- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Politica e sport, "pezo el tacon del buso"

Martedì 25 Gennaio 2022

 

 elezione-presidente


La situazione politica del paese, sempre più oppresso dai debiti e dal Covid, si è avvitata in uno stallo che potrebbe preludere ad un disastro. Altro che le sbandierate riforme. E, nel suo piccolo, lo sport non è da meno.

Andrea Bosco

Amadeus, Giuseppe Cruciani, Claudio Lotito, Alfonso Signorini, Dino Zoff: sono alcuni dei nomi che (alcuni) “grandi elettori” hanno consegnato all’urna nella prima votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica. Senza vergogna, nell’anonimato della “gabina”. Senza rispetto: né per i cittadini, né per un Paese devastato dalla pandemia, né per gli stessi nomi indicati. Il resto una marea di “bianche”. Perché lorsignori stanno “trattando”. E cosa trattano? Le loro poltrone. E quella del presidente della Repubblica è la più ambita. Stanno trattando ora non avendo trovato il tempo per trattare “prima”.

La situazione politica si è avvitata in uno stallo che potrebbe preludere ad un disastro. Quelli che, incapaci di governare, avevano accettato, dopo averlo chiamato, Mario Draghi, ora se ne vogliono disfare. Lo vorrebbero incatenato alla presidenza del consiglio: per il “bene” del paese. Salvo congedarlo tra un anno quando forse, finalmente, si tornerà a votare. Perché se ne vogliono disfare?

Perché Draghi non risponde ad alcun partito. E come presidente della Repubblica boccerebbe qualsiasi legge non provvista di copertura. Eviterebbe gli sprechi che hanno portato ad essere il debito pubblico italiano, il terzo del mondo. Imporrebbe una riforma della giustizia (essendo presidente, il capo dello stato, anche del CSM) epocale, tagliando le unghie al potere delle “toghe”.

PARTITI ED EX – Il paese è ostaggio dei partiti: sordo ai segnali che sono in questi anni arrivati. Una Repubblica parlamentare che non sta più in piedi: nella prima i partiti erano 7 e sembravano troppi. Oggi sono 15, ma in realtà, divisi al loro interno in correnti e spifferi, risultano assai di più. Non conta la cosa pubblica: conta l’appetito insaziabile di una casta che una volta eletta pensa al proprio particulare. Prossima ormai al baratro: la disaffezione dei cittadini per la politica li ha portati a disertare in massa le urne. Ma i partiti non hanno ricette. Salvo quella di perpetrare se stessi. Incapaci di “vedere”.

Se verrà eletto un presidente a maggioranza, un presidente “divisivo”, Draghi saluterà. Essendo venuta meno la maggioranza di governo (tutti dentro tranne Fratelli d’Italia) che finora lo sta sostenendo. Non ci sono alternative a Draghi. Nessuno nel paese ha la sua statura internazionale. Dicono: ma è il presidente del consiglio che va a trattare in Europa e nel mondo. Luride anime: senza il paracadute Draghi, l’Europa guarderebbe con sospetto ad un Paese noto per non rispettare i suoi impegni. Anche se non si vuole ascoltare è finito il tempo delle mediazioni nel nome delle più improbabili candidature. Appellarsi alla Costituzione è un nobile esercizio che nasconde una verità che nessuno dice: la Costituzione è vecchia. Nata dal compromesso tra DC e PCI nel primo dopoguerra. E con il terrore dei costituenti di non lasciare spazio ad alcun presidenzialismo dopo il terribile Ventennio fascista.

A lungo in Italia si è co-governato: anche senza essere nella maggioranza di governo. Lo si è fatto tacitamente. E ancora lo si fa vorrebbe. Perché governando assieme per assecondare tutti si finisce per rinviare all’infinito i problemi, scaricandoli sulle generazioni che verranno. Oggi ogni italiano che nasce (sempre meno), nasce con un debito sulla testa pari ad oltre 20 milioni. Draghi non è un mago. Ma è l’antibiotico in grado di abbassare la febbre al malato Italia. Il rischio che lorsignori stanno correndo è quello di perderlo: sia come presidente della Repubblica che come presidente del Consiglio. Le possibilità che questa classe politica realizzi la frittata sono elevate. A meno di un, improbabile, Mattarella bis.

SPORT E CALCIO – Il tennis italiano si sta prendendo le sue soddisfazioni nella terra dei canguri, là dove hanno respinto la protervia di Nole, con Berrettini e Sinner. Lo sci azzurro registra l’infortunio di Sofia che sta arrischiando le Olimpiadi: ma Sofia è una guerriera e prima di arrendersi, combatterà. La bella, infallibile Dorothea ha ripreso a far centro. Mentre il basket piccolo di casa nostra con l’ennesima assurda mattana di Ale Gentile (che peraltro ha trovato immediato credito a Brindisi) e la crisi ormai conclamata della Reyer, illustra anche il percorso europeo di Milano che si candida per un ruolo importante nei play off di Eurolega.

Non così il calcio nostrano: alla canna del gas ma eternamente ancorato ai propri vizi. Incapace come la Ferrari delle ultime stagioni di sorpassare gli avversari, la Juventus di Allegri si appresta ad inserire Vlahovic per inseguire almeno quel quarto posto che consente di partecipare alla Champion’s. Ottimo attaccante, ma 70 milioni per una società con i conti in rosso sono una cifra pesante. Che senza dubbio condizionerà il futuro. Preso l’attaccante chi lo metterà nella condizioni di segnare? La Juventus ha (a parte Locatelli) pessimi centrocampisti. Almeno uno lo dovrebbe inserire. Ma chi? Ne sapremo di più entro la fine di gennaio. In classifica l’Inter continua a convincere. Meno il Milan delle ultime settimane. Meglio il Napoli e l’Atalanta. Tutte davanti alla Juventus.

Se il calcio penalizzato dal Covid va maluccio, se Mancini convocando Balotelli è forse alla disperazione, il settore arbitrale va di male in peggio. Giovani e inesperti, dicono. Risultato: strazio sul campo con decisioni cervellotiche e sbagliate. Accade anche nel basket. Ma meno. O forse “appare” meno. Visto che il basket risulta mediaticamente inferiore al calcio. Gli arbitri hanno accettato di consegnarsi alla tecnologia. Evitando di farlo “totalmente”.

Un protocollo bizantino e realizzato da gente che non ha mai preso a calci un pallone, che non sa come sul campo le cose accadono, che indottrinano dopo aver simulato alla play station, ha lasciato comunque ad ogni arbitro, tra campo e VAR una discrezionalità che finisce per realizzare l’orrido: la mancanza, inevitabilmente, di uniformità di giudizio. Ora gli arbitri assediati dalle polemiche hanno minacciato di scioperare. Pezo el tacon del buso, dicono nella Laguna del marinaio. Che resterà sulla sua nave. A terra un branco di iene sta popolando la riva. In attesa del “pasto”. Il marinaio vorrebbe evitare di soddisfare anzitempo gli “appetiti”.

 

 

 

Cerca