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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Nel paese delle pandette, zero misura, zero sobrieta'

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Martedì 21 Settembre 2021

 

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Gli assunti della settimana non si discostano molto dall’abituale: ci si accapiglia, ma le soluzioni restano un aspetto collaterale, la serietà un infortunio da evitare, i programmi un collaudato sistema per rinviare.

Andrea Bosco

“La follia è molto rara negli individui. Ma nei gruppi, nei partiti, nei popoli, nelle epoche è la regola”. Questa “scartata” da “Di là del bene e del male” (che ebbe un momento di celebrità per il film che “molto liberamente” ne trasse Liliana Cavani) è di Nietzsche Guglielmo Federico. Gigante del pensiero e uomo dai molti talenti gli toccò in sorte, per una feroce legge del contrappasso, vivere gli ultimi anni della sua esistenza devastato dalla demenza senile. Non mi spingo più in là nel territorio del filosofo, stante la pessima letteratura conseguita da Nietzsche per l’uso che di parte del suo pensiero venne fatto dal fascismo e dal nazismo.

Essendosi Guglielmo Federico schierato ferocemente anche contro Socrate, Platone e il Cristianesimo, (partorendo quel “nichilismo” che vaticinava la ineluttabile decadenza del mondo occidentale), in vita ebbe più nemici che capelli in testa. Leggere Nietzsche avvinghia ad un sentimento di paura: simile a quello che ti prende scorrendo il Vangelo di Giovanni. A me a lungo ha fatto questo effetto. Forse perché avevo studiato in un istituto dove gli educatori non mancavano mai di ammonire gli “educati” con il saluto che i frati trappisti si scambiavano prima di entrare nelle celle: “Memento mori: ricordati che devi morire”. Epoche, gruppi, partiti, popoli. Non so quale sfera di cristallo possedesse Nietzsche, ma direi che quasi ci siamo.


Si discute e ancora si discute del clima e di come ridurre le emissioni del gas serra. Intanto alle Canarie un vulcano fa salire l’isola dalla quale ha vomitato di 15 centimetri: con una sola eruzione. Tornado e trombe d’aria stanno devastando il pianeta. Piove e i silos dell’aeroporto di Malpensa diventano Atlantide. A Varese il vento raggiunge i 300 km di velocità. Negli States stanno “vestendo” le sequoie di amianto per salvarle dagli incendi. I poli sono in sofferenza, i ghiacciai scompaiono, ma Greta è una “gretina”, mentre i “Grandi della Terra” discutono e promettono. Senza mai mantenere. Fine corsa massimo tra 50 anni, assicurano gli esperti.

BASTA UN CLICK – Altra follia: la tirannia del voto diretto attraverso un click. La perversa democrazia istantanea adombrata da Gianluigi Casaleggio. Niente Parlamento, nessun partito, nessuna legge, nessuna discussione, nessuna mediazione: decide il pueblo. Premendo un tasto. Ma del resto cosa fanno di diverso i “figuranti” in Parlamento? Referendum a go-go. Vuoi farti un paio di pakistani al giorno? Referendum. Vuoi contestare il green pass? Referendum. Vuoi che le cazzate sparate in rete diventino la “verità”? Referendum. Ebete tirannia: in un paese già devastato dalla più aggrovigliata burocrazia del mondo. Dove un medico no vax, non può essere radiato perché manca alla legge un codicillo. Che doveva essere “aggiunto” nel 2020. Ma che causa pandemia è passato in cavalleria.

Nel paese delle “pandette” la legge è fatta in modo che i colpevoli e gli innocenti si mescolino. La legge come effimera idea. Non si va in galera, non si paga. Le pene sono sempre “ridotte” perché il reo deve essere “educato”. Non esiste certezza della pena. E nel paese degli azzeccagarbugli può non infrequentemente capitare persino che la vittima diventi “colpevole”. Non c’è coscienza del reato perché fin dalle mura domestiche, fin dai primi banchi di scuola, la tolleranza diventa negli adulti, complicità. La fatica di educare, di essere genitori, di essere professori è insopportabile per le generazioni che arrivate all’età del dattero, ancora si fanno le canne e vanno in motocicletta vestiti come Marlon Brando de “Il selvaggio”. Zero misura, zero sobrietà. Giri per strada e vedi ragazzine vestite in modo (raramente, ma ne vedi) meno vistoso delle madri. Che non ne vogliono sapere di invecchiare. Mostruosità imbottite di botulino: labbra, zigomi, seni e fondoschiena gonfiati.

Mi prenderò le ire della Murgia. Ma francamente me ne sbatto. Una che è arrivata a dare del “patriarcale” a Benigni per aver affermato che “deve tutto alla moglie” per me può dire qualsiasi cosa. La giudico “irrilevante”: per dirla con il segretario del PD, Letta, a proposito della Lega “di Salvini”. Perché viceversa, la “Lega buona”, quella di Giorgetti e Zaia, a Letta piace. Vizio antico quello della sinistra italica: avere la pretesa di selezionarsi anche gli avversari. Detto tra noi: Salvini non lo comprendo. Al suo posto i Borghi e compagnia no vaccini e no green pass li avrei già spediti fuori dal partito. Neppure Meloni capisco, ma almeno la leader di Fratelli d’Italia fa il suo mestiere: l’opposizione. Ho difficoltà a capire anche Berlusconi: alle prese con una pretesa visita (psichiatrica) assurda e senza precedenti (da parte della Procura di Milano).

RAVE PARTY E FARSA – Berlusconi stranamente (o forse no, visto che qualcuno ha fatto credere al Cavaliere di poter davvero aspirare alla successione di Mattarella) conciliante con Lamorgese. E non parlo di migranti, per i quali la vergogna si chiama Europa. Parlo degli 8000 del rave party entrati in Italia ad “insaputa” del ministro dell’Interno, “monitorati” ma mai sgombrati da una proprietà privata: pri-va-ta. Maniere forti e violenza sono sempre da evitare. Ma gli idranti contro chi vende droga con tanto di prezzario, rompe i maroni al prossimo con musica a palla per una settimana. Defeca, minge, scopa en plein air, sporca, lascia quintali di spazzatura, ruba, abbatte animali, provoca danni per 40.000 euro: beh, gente simile non può andarsene, senza – come è accaduto – non saldare il “conto”.

Lo stato ha in questo caso “abdicato”. Inutile attribuire responsabilità ai prefetti, ai questori, alle forze dell’ordine, ripetutamente invitate a tenersi a distanza e a non “intervenire”. La responsabilità è del ministro Lamorgese che dovrebbe avere la decenza (dopo aver fornito in Parlamento una informativa grottesca) di dimettersi. Non poteva “non sapere”. E non si capisce come Mario Draghi possa affermare (senza avvertire il senso del ridicolo per la sua affermazione) che il ministro “lavora bene”. Difesa dalla sinistra tutta, Lamorgese ha incassato il “non luogo a procedere” anche della destra: Machiavelli chi era costui? A preoccuparsi di Lamorgese dovrebbe essere anche l’Europa: se in 8000 possono entrare in Italia indisturbati anche in tempo di Covid, significa che probabilmente potrebbero farlo anche dei terroristi. Permettere a 8000 sbandati di entrare in Italia a farsi “licazzisua” è un segnale. Di debolezza, di ignavia, di incapacità, di inefficienza.

Ma l’Europa anche in questo caso non farebbe un plisset, occupata a discettare di Prosek (che non è uno psicofarmaco) vino che i croati vorrebbero mettere in circolazione scippando l’originalità al Prosecco italiano. Come del resto hanno fatto gli ungheresi quando, consenziente Bruxelles, si sono “ciuffati” il Tocai. Come vorrebbe fare la Slovenia con un aceto balsamico che di balsamico non ha un tubo. Come da anni fanno quelli che impunemente, nell’indifferenza dei burocrati continentali, smerciano formaggio Grana che tale non è. E San Daniele che del prosciutto neppure ha l’aspetto. Mi taccio sulla misura delle cozze perché neppure Pirandello avrebbe saputo creare una vicenda tanto farsesca.

Del resto il concetto di farsa si sta estendendo. La nota rivista statunitense ha stabilito che “Like a rolling stone” (brano che da oltre 20 anni primeggiava in classifica come il più bello mai da musicista concepito) debba cedere il passo a “Respect” di Aretha. Perché in tempi di mee-to è arrivata a Bob Dylan l’accusa (vera, falsa, chissà, si vedrà) di aver molestato (56 anni anni fa) una ragazzina. Accusa che in pratica si potrebbe fare alla totalità del genere umano. Visto che (quando Berta filava), il gioco del “dottore” era assai praticato dagli adolescenti.

MONTANELLI – Più seria la situazione a Milano, dove il sindaco Beppe Sala ha consentito che in un museo pubblico (Mudec) venga esposta l’opera (?) di Cristina Donati Meyer (più attivista che artista e autodefinitasi “artivista”) riproduzione della statua di Indro Montanelli (il grande giornalista in questa brutta versione sembra un alieno uscito da Star Treck) che sulla sua Lettera 22 accoglie con velo bianco un fantoccio nero raffigurante Destà, la ragazzina etiope con la quale Montanelli militare durante la guerra coloniale in Africa ebbe una relazione da lui stesso raccontata. Non vale che la “morale” allora fosse diversa da quella attuale. L’episodio, del resto, non fa onore alla storia del numero uno indiscusso del giornalismo italiano. E non vale che Sala quando la statua di Montanelli fu imbrattata da quella che recentemente Economist “ha definito” la sinistra illiberale “si fosse speso a dire Montanelli non si tocca”.

Vale la proporzione: quello che ha fatto Montanelli per Milano (facciamo qualche ferita ad opera delle Br? Facciamo la fondazione del Giornale? Facciamo l’apporto liberale ad una informazione non ancora ammorbata dal web? Facciamo il contributo, con i suoi libri, alla divulgazione della Storia d’Italia? Facciamo una voce “fuori dal coro” quando nel “coro” tutti (o quasi) si intruppavano? E quello che ha fatto, per Milano, Cristina Donati Meyer. Il sindaco Sala ha contribuito a fare di Milano una città internazionale. Con le Olimpiadi invernali e forse con il nuovo Stadio, certamente con le nuove opere che stanno arricchendo la sky line meneghina sempre più (internazionale) la farà diventare. Visto che sarà rieletto (a mio parere), consiglio il sindaco di ascoltare anche quelli che non concordano con il suo modo di fare politica. Sono anche loro milanesi. Di origine (pochi) o di adozione (la maggioranza). Pagano le tasse, non vanno sotto a Palazzo Marino a far casino. Magari non lo voteranno ma fanno parte del patrimonio della città.

Indichi Sala una sola ragione (evitando la parola “censura”: non sarebbe – Sala ne converrà –, questo il caso) per la quale di quel patrimonio debba far parte una artivista in cerca di “reclame”: come sibilava alla telecamera l’irriverente Funari. Dice che la politica sia screditata. Il candidato della destra a Milano, il pediatra Bernardo, stimato professionista, ha minacciato di ritirarsi: questione di mancati copechi mai versati dalla “coalizione” che lo sostiene. Almeno dovrebbe: sostenerlo, intendo. Peggio di lui ha fatto Giuseppi, leader dei 5 Stelle, che presentando la candidata sindaco del Movimento l’ha confusa con una quasi omonima pornostar. Nessuno si senta autorizzato a concludere: “ergo”. Capita di confondere e di confondersi. Capita.

SPORT E BASKET – Mentre il mondo occidentale è davvero convinto che ci siano anche “i talebani buoni” e che gli scempi perpetuati a Kabul e nel resto del paese siano “danni collaterali” (ma leggetelo il Corano: sforzatevi, magari potreste capire) prossimo alla disperazione dico qualche cosa sulla lunga stagione vincente dello sport italiano. Ganna ha nuovamente messo il motore alla sua bici. La Nazionale di volley maschile ha replicato l’Europeo delle ragazze. A Misano nel giorno dell’addio del Dottore, Pecco ha fatto durare le gomme della sua Ducati e perdere letteralmente la voce a un Sergio Meda mai sentito a tali decibel. Visto Antonio Conte commentare a Sky: meglio come allenatore. La rotellina di Dazn è continuata a girare imperterrita anche nell’ultima giornata di campionato. Tanto per informare. Nel calcio le milanesi e il Napoli stanno facendo la voce grossa. La Juve (2 punti in quattro gare) più che notizia fa scalpore. E molta tenerezza: i cicli finiscono e il segreto è quello di capirlo in anticipo.

Ho visto vecchie glorie del parquet scambiarsi improbabili canestri su Eurosport. Io, l‘Orso (con figlio e consorte: specie la signora Orso che aveva calcato ad alto livello e ci faceva ogni settimana “neri”) alla loro età, sul campetto adiacente via Washington decisamente facevamo meglio. Vista anche la SuperCoppa: caro Gandini, se si vuole “uccidere” il basket offrire “massacri” tipo Milano-Treviso (tutta la comprensione del mondo a Menetti e ai suoi, costretti da un calendario da tela di Magritte a giocare due volte nel giro di 24 ore) è il modo giusto. Comunque: Casarin e Bortolani si stanno facendo. E se ancora capisco di basket, quel play con il numero 10 che mi pare si chiami Pellizzari si farà. Spettacolo infelice per la disparità uomini contro bambini. Ma perfetto per far dirottare ragazzi e ragazze (con il fisico adatto al basket) sui campi di volley. Dove giocano i migliori, dove si compete davvero, dove Federazione e Lega sanno fare il loro lavoro. Dove dopo la Disneyland nipponica hanno dato la sveglia a tutti. Dicono che ci vorrebbe una grande vittoria internazionale per rilanciare il basket italico. Da escludere (ragionevolmente) con le nazionali. Magari i club.

Le ragazze con Bologna, Schio e Venezia, sembrano competitive. Magari l’Armani se qualcuno in campionato proverà ad “allenarla” in vista dell’Europa. Ma a parte la Virtus, l’Umana e Brindisi non si vedono competitor all’altezza. La Supercoppa ha dato l’esito che era nei voti della Lega: finale Bologna-Milano. Contro l’Armani bella la gara (che non è bastata) di Brindisi. Contro Bologna (priva del suo totem per il brutto infortunio patito con Tortona), la squadra di De Raffaele (ancora senza Bramos e il greco Chara-eccetera) perde di un punto. Buona difesa ma black out prolungati in attacco. E poi Teodosic: da solo il fatturato del serbo, in tema di punti, è risultato doppio rispetto a quello della coppia De Nicolao-Piliph (assai deludente) insieme. In tema di assist mai stata gara: Il Mago è il Mago.

 

 

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