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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Ranking 2021 / Italia: Marcell e Gianmarco, quasi un pareggio

Martedì 16 Novembre 2021


         jacon-tamberi 

Concludiamo il Ranking annuale con i nostri “Magnifici Sette”, una volta tanto con l’imbarazzo della scelta per una abbondanza cui non eravamo più abituati almeno dagli anni Ottanta. Un viatico e una scommessa per il futuro immediato.

Top Ten Uomini 2021

Gianfranco Colasante

1. – Marcell JACOBS
Non se ne avrà Giulio Cesare che gli rubiamo la citazione (“meglio primo in un villaggio che secondo a Roma”) a proposito del Numero Uno del nostro ricco vicus di atletica. Indiscutibile, come lo sgarbo della WA da buttarsi alle spalle. La pagina che Marcell ha scritto a Tokyo – alzi la mano chi l’aveva almeno sognato –, unico con due ori sul campo, è ancora da leggere e da interpretare.

 

Quel che resta è un’annata 2021 entrata nella storia per restarci: a cominciare da quel 6”47i agli Euroindoor, migliore crono al mondo al coperto, per finire al 9”80 di una notte stellare. Con una tendenza del ragazzo a riscrivere i “personali” solo nelle occasioni che contano: 7/100 in meno a Toruń sui 60, 15/100 in meno a Tokyo all’ottavo 100 dell’anno. Ci vorrà del tempo, e il vaglio di altri riscontri, per capire a pieno ma intanto gustiamocelo. Stupefacente. 

2. – Gianmarco TAMBERI

A dar retta al cuore, ci starebbe bene un ex-aequo, intimo come quell’abbraccio con Jacobs che è andato un po’ di traverso a tanti, sigillo a una di quelle storie da narrare ai nipoti, storie che solo lo sport – un certo tipo di sport – può e sa apparecchiare. Ma a parte i sentimenti, diamo a Gianmarco un secondo gradino che virtualmente combacia col primo, non fosse altro per averlo dovuto (e voluto) condividere con un altro grande, quel Mutaz Barshim già superato al Golden Gala. Una gara perfetta sfociata in una vittoria olimpica accarezzata per cinque anni, un gambaletto di gesso in pedana a ricordare l’impegno, una promessa e un monito, per di più colta alla 13ª gara stagionale (in tutto sono state 17, sei delle quali indoor, con un secondo posto agli Euroindoor) e corredata dalla migliore misura dell’anno. Da qui si può ripartire.

3. – Staffetta 4x100
I quattro cavalieri della nostra tonante rivincita, nomi da mandare a memoria – l’impavido Lorenzo Patta, Marcell Jacobs già con l’oro al collo, il curvista geniale “Fausto” Desalu, Pippo Tortu che vola accarezzando la pista – per un trionfo sognato da generazioni di velocisti. Bisogna risalire agli anni attorno alla guerra – il 1936 d’argento e il 1948 di bronzo – per imbattersi nei precedenti più recenti. Col corollario di tanti quarti posti, anche negli anni magici di Berruti e di Mennea. C’era sempre mancato qualcosa, un dettaglio, a volte il soffio volubile della fortuna ridotta a centimetri, ma quel podio era un miraggio. Fino alla notte di Tokyo, alla squilla di chiusura, ad una rincorsa inesorabile siglata da un 37”50 ed addolcita dalla soddisfazione/beffa di precedere d’un centesimo i britannici, vendicando le lontanissime Roma e Melbourne.

4. – Massimo STANO
Una volta si ringraziava “santa sorella marcia” che tante volte ci aveva salvato. Nell’atletica supertecnologica del 21° Secolo, i ringraziamenti vanno estesi a quanti ancora continuano a credere che la marcia abbia e debba avere in futuro. Ma, a quanto pare, le revisioni e le riduzioni non toccheranno la “venti”, nostro terreno di caccia come tradizione, malgrado i tempi fantasmagorici che periodicamente ci giungono dall’Asia. Il doppio merito del pugliese Stano – conterraneo di Antonella Palmisano con la quale divide l’allenatore Patrick Parcesepe – sta nell’aver creduto solo a se stesso ed aver sconfitto in casa loro i veloci marciatori giapponesi. Non è poco. Una gara condotta con astuzia per la prima metà, agguantata da protagonista dopo il 16° chilometro, decisa negli ultimi 2000 metri, debellando proprio giapponesi e cinesi. Un mito.

5. – Zane WEIR
Questo lanciatore venuto dagli antipodi, italiano per parte di nonno da meno di cento giorni, in Giappone ha superato ogni più ragionevole attesa, compensando largamente l’appannamento di Leonardo Fabbri, e inserendosi tra i migliori del mondo, in un parterre di grandi frombolieri da +22. Aperta l’annata olimpica con 21.11 in Sud Africa, ha proseguito prendendo confidenza con i 21 metri ed oltre proprio in prossimità dei Giochi: fino a classificarsi al quinto posto con 21.41. Non pago, nei meeting post-olimpici di settembre, alla ventunesima uscita, ho portato a 21.66 il personale. Il suo allenatore e mentore, Paolo Dal Soglio, che ha resistito col suo sfortunato quarto posto ottenuto ai Giochi di Atlanta, ha motivo di ritenersi soddisfatto due volte.

6. – Staffetta 4x400
Doppio obiettivo raggiunto e archiviato, la finale (certa), il primo “meno 3”, possibile ed auspicato. Un en plein sulla roulette olimpica, tanto più che i “meno 3” alla fine sono stati due, due record nazionali in successione. S’è sempre ripetuto che il termometro della salute di un movimento atletico è proprio nella staffetta del miglio: non tutti sono d’accordo, ma è anche vero che la gara distribuisce molti parametri. Quel 3’01”37, un muro invalicabile, risaliva al 1986, come dire un’era geologica fa (presidente era Nebiolo …). Lo ha cancellato un quartetto giovane – lanciato dall’esperto Davide Re, seguito dagli esordienti Vladimir Aceti (44”20), Edoardo Scotti e chiuso da Alessandro Sibilio (44”25) – per un 2’58”81 sufficiente appena per un settimo posto, ma di importante prospettive future. Oltre le attese.

7. – Alessandro SIBILIO
Dal Vesuvio con furore. Con quell’atteggiamento un po’ guascone e un po’ spavaldo, ma anche per complessione fisica, il ragazzo ricorda “Sir Drake” Hemery che al Messico fece storia togliendo manciate al record del mondo (48”12). Una stagione che ha dell’incredibile, quella del ragazzo napoletano, partita da un “personale” fermo da tre anni ad un mediocre 50”34 mai più avvicinato, fino all’ingresso in una delle finali più torride di Tokyo, in tre sotto il mondiale congelato da trent’anni e preso a schiaffi dal 45”94 di Karsten Warholm. Una epopea guardata da lontano, ma ciò che contava era esserci, anche col viatico del 47”93 in semifinale che in Italia ha solo tre precedenti con Fabrizio Mori. Un salto di qualità inatteso a tutti: dieci gare sugli ostacoli, quattro primati personali in successione, due finali olimpiche. Che più a 22 anni?        



 

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