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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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I sentieri di Cimbricus / Il fenicottero di Timisoara

Venerdì 8 Ottobre 2021

 

balas 


Monopolizzatrice della seconda metà degli anni Cinquanta e della prima metà dei Sessanta, Iolanda Balasz esercitò un dominio che ha pochi eguali, schiacciante con 142 successi di fila. Inarrivabile.

Giorgio Cimbrico

Ventidue anni fa, al Gala di Montecarlo che venne poco dopo la morte di Primo Nebiolo (il menù era listato a lutto …), ci trovammo (non è un plurale maiestatis …) nel tavolo accanto a quello di Fanny Blankers Koen, Al Oerter e Iolanda Balas. Ci alzammo e chiedemmo il dono di un autografo. Le firme vergate sul cartoncino (seccamente dall’ex-mammina volante, proclamata quella sera Atleta del Secolo: cordialmente dal pokerista del disco; con un lieve sorriso dalla trasvolatrice) equivalgono o direi “contengono” dieci medaglie d’oro olimpiche e a una quarantina di record del mondo.

In ordine di tempo, Blankers Koen venne a mancare nel 2004, quando si avviava agli 86 anni; Oerter nel 2007, a 81; Balas nel 2016, non lontana dagli 80. Se è vero che la morte rende più preziose opere e memorabilia, quel cartoncino deve avere un certo valore. In ogni caso, non me ne separerei. Il ricordo riaffiora giusto in tempo: sessant’anni fa, tra l’aprile e il luglio del ’61, Balas spiccò i suoi quattro balzi più alti.

Per via delle sue gambe infinite, Iolanda venne battezzata il fenicottero di Timisoara, la sua città natale. Nelle sue vene scorrevano sangue romeno e magiaro per parte di padre. Prima di venir smembrata con il trattato di pace del 1919, il regno di Ungheria era più del doppio di quella attuale: brani di territorio finirono al regno di Romania e a quello, appena nato, di Jugoslavia. E qualcosa toccò anche a un altro paese che stava emettendo i primi vagiti, la Cecoslovacchia.

Iolanda – o Jolan Balazs – lascia all’atletica un corpus di numeri ineguagliabili: 142 vittorie consecutive, due medaglie d’oro olimpiche, due titoli europei e un’onda lunga di 14 record del mondo, 14 che portarono il limite da 1.75 a un 1.91 che profuma di contemporaneità.

Monopolizzatrice della seconda metà degli anni Cinquanta e della prima metà dei Sessanta, Iolanda esercitò un dominio che ha pochi eguali, schiacciante: il primo titolo, a Roma ’60, venne con 1.85, con 14 centimetri di vantaggio sulla seconda, la polacca Jaroslawa Jozwiakowska, dotata di un cognome lungo quasi quanto il distacco che rimediò, al fianco delle altre piazzate, la britannica Dorothy Shirley e la sovietica Galina Dolya. Quattro anni dopo, a Tokyo, l’australiana Michele Brown riuscì a contenere in 10 cm: 1.90 a 1.80. Sempre un abisso.

Il primo record del mondo di Iolanda, che saltava con una versione perfezionata della vecchia “forbice”, venne il 14 luglio 1956, a Bucarest, con un centimetro di progresso sul limite della britannica Thelma Hopkins. Quattro mesi dopo, non ancora ventenne, finì quinta nella finale olimpica di Melbourne, colta dall’americana Mildred McDaniel con il mondiale portato a 1.76. Fu quella, per Iolanda, l’ultima sconfitta sino all’11 giugno 1967: dieci anni e mezzo con 142 successi di fila. Senza pari.

Nel ’57 Balas, che fu a lungo allenata dal marito Ian Soter, eguagliò il record di McDaniel, se lo vide sfilare per un centimetro dalla cinese Chen Feng-jung, che adottava la scarpetta “ortopedica” che di lì a poco sarebbe stata messa al bando dalla IAAF: quei sei mesi risultarono l’unica interruzione in quattordici anni di dominio. Dal 7 giugno 1958, quando superò 1.78, divenne la regina incontrastata. L’1.80 venne raggiunto due settimane dopo, a Cluj; 1.85 a Bucarest, poco prima dei Giochi romani. Per scalare 1.90 scelse il palcoscenico di Budapest, dando così soddisfazione alla sua “coté” magiara.

La montagna più alta venne scalata a Sofia, il 16 luglio 1961, nel corso del derby Bulgaria-Romania, in fondo alla gara perfetta: 1.60, 1.70, 1.75, 1.80, 1.85, 1.88, 1.91 sempre alla prima prova. Si resero necessari dieci anni e 50 giorni perché quel record, solido come la Rocca di Gibilterra, cadesse: toccò all’austriaca Ilona Gusenbauer, ventralista, aggiungere un centimetro, la stessa misura che un anno dopo, a Monaco di Baviera, diede la vittoria olimpica alla sedicenne Ulrike Meyfarth, seguace di Dick Fosbury.

Iolanda, gloria nazionale e ricoperta di onorificenze, rivestì la carica di presidente della federazione romena dal 1988 al 2005. Anche dietro una scrivania, era donna da lunghi cicli.

 

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