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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Che fine hanno fatto gli Stati Uniti?

Lunedì 9 Agosto 2021

 

holloway


Le nuove gerarchie atletiche dopo Tokyo: praticamente sparite Francia e Germania, la nuova Europa continentale e post Brexit ha ora i paesi guida nell’Italia, nella Norvegia, nella solida Polonia.


Giorgio Cimbrico


Le prestazioni che hanno lasciato il segno, che a qualche vecchio suiveur hanno strappato un gemito, in una “recerche” del tempo perduto e ritrovato (“ma qui siamo di fronte a un nuovo Mexico ‘68”) sono il 45”94 di Karsten Warholm, ancora ammantato di un’aura di irrealtà per chi è cresciuto a forza di 48”, di 47” e di una “rara avis” siglata 46”; l’euro 3’28”32 di Jakob Ingebrigtsen che prelude a un attacco del ragazzo con il “ritmo dentro” al record mondiale, non lontano dal quarto di secolo e sempre freschissimo nella memoria, di Hicham el Guerrouj; il 9”80 di Marcell Jacobs, terminale di una raffica di tre record italiani e due europei.

 

Questi tempi vincenti sono qui annotati secondo la posizione che sono andati ad assumere nelle liste di sempre: primo Warholm, settimo Ingebrigtsen, decimo Jacobs. Usando questo parametro, l’Italia può tenere il passo non lontano dalla Norvegia grazie al 37”50 della 4x100 Patta-Jacobs-Desalu-Tortu, quinta formazione di tutti i tempi dopo Giamaica, USA, Gran Bretagna e Giappone.

Norvegia e Italia hanno regalato perle nere o brillanti perfettamente tagliati, la Polonia ha mostrato solidità e versatilità: doppio martello, 50 km di marcia, staffetta mista, metamorfosi riuscita di Patryk Dobek, da ostacolista dei 400 a ottocentista. Nessun picco vertiginoso, ma un rendimento tradizionale, mai scompaginato da crisi, anche nei momenti difficili di un Paese che ne ha passate. Il telaio tecnico della Polonia, che raccoglie dappertutto, è formidabile e non è una novità.

La crisi di Francia e Germania può essere sfuggita solo a chi con l’atletica e con il suo “carburante”, i risultati, ha un rapporto fuggevole o superficiale. In questo senso la Coppa Europa – o come la chiamano adesso – era stata un’eloquente cartina al tornasole: Polonia e Italia son finite lassù perché era normale fosse così e tedeschi e francesi non avevano mandato a Chorzow squadre di ripiego. Oggi per gli uni e per gli altri i punti di riferimento sono un decathleta ricco di gloria e di acciacchi e un giavellottista andato incontro a una disfatta. Nessun velocista, nessun mezzofondista, nessun saltatore dell’uno e dell'altro genere, a parte Malaika Mihambo che ha rimediato la vittoria in una delle gare di più mediocre livello. Mancava poco che la spuntsse ancora la veterana Brittney Reese, mai staccata da una tecnica rudimentale.

I transfughi britannici hanno raccolto cose preziose in termini di piazzamenti nobili e di prestazioni cronometriche, la maggior parte fornite da una nuova generazione andata a percorrere i sentieri tradizionali degli 800 e dei 1500. Il tempo del Super Saturday del 2012 è lontano ma il movimento, pur più limitato, è sempre molto vitale.

Il tema ricorrente è la catastrofe degli USA: prova ne sia che l’elefante si è scrollato di dosso il topolino Italia solo con le due staffette del miglio. Il peggio con gli uomini: gli americani son usciti sconfitti – o hanno subito un clean wash, un lavaggio che non lascia tracce – nei 100, 200, 400, 4x100, 110H, 400H, lungo, triplo, disco, decathlon, feudi tradizionali, vigne rigogliose. Due titoli, peso e 4x400, sono un raccolto misero. E anche le donne, che alla fine hanno salvato la baracca, sono andate incontro a rese incondizionate nelle tre prove veloci e nei 100 ostacoli.

Ai Trials si sono scannati, i Trials li hanno prosciugati: i simboli sono il fievole Trayvon Bromell, Michael Norman o Grant Holloway che si spegne come una candela tre metri prima del traguardo. Le selezioni, per loro, sono l’ultima porzione di frontiera, il concetto-guida di un Paese che ha fatto della lotta senza quartiere concetto base, parametro dell’esistenza. C’è qualcuno disposto a suggerire loro che tutto questo oggi è anacronistico? Se questo volontario non esiste, vadano avanti così. Prossima fermata, Eugene, Oregon.

 

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