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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Piste&Pedane / Una preghiera: per favore non svegliateci!

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Domenica 1° Agosto 2021


jacobs-9.80


Serata magica e irripetibile, con Tamberi e Jacobs incoronati in contemporanea con l’oro olimpico. Ci vorrà del tempo per capire cos’è accaduto in pochi minuti nello stadio olimpico di Tokyo: ma per adesso godiamocelo.

Daniele Perboni

Esterno notte. Stade Louis-II, Principato di Monaco. Da pochi giorni sono terminati i Campionati d’Europa. Va in scena una tappa della Diamond League. Il nuovo campione continentale dell’alto, italiano, è in grandissima forma. Forse l’atleta più forte in quel momento. Serata magica. Con 2.39 fissa il nuovo limite nazionale, che resterà tale per anni. Interno giorno. Kombank Arena di Novi Beograd, periferia di Belgrado. Due uomini seduti sui gradini. Uno pelato, tatuato. L’altro di pochi anni più anziano, ex atleta, campione mondiale sotto tetto. Re delle cavallette. Piangono. Il più giovane è appena stato eliminato nelle qualificazioni del lungo.


jacon-tamberi

Stade Luis-II. L’asticella sale a 2.40. Il pubblico è tutto per lui. Batte le mani, chiede il ritmo. Sa che può farcela. Rincorsa, stacco, urlo. Di dolore. Tendine saltato. Lacrime. Carriera finita? Olimpiadi di Rio addio. Sarà per un’altra volta. Forse. L’immediato futuro è l’operazione chirurgica e mesi di gesso. Poi si vedrà. Il campione, Gianmarco Tamberi decide che sì, la strada per i prossimi giochi è tracciata. Per non scordare nulla se lo fa scrivere sul gambale maledetto che lo blocca e ha ucciso i sogni.

Kombank Arena. I due in piena solitudine devono decide il loro futuro. Lasciar perdere o avviarsi verso un “nuovo inizio”? Optano per la seconda opzione. Ottima scelta. Basta salto in lungo, troppo traumatico. Provano ad allungare la rincorsa che finirà fra le fotocellule e non più nella sabbia. Marcell Lamont Jacobs è stanco di venire azzoppato da quel “gioco” che tanto ama.

È così che iniziano le favole? Queste due almeno hanno un lieto fine, anche se nulla è stato scontato. Anni di tentativi, alcuni andati a vuoto. Mesi di prove. Strade intraprese poi credute errate. Testate, metaforiche, contro il muro nel tentativo di rinascere e dimostrare che il sestino lo puoi anche scegliere. Non solo subire.

Esterno giorno. Stadio Olimpico di Tokyo. I due si ritrovano sulla nuova pista tecnologica, made in Italy, della capitale giapponese. Spalti vuoti. Apre le danze Gimbo alle 19,10 fuso orario giapponese. Oltre agli avversari sa che deve vincere anche l’incertezza di una stagione iniziata e proseguita fra alti e bassi. Dubbi laceranti affiorati anche nell’immediata vigilia olimpica. Il turno di qualificazione ha lasciato il sorriso. Ora è un altro gioco. Muscoli, cervello, razionalità. Adrenalina ad ogni salto. S’inizia a quote basse (2.19) e si prosegue a tappe (2.24, 2.27, 2.30, 2.33, 2.35, 2.37) senza errori. Lui, il capitano azzurro, e il giunco qatarino Mutaz Essa Barshim, il più accreditato per l’oro. Mina vagante il bielorusso Maksim Nedasekau anche lui a 2.37 (record nazionale eguagliato) ma con un salto in più dei due.

A 2.39 tutti sbagliano. I giochi sono fatti. Gimbo e Mutaz guidano la classifica a pari merito. Che fare? Consultare il famoso libro di Lenin oppure accordarci? Basta poco. Perché scannarci per una medaglia che ci appartiene? Abbiamo sofferto per l’identico infortunio, siamo amici, ci stimiamo. Dunque? Stretta di mano, abbracci e vai con il metallo più prezioso. Dopo è solo festa, gioia, esaltazione. Pianti ricordando gli anni trascorsi. La giusta fine di un calvario che pareva stregato. Ma qui la magia non conta nulla. Ha vinto la costanza, la caparbietà, la tenacità e la perseveranza. Un podio, il più alto, strameritato, agguantato al momento giusto. E quello stivaletto di gesso ricompare magicamente. Un ricordo da conservare come una reliquia. Un ex voto, una promessa. Un giuramento mantenuto. L’animale da gara è tornato a graffiare.

Esterno giorno, pomeriggio inoltrato, ore 19,31. Rettilineo infuocato. Terza semifinale. La più difficile. Promossi direttamente i primi due. Marcell è in quinta corsia. A sinistra il cinese Bingtian Su (9”83, record asiatico). A destra lo statunitense Ronnie Baker (9”83, record personale) che finiranno nell’ordine davanti al pelato di Lombardia. Per l’occasione Marcell stabilisce “solo” il nuovo primato italiano (9”84) e quello europeo, togliendolo al francese Jimmy Vicaut e al portoghese Francis Obikwelu (9”86). Terzo! E rischia, teoricamente, l’esclusione dalla finale. Non sarà così. 

Esterno notte, giovane notte, sono le 21,50. Il momento clou della serata. In scena i cosiddetti uomini più veloci si contendono lo scettro della specialità regina dell’atletica. !0 metri di pura adrenalina. Nell’ordine: Akani Simbine (Sudafrica), Marcell Jacobs, Zharnel Hughes (Gbr, squalificato per falsa partenza, capitolo 16,8 del regolamento), Fred Kerley (Usa), Bingtian Su (Cina), Ronnie Baker (Usa), Enoch Adegoke (Nigeria), Andre de Grasse (Canada).

Strisce colorate illuminano le corsie al solo uso e consumo dei telespettatori. Si parte. Quel lontano inverno di Belgrado sembra dimenticato. È dimenticato. Il 2021, iniziato nel migliore dei modi sta scorrendo come un film della Disney. Tutto andrà bene, deve andar bene.

Il più lesto allo sparo è Kerley (0,128), seguito da Simbine (0,141), Baker (0,148), de Grasse (0,155), Marcell (0,161 / era stato 0,145 in batteria e 0,179 in semifinale) e Su (0,167). Quindici, venti metri e quei pochi centimetri persi vengono recuperati. Jacobs si piazza in testa e sino alle fotocellule gli altri vedranno sono la sua schiena. 140 passi e poco più per stampare un fenomenale 9”80, nuovo record europeo, a un solo centesimo del tempo che servì a Usain Bolt per vincere a Rio. Velocità di crociera? Poco sotto i 40 chilometri orari. Attenzione ai limiti, in agguato multe da ritiro patente. Finisce in un trionfo, Kerley, secondo è a 4 centesimi, de Grasse, terzo, a 9, Simbine a19. Il tempo di stupirsi ed ecco che il capitano lo attende per l’abbraccio finale. È l’apoteosi. Un italiano sul tetto dei 100! Incredibile. Da raccontare ai nipotini nelle sere d’inverno prima dei giochi elettronici e interattivi che, ormai, hanno sostituito le più romantiche stalle. Ma molto più salubri …

Nascosti da un tricolore i due si abbracciano, si parlano, sussurrano. Ricordano i lunghi mesi dell’attesa? Sugli spalti piangono i compagni di squadra. Piange il padre allenatore, Marco, complimentato con grandi pacche sulle spalle dal DT Antonio La Torre. Inizia la sfilata davanti alle televisioni di tutto il mondo. Si festeggia. Finalmente il medagliere dell’atletica (e quello olimpico) ha trovato quell’oro (doppio) che tutti cercavano e invocavano. Ed è arrivato da due ragazzi che hanno sempre creduto nel lavoro.

Nella giornata che potrebbe essere la più felice dell’intera spedizione, da segnalare anche il record italiano di Luminosa Bogliolo nei 100 ostacoli (12”75) e l’ingresso in finale di Alessandro Sibilio nei 400 con barriere (47”93). Se il mondo è ancora alla ricerca dell’erede di Bolt (potrebbe essere il ragazzo di Desenzano, che dite?) l’Italia ha trovato quello di Fabrizio Mori. Il futuro appartiene al napoletano di Posillipo.

Una preghiera: non svegliateci.

Foto: WorldAthletics.org e FIDAL/Colombo/FIDAL.

 

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