figlio primogenito dell’ipocrisia e (perché no) dell’ignoranza, impazza a tutte le latitudini. Pare una corsa nella quale nessuno intende arrivare ultimo. E lo sport, anche quello più tradizionale, che fa? Si adegua.
 

Giorgio Cimbrico

Gli ultimi a cedere sono stati gli Exeter Chiefs, nobile squadra di rugby del sudovest dell’Inghilterra: i tifosi non potranno più portare i copricapi di penne che facevano parte del loro folklore e il simbolo della squadra non sarà più un sakem ma un guerriero celtico, con elmetto, della tribù dei Dumnonii che intorno al 300 a. C. abitavano tra Devon, Somerset e Cornovaglia. Prima di loro era toccato ai Washington Redskins di football, oggi solo Washington. Pellerossa non si può più dire.

In Australia hanno persino ritoccato l’inno. All’inizio non dice più “young and free”, ma “one and free”. Perché “young” sono i bianchi arrivati nella seconda parte del Settecento quando i nativi, quelli che per molto tempo abbiamo chiamato, con rispetto formale, aborigeni, lì vivevano da tempo.

C’è il forte sospetto che altri nomi, situazioni, musiche, abitudini, raffigurazioni siano in forte pericolo di fronte a questa onda lunga di iconoclastia massificata e approvata con entusiasmo da chi è sempre più disposto al consenso da spruzzare con una forte quantità di ipocrisia.

Perché, ad esempio, uno dei più antichi club di rugby di Londra deve chiamarsi Saracens? E’ un nome che può essere divisivo, aggettivo diventato purtroppo di uso corrente. Il fatto è che il gregge non sa che nel 1875 decisero di chiamarsi così ricordando l’invincibilità dell’esercito del Saladino, che era uomo saggio e tollerante, e che di lì a poco si amalgamarono con i loro rivali che, guarda un po’, erano i Crusaders.

Le imposizioni volute a gran voce – e spesso con atti violenti: Colombo abbattuto, Churchill insozzato – da chi della storia ha una deviata conoscenza stanno scandendo e rendendo sempre più bigia e desolata l’esistenza. L’esempio più drammatico di menti sconvolte che commettono un atto irreparabile è l’assalto dei fanatici alla Biblioteca di Alessandria, raccolta del sapere “pagano”. Altre distruzioni sono seguite in nome della fede.

Oggi la fede non c’entra. E’ sufficiente che il signor nessuno, armato di telefonino e adepto dei social media decida – Erostrato in 256° – di distruggere un episodio, un periodo, una reputazione. Troverà isterici e entusiasti compagni pronti a seguirlo, a impegnarsi a fondo nella crociata, parola che non si deve usare perché sennò qualcuno si incazza. Divisiva anche quella.

Sarebbe bello sapere tante cose. Ad esempio cosa conoscono della storia quelli che la vogliono cambiare, cancellare, darle nuovi format, altra parola di gran moda. Sarebbe bello spiegare, provarci, che la storia è un fiume limpido, tumultuoso, secco, sporco ogni limite di inquinamento. A “n” dimensioni, come diceva un grande storico.

Mi limito a un po’ d’arte e di documenti, anche visivi: i servi di pelle scura dipinti di Veronese e Tiepolo vanno coperti con la calce, come capitò alle intime nudità dei dannati michelangioleschi, prima che quei braghettoni fossero grattati via? L’insinuante Monostatos va eliminato dalla partitura del Flauto Magico? Il crudele capo Scar (Scout, secondo la versione italiana) merita che “Sentieri Selvaggi” subisca l’amputazione di migliaia di fotogrammi? E’ opportuno inserire frequenti beep quando Muhammad Alì o Martin Luther King pronunciano la parola “nigro”?  

Durante le feste è stato riproposto per l’ennesima volta “Via col vento”. Il doppiaggio di Mamie è rimasto lo stesso: “Signorina Rosela tu fare …”. Nell’originale il premio Oscar Hattie McDaniel non era così pittoresca.    

 

 

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