- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fatti&Misfatti / Olimpiadi addio, vai col Tiggi'

Lunedì 9 Agosto 2021

 

jacobs-chiusura 2 


“Se la stampa straniera ironizzava giurando di non conoscere Jacobs, come poteva sapere dell’indagine sul nutrizionista abbandonato, l’amico d’infanzia che nel processo ancora da svolgere si dichiara addirittura parte lesa?”

Oscar Eleni

Dal museo milanese delle illusioni, inventato da un croato, bello quasi come le montagne fluttuanti cinesi Tianzi, finto pianeta in Avatar. Eravamo nell’immaginario. Come le troppe cose che vorrebbero farci digerire dopo Tokyo gli stessi che mai si sono vergognati di considerare sport minori quelli che, partendo dall’atletica, hanno dato gloria e titoli, gli stessi che non hanno mai considerato l’educazione sportiva, lo sport stesso, importante per una scuola emancipata. Serviva la stanza dove i nani si sentono giganti e viceversa, era necessario stare in piedi nella camera inclinata, perché Giochi come quelli di Tokyo ci hanno portato in zona pericolo, quella dove il cervello non si accorge della mancanza di equilibrio.

Nei titoli, nelle cronache, nelle chiacchiere. Confessiamo che nella prima notte di quiete, senza la sveglia per vedere di notte, nel sole sorgente, il grande nuoto, sempre magnifico, la vera atletica senza lepri e artifici, abbiamo avuto incubi come in tutta questa Olimpiade della resurrezione ideale: il Tiggì della RAI. Pubblicità agli ottusangoli, acque minerali che diventavano veleno se, come dice Cimbricus, re del toto Tokyo, principe capace di raccontare storie sublimi, ci rubavano gare straordinarie. Ad esempio il diecimila della Hassan, fine di un cammino regale, sfinita sulla pista, invocando acqua da chi, CIO, federazione mondiale di atletica, non ha imposto spugnature e ristori nelle corse lunghe.

Quella ragazza etiope diventata fenomeno sotto il cielo d’Olanda era tutto: il massimo per la prestazione, il simbolo della multietnicità di Giochi che ci hanno regalato speranza. Lei come i norvegesi della pallavolo in spiaggia, loro come tantissimi altri nei Giochi dell’incredulità se l’Italia ha vinto 5 medaglie d’oro in atletica venendo dalla carestia di Rio, da grandi delusioni.

Ecco questo trionfo che ha spinto gente senza pudore a correre per salire sul carro lasciato da Giomi a Mei il fortunato, guidato alla grande da Zapata La Torre, ci ha stordito per molti giorni: non solo medaglie, primati nazionali, personali. Una festa che per la riccanza e l’ignoranza fa parte dello stellone nazionale. Forse era meglio informarsi dei viaggi a Tokyo per studiare ambiente, reazioni del fisico, prendere dati, non a caso ci erano stati mandati i marciatori, Stano e Palmisano in testa. Insomma il La Torre studiava, anche se il nuovo governo, per prima cosa, promise una nuova conduzione tecnica.

Di sicuro a Sport e Salute, intervistati da Volpi nei giorni della vendemmia olimpica, si saranno resi conto che il CONI aveva bisogno di autonomia e ne avrà sempre più bisogno per pensare soltanto allo sport e alle federazioni dove i tecnici, nazionali e di base, hanno bisogno di aiuto. Restiamo in attesa di veder realizzato il progetto promesso da Vito Cozzoli, numero uno di S&S, per un assalto mimetizzato alla scuola ostile, mandando sul campo i tutor laureati in scienze motorie, figli della famosa Scuola dello Sport ora quasi dimenticata.

Negli incubi dei famosi Tiggì che ci facevano cantare ed imprecare, salvati da Gigi Proietti e dal suo “Son contento di morire, ma mi dispiace, mi dispiace di morire ma son contento”, abbiamo davvero marciato con il mondo dell’Olimpiade alla cerimonia di chiusura, seguendo l’inno alla gioia bella scintilla figlia di Elisio, il tandem con diamanti nelle mani, nel cuore, nel cervello formato da Beethoven e Schiller. Inno alla gioia e al sole dello sport ritrovato, anche se svenduto e mascherato. Solo per un attimo, nella cerimonia di chiusura, quella dove la fiamma si stava spegnendo ci è venuto in mente che anche nella festa, nel tripudio di Malagò e del CONI, qualcuno fuori dalla porta dello stadio stava mangiandosi il fegato ed era pronto a vendette, calunnie, licenziamenti.

Sbalorditi per il trattamento del ciclismo a Cassani, tormentati, per aver frequentato il rettilario, dalla lettera dei fiorettisti contro il Cipressa che forse doveva togliere il salva punta per parlare con certi ragazzi e certe ragazze. Non diciamo che Cassani e Cipressa sono usciti bene, ma, come fu consigliato a Mei e a Petrucci, che smaniavano per mandare via La Torre e Sacchetti, sarà meglio ragionare senza entrare nel circolo Zamparini-Cellino. Valutare le situazioni. Abbiamo parlato anche di calunnie, il bombardamento con droni giornalistici per i successi di Jacobs, persino per l’oro diviso fra Barshim e Tamberi, cosa criticata dai molti finti sportivi che se non vedono dramma, sangue, non si divertono e fanno incazzare il barone di brutto, figurarsi per la staffetta dove abbiamo ritrovato le tracce di una grande scuola e riportato alla gloria il Filippo Tortu che poteva uscire stritolato da una stagione pandemica e tormentata.

Diciamo che La Torre, Malagò, hanno risposto bene e subito, ma nel momento in cui i Tiggì ci obbligavano a sentire i soliti noti valorizzatori di ignoranza e disumanità ci è venuto un dubbio atroce. Se la stampa straniera ironizzava giurando di non conoscere Jacobs, anche se campione europeo indoor, come poteva sapere dell’indagine sul nutrizionista abbandonato, l’amico d’infanzia che nel processo ancora da svolgere si dichiara addirittura parte lesa?

In passato i colleghi stranieri ci facevano interrogatori suggeriti dall’Italia sul mezzofondo, su Mennea, persino su santa Simeoni, scherzando, ma non troppo. Ora, pur ammettendo che al Washington Post e nei giornali inglesi, siano più accurati, qualcosa ci dice che la calunnia è partita proprio dall’Italia. Preferiremmo sbagliare, ma, sapete, fra Tiggì ospite nella spedizione olimpica e percentuale variante dei vaccinati, conoscendo le guerre di religione del passato, non ci stupiremmo se la gola profonda fosse uno Iago nostrano.

Comunque sia, preferiamo una Olimpiade in maschera e senza pubblico a quello che ci aspetta nei prossimi mesi. Già i calli del calciatore famoso stanno prendendo il sopravvento, ma ci teniamo le nostre emozioni, benedicendo il primo oro di Puglia, maledicendo il batterio che ha fatto diventare quasi tutte le squadre italiane ai Giochi delle bambole senza testa o quasi, risvegliando chi già processava nei giorni dell’unico oro, anche se argento e bronzo dicevano che stavamo facendo proprio bene.

Voti alle squadre tenendo al freddo quelle del fioretto e della pallanuoto, e sottovuoto quella del softball padrone d’Europa ma ancora lontana dal mondo, mandando al museo milanese di via Settembrini i due generali della pallavolo rimasta senza cena.

Resta la sufficienza abbondante per il basket battuto dall’Australia medaglia di bronzo e mandato a casa dalla Francia medaglia d’argento. Inchino al CIO e a Coe per aver portato alla cerimonia di chiusura la premiazione della maratona, prima le donne, poi il mitico Kipchoge, due ori come Bikila e Cierpinski, senza chiedergli se le scarpe lo hanno aiutato perché soltanto gli ipocriti possono pensare male, paragonando le nuove suolette ai costumoni che il nuoto ha poi vietato, anche se pure quelli sembravano evoluzione logica, tipi da evitare come quel maratoneta francese, speriamo intontito da caldo e umidità, che ha buttato a terra le bottigliette di tutti al rifornimento.

Pagelle dal museo delle illusioni:

10 e lode – Alla spedizione italiana, non solo i medagliati, ma per aver detto al Paese che i loro sogni sono stelle danzanti da non fermare mai, a casa, a scuola, nella vita.

10 – Ad Ettore Messina, per far capire che non ci siamo dimenticati del basket, senza volerlo illudere che saranno solo giudizi positivi quelli della rivoluzione Armani, ma per il bellissimo ritratto sulla Gazzetta vera, quella delle riflessioni e non degli orgasmi, di Popovich, oro extrasensoriale nel basket con gli USA, suo capo allenatore negli anni trionfali a San Antonio.

9 – A Julio VELASCO che fra i tantissimi inviati della RAI, molti anche bravi, molti anche impreparati, troppi inutili se non dannosi, ci ha fatto pensare, guardare nella direzione giusta vittorie, sconfitte e condividere, ogni tanto, il suo voltastomaco.

8 – A MALAGÒ e MORNATI per come hanno diretto l’orchestra da Casa Italia, dicendo pane al pane e stupido a chi se lo meritava.

7 – Alla madre di Faustino DESALU oro in staffetta, arrivata dalla Nigeria, una che anche la sera degli inviti televisivi, per la festa dell’oro, si è scusata dicendo che doveva lavorare e fare la badante. La sua medaglia è per come ha allevato un figlio con tante qualità atletiche. Non ce ne sono tante.

6 – A tutte le medaglie di legno dell’Italia, a quelli che hanno dato il meglio anche se non saranno ricordati come i principi attesi al Quirinale, speriamo non dopo trattative per liberarsi del tetto sull’autobus e delle maschere nel viaggio.

5 – Al CIO e alle FEDERAZIONI che si sono preoccupate più dello spettacolo, del ritorno d’immagine che di orari che non mettessero a rischio la salute di atleti fortunatamente salvati spesso dall’esercito senza armi dei volontari, il più bello del mondo.

4 – All’ITALIA che applaude senza rendersi conto che Francia e Gran Bretagna, ad esempio, pur senza ori, hanno una organizzazione per lo sport nella scuola che noi aspettiamo dal primo giuramento nella nuova Repubblica.

3 – Ai meritatissimi premi olimpici CONI che superano i 7 milioni se non si penserà a distribuire la stessa somma alle società di base, agli allenatori, ai dirigenti volontari.

2 – A PARIGI se non difenderà davvero l’idea dell’Olimpiade come quando nell’anno dell’esposizione universale fu scomunicata dal Barone de Coubertin che poi la premiò con la bella edizione del 1924.

1 – Ai PESSIMISTI che non credevano all’Olimpiade, a quelli che ricordano soltanto i debiti di Giochi che volevano essere e sono stati resurrezione e non soltanto di certi ideali.

0 – Agli SMEMORATI che domani vieteranno ai figli di andare su un campo, a quelli che è meglio un calcio d’angolo di qualsiasi medaglia olimpica. Ai nostri campioni che hanno rinunciato ai Giochi se non arrossiranno davanti al brasiliano Alves, calciatore, quello con più tituli, che a quasi 40 anni ha fatto da balia alla giovane Seleçao, giocando alla grande.

 

 

Cerca