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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Osservatorio / Trionfi istituzionali e "sport minori"

Mercoledì 14 Luglio 2021

 
draghi-calcio

Le cerimonie seguite ai successi della Nazionali e alla bella prova di Berrettini, se ci hanno dato il segno dell’amicizia e dell’unità, hanno posto in luce l’approssimazione che oggi contraddistingue l’atletica. E questo è impossibile da accettare.

Luciano Barra

Credo che molti di noi non possano dimenticare due momenti che in gioventù ci toccarono da vicino. Le dimostrazioni nell’autunno del 1956 contro l’invasione Sovietica dell’Ungheria e poi “l’Hasta la victoria siempre” di Che Guevara. Da qualsiasi parte si fosse, sono due momenti che hanno rappresentato molto nella nostra vita e nella nostra formazione. Ora, per fortuna, i tempi sono cambiati ed episodi o momenti di quel tipo non ci sono più. Per questo avvenimenti d’altro tipo hanno il sopravvento. Molti di questi vengono dallo Sport.

Non c’è bisogno di essere tifosi di Calcio od appassionati di Tennis per considerare la domenica scorsa, quella dell’11 luglio, come uno dei momenti più significativi nella storia del nostro Paese. Ce ne sono stati altri simili nel passato: dalla vittoria di Bartali al Giro del 1948, e le leggende costruiteci intorno, al record del mondo di Pietro Mennea nel 1979, ai titoli mondiali del Calcio del 1982 e del 2006, avvenuti in momenti particolari della vita italiana e pochi altri. È chiaro che in questo senso il Calcio la fa da padrone per la sua popolarità, per la più facile presa sull’opinione pubblica e perché, essendo uno Sport di squadra, meglio rappresenta una Nazione ed i suoi sudditi (non quelli anglosassoni).

Così è stato domenica prima con Matteo Berrettini e poi con la squadra di Roberto Mancini. Fa piacere aver visto che si sono esaltati momenti non specificatamente tecnici, ma soprattutto quelli umani. L’abbraccio con Gianluca Vialli, l’infortunio di Spinazzola ed altri.

Ma soprattutto quanto è avvenuto lunedì con le celebrazioni al Quirinale ed a Palazzo Chigi, nelle due cerimonie e nei resoconti dei media, con tanto di lunghissime dirette televisive, finalmente non si è discusso sul 4-4-2 o sulla staffetta Rivera/Mazzola, ma su altri aspetti, grazie alle parole del presidente Sergio Mattarella, del premier Mario Draghi ma anche del capitano Giorgio Chiellini.

Merita citarne alcune, tutte frasi che hanno voluto segnare la grande differenza fra lo Sport ed altri momenti della vita italiana, in primis la politica. “Questa Nazionale è l’Italia che vuole ripartire”; o “Se oggi ci troviamo qui è perché abbiamo condiviso uno dei sentimenti più belli della vita: l’amicizia”; “La squadra, è un’orchestra non una serie di solisti con gli uomini giusti al posto giusto”; “Senso di appartenenza, spirito di collaborazione, interesse nazionale”; “L’armonia che vi ha unito è il senso dello sport”; “Ora il sistema Italia è al centro del mondo con la capacità di fare squadra e di lavorare insieme”; “Ci avete fatto emozionare, commuovere, gioire. Ci avete resi orgogliosi di essere uniti in questa celebrazione in onore dell’Italia”; “Ogni generazione ha i suoi ricordi. Oggi siete voi ad essere entrati nella storia. Lo Sport insegna, unisce, è un ascensore sociale, un argine al razzismo ed un elemento di coesione specie nei momenti difficili”.

Per chi ha fatto dello Sport una ragione di vita ed un credo, questa non può che essere musica per le orecchie e linfa per la filosofia di vita. Tifosi di calcio od appassionati di Tennis non importa. E fa bene Giovanni Malagò a sfruttare questo momento e questo palcoscenico – arrivando persino, nel segno dell’unità e dell’amicizia, a celebrare un suo acerrimo nemico come il presidente della Federtennis Angelo Binaghi –, e farà bene a proseguire questo atteggiamento, ora che iniziano dei travagliati Giochi Olimpici, celebrando successi, ed anche eventuali insuccessi, per riaffermare la centralità dello Sport nella vita del Paese. Forse riuscirà anche a congratularsi con Paolo Barelli. Ripeto, fa bene Malagò a cavalcare questo momento, ma solo con l’obbiettivo, al ritorno da Tokyo, di ottenere ben altro sui tavoli politici che contano.

Fa anche piacere aver letto dei meriti oggi dati al presidente della Federcalcio Gabriele Gravina. Anche se non fu lui a nominare Roberto Mancini. Il merito va suddiviso fra tre persone: il Commissario Roberto Fabbricini, il Vice-commissario Alessandro Costacurta ed il DG di allora Michele Uva. Gravina, durante la contesa elettorale, da lui poi vinta, aveva mostrato di non essere d’accordo sulla procedura che era stata seguita. Ma poi ha capito che comunque la scelta era caduta su di un personaggio vincente ed ha appoggiato e sostenuto l’ascesa di Roberto Mancini. Saggezza di un uomo del sud? O saggezza di un dirigente preparato e ben consigliato?

Tutto quanto detto purtroppo non è applicabile all’atletica. Anzi, in questa occasione si è toccato il fondo. Per fortuna alcuni risultati raggiunti dagli atleti, anche grazie a tecnici preparati, sono serviti a dare una diversa immagine di questo sport. Non per caso è stato il presidente Draghi a voler invitare i 6 medagliati di Tallinn. Si vede che anche lui domenica pomeriggio oltre a guardare la finale di Wimbledon con Berrettini in campo, ha visto in parallelo i Campionati Europei U-23, dove finalmente abbiamo vinto medaglie importanti delle gare di mezzofondo. Avrà colto anche in questa occasione lo spirito di squadra con la Sabbatini che appena vinta la sua medaglia d’oro correva ad abbracciare Barontini fresco della sua. È chiaro che i Giochi Olimpici saranno un’altra cosa e non c’è da illudersi. Ma il progresso dell’atletica italiana si vede. Dispiace che a Palazzo Chigi non sia stato invitato il DT Antonio La Torre (lui non ne sapeva nulla!) o il vice DT Tonino Andreozzi. Se lo sarebbero meritato.

Invece per i dirigenti della Federazione questo lunedì ha segnato una delle pagine più nere. Il presidente Stefano Mei, che domenica era a Rieti, a differenza di Binaghi, Berrettini e Santopadre che erano fino a tarda sera a Londra, è riuscito ad arrivare a Palazzo Chigi quando la cerimonia era finita. Al suo posto dopo Gravina e Binaghi ha preso la parola il S.G. in funzione. Nel suo maldestro discorso ha bofonchiato riferendosi all’atletica con una dizione, quella di “sport minore”, che ha fatto arricciare i capelli a tanti dirigenti orgogliosi del ruolo che l’atletica leggera ha come “Regina dei Giochi Olimpici”, ma quale “sport minore”? Ma voi non avreste mandato a sostituire l’evanescente presidente uno come il presidente onorario Gianni Gola? Dirigente di altissimo livello, dall’eloquio forbito e per di più di stanza a Roma?

Per motivi che non conosciamo ai Giochi Olimpici l’atletica non avrà un Capo Delegazione: è la prima volta nella storia. Ma vedo che ora anche in altre manifestazioni non vi è mai un dirigente. E quando c’è, si tratta di uno di primo pelo che non conosce nessuno e forse non parla neanche una lingua. A Tallinn abbiamo perso due medaglie per reclami mal gestiti. Nel passato nella squadra in manifestazioni di questo tipo oltre ad un dirigente ben conosciuto, c’era sempre un giudice internazionale che conosceva i regolamenti, che istruiva gli atleti e che, se necessario, poteva non solo scrivere correttamente un reclamo ma anche ben influenzare la Giuria Internazionale d’Appello, di cui in altre occasioni era collega.

Io non so se Giovanni Malagò si sta rendendo conto di come sia il presidente e il S.G. della FIDAL, da lui di fatto sponsorizzato, nonostante sapesse bene chi fosse: “lo conosciamo benissimo, dovunque è stato lo hanno cacciato, ma non posso dire di no a Stefano Mei”, come mi ha scritto. Io non conosco il S.G. ma le informazioni che ho avuto sono terrificanti. A Malagò sarebbe bastato informarsi su quanto lasciato all’Associazione degli Azzurri, dall’accoppiata, dove per carità di patria le carte sono state chiuse e sigillate.

Ma quello che è grave è che, a differenza di quanto abbiamo visto nel Calcio, a differenza dei valori di unità ed amicizia, nella Federatletica nulla di ciò si conosce e si pratica, anzi! Siamo a faide per qualche tozzo di pane. E qui per il momento mi fermo, anche se ci sarebbe molto altro da raccontare.

               

 

               

 

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