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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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I sentieri di Cimbricus / CIO: The Sex and the Circus

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Venerdì 19 Novembre 2021

 

cio-2022 

La posizione sui profili ormonali assunta dal Comitato Olimpico, non proprio esente dai cosiddetti interessi prevalenti, sia economici che mediatici, apre a qualche riflessione. Quanto ai risultati, chi vivrà vedrà.

Giorgio Cimbrico

Nelle sue ultime e fresche linee-guida, il CIO afferma che non è il caso di intervenire sui livelli di testosterone presenti in transgender e in atlete dall’anomalo profilo ormonale e che il limite dei 10 nanomoli per ogni litro di sangue potrebbe essere abbassato. Per non mostrarsi troppo invasiva la commissione precisa che sono, queste, indicazioni e che le federazioni internazionali potranno continuare ad agire in autonomia.

L’idea che mi sono fatto leggendo il documento, ha partorito un piccolo mostro che svolazza come il gufo nell’incisione di Goya. Che l’inclusione a tutti i costi sia la nuova frontiera del CIO, alle prese con una crisi di vocazioni (leggi candidature) che l’hanno costretto a un votazione simbolica per il 2032? Ha vinto Brisbane che al ballottaggio ha avuto la meglio su nessuno.

Aprire, abolire le barriere, includere, senza curarsi dell’equilibrio nella competizione può offrire una nuova gradita visione sia del Comitato Olimpico sia dei suoi bracci organizzativi provocando un ritorno di fiamma dell’interesse, anche quelli economico e mediatico, per non parlare dell’aspetto social che pare sia la nuova opinione pubblica.

E’ improprio, è offensivo usare la parola “circo”? Loro, è chiaro, proverebbero orrore, direbbero che da sempre celebrano la pace, la concordia, l’umanità e che il passo successivo non può che essere l’abbattimento della diversità che grazie allo sport attenua i suoi gradi, scolora, avvia verso l’uniformità, tutto al suono compulsivo della breakdance che sarà una delle colonne sonore – e una delle discipline – già nel futuro prossimo venturo di Parigi 2024. Qualche maligno, con retroterra libresco, può insinuare che più che a un circo tendano a un’Isola del Dottor Moreau, opera di H.G Wells non conosciuta come La Macchina del Tempo, ma meritevole di una lettura.

C’è, all’interno del gruppo di studio che ha steso la relazione finale, chi non ha mancato di notare che caratteristiche fisiche permangono dopo una mutazione di genere (la parola sesso, come è noto, è stata bandita) permettendo prestazioni che non possono esser raggiunte da chi appartiene in toto e per natura al genere femminile. Così come sono evidenti i vantaggi concessi dagli alti livelli di testosterone presenti nelle atlete superdotate sotto il profilo ormonale.

In ogni caso, riducendo a secca formula e senza scendere in particolari fisiologici o soltanto fisici, un’iperandrogina non è una transgender.

Di quanto stabilito in materia dall’ex-IAAF ho scritto di recente e un paio di volte: al di fuori della mia modesta comprensione è il fatto che, a meno non venga usata la pillola che va giù, le iper non possano gareggiare nelle distanze che vanno dai 400 al Miglio, altrove sì. I risultati delle “dirottate” Christine Mboma e Francine Nyonsaba sono eloquenti sulla portata e sulla validità del provvedimento che porta appiccicata l’etichetta Semenya.

Quando le grandi e ricche organizzazioni (o corporazioni) sportive si trovano di fronte a problemi più o meno lancinanti, di solito si comportano così: formano un gruppo di studio con commissioni e sottocommissioni dichiarano di avere a cuore il problema della salvaguardia degli atleti, chiedono il parere di luminari, elaborano statistiche, si servono di algoritmi, raddoppiano il loro impegno, garantiscono un futuro diverso.

Proprio di questi giorni o meglio di queste ore, è la dichiarazione di World Rugby, già International Rugby Board, alle prese con il problema, allargatosi a macchia d’olio, della demenza denunciata da molti ex-giocatori, alcuni di giovane età: d’accordo, le botte e gli impatti possono aver lasciato tracce, ma tra le cause trovano spazio l’alcolismo, il cibo spazzatura, il fumo, la solitudine, la depressione, l’obesità. Far dell’erba una nutrita serie di mazzi è la nuova versione del proverbio.      

 

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