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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fatti&Misfatti / Festa legittima di Azzurra (ex-Fremebonda)

Lunedì 5 Luglio 2021


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Da Belgrado l’Italia esce beatificata. Serviva, valutando la realtà di una nazionale che ha un solo centro passabile, ma che ha scoperto che la difesa può cambiare il destino anche di chi era partito sapendo che al ritorno avrebbe avuto pomodori.

Oscar Eleni

Col binocolo del fedele convertito da Azzurra basket, sulle mura di Kalemegdan, la collina culla del basket di Belgrado, per spiare le facce un po’ così di una serata storica. Sono le stesse che ricordiamo da vicino a Edimburgo, il giorno del caro Vendemini e di Primo, di Nantes, europeo di Gamba e dei suoi pretoriani, Parigi, oro continentale per Tanjevic e quei pirati che si era portato in Francia. Facce scure quelle degli slavi. Danilovic lo ricordiamo bene a Parigi quando credeva di aver rimontato Azzurra e ci perseguitava anche se con Fuochi lo respingemmo.

Alla sala Pioneer, ora dedicata al professor Nikolic, lui, Sashone c’era e, forse, come altri grandi, da Obradovic in giù che è tornato al Partizan, origine della sua gloria, e si è preso da Milano per tanti soldi il Punter che non rimpiangeremo anche se ha segnato tanto, non riusciva a capire il Kokoskov che in piena bufera passava più tempo con gli assistenti lasciando che la panchina bollisse e sclerasse. Lui lo ha fatto alla fine quando ha scoperto che Sacchetti e l’Italia stavano festeggiando troppo. Magari come lui quando vinse l’europeo con la Slovenia, non certo nella stagione balorda del Fenerbaçhe ereditato da Obradovic. Nella culla americana deve aver imparato regole che sfuggono qui da noi, per questo niente stretta di mano e vaffa in vendita.

Con lo stesso binocolo abbiamo visto il presidente Petrucci chiedere a Tigellino il lacrimatoio per la “più bella serata della sua vita presidenziale da quando è tornato al basket”. Con lo stile dei generali della legione Flavia che stavano a Kalemegdan ci ha fatto anche sapere che non insisterà per nuove convocazioni: “decide l’allenatore”. Ci mancherebbe, certo deve essere stato strano quell’abbraccio di Meo col presidente che gli aveva messo una data di scadenza sulla schiena, tanto per complicargli la vita più dei rinunciatari Belinelli e Datome, dell’assente giustificato Gallinari che ora fa sapere, a semifinali concluse nella NBA, di essere pronto per la Patria.

Sacchetti dovrebbe ringraziare i rinunciatari che dovevano, forse devono ancora, curarsi, magari insieme a Sinner, tennista del domani ma già venduto bene oggi, che giustamente si è preso un vaffa da Barazzutti per aver rinunciato, dopo la Davis, anche alle Olimpiadi. Ai presidenti capita di esagerare nelle esternazioni e, come ci ricordava il saggio Lao Tze, questi vincenti che trovano soluzioni, mentre i perdenti cercano scuse, hanno sempre avuto spalle forti: Gamba quando lo volevano far fuori (Petrucci ricorderà?), Tanjevic quando era circondato in Nazionale, Turchia, in Francia, Djordjevic licenziato prima dello scudetto Virtus.

Diciamo che gli analisti dovranno tener conto, pensando soprattutto al calcio, che la miglior tattica è avere generali con il foglio di via: da Bearzot a Lippi, da Sarri ad Allegri, considerando Conte un caso a parte anche se dopo il titolo se ne è andato proprio come il Mourinho del triplete interista. Sarà il sale delle guglie sul Duomo, non tanto diverso dalla cicoria amara di Roma e questo lo scoprirà presto il grande portoghese che comincia perdendo un pezzo pregiato per la Roma e la Nazionale come Spinazzola.

Petrucci che scegliendo Messina per il dopo Sacchetti si è difeso, non ammettendo l’incauto licenziamento, ma spiegando il suo desiderio con la scelta del migliore. Ora i perfidi diranno che col migliore non ci fu Olimpiade 5 anni fa, perdendo in casa con la Croazia, mentre col cinghialone andremo a Tokyo.

Olimpiadi blindate, in una bolla da far paura leggendo i protocolli di ammissione all’entrata, al villaggio. Un teatro più che un a festa per la più bella gioventù sportiva del mondo. Guai se gli atleti oseranno sfiorarsi. Verranno regalati tanti preservativi, ma solo per usarli al ritorno. Cinema a cinque cerchi per non perdere tutti gli spot pubblicitari venduti dalla televisione, per non lasciare sul tavolo miliardi.

In questa finta cuccagna l’Italia si presenterà addirittura con 384 atleti da vedere sul campo. Considerando tutto un po’ esagerato, selezioni per favorire quantità e non qualità, allora prepariamoci anche a levatacce per poter seguire almeno i primi turni dei tanti azzurri vestiti con il bersaglio al centro della tuta.

Al momento siamo ai sogni, e il Jacobs visto a Stoccolma ci fa sperare di avere un finalista sui 100 mai presentato prima. Insomma né Berruti né Mennea, poi oro dei 200, sono entrati nella finale dei velocissimi.

Quelli del basket, ad esempio, ci costringeranno a condividere con il gallo la giornata del 25 luglio: sfida delle 6,45 alla Germania che ha fatto fuori il Brasile di Aza Petrovic. Tedeschi che ci avevano spaventato e battuto nel torneo di Amburgo con quel Moritz Wagner, pendolare NBA, che a Spalato, dove è caduta anche la Croazia, è diventato il migliore del torneo, così come Polonara lo è stato a Belgrado facendoci capire come si può emancipare un giocatore lontano dall’asilo di casa, dagli agenti che certo non venivano ascoltati a Vitoria e non lo saranno neppure al Fenerbahce.

Questa metamorfosi lontano dalle coccole di casa ci ha dato anche un Fontecchio bello tosto, mentre Pace Mannion e la Bianchi ex pallavolista canturina ci hanno regalato il talento vero dell’elfo dalla barba rossa, il Nico classe 2001 che gioca a Golden State e alla sala Nikolic ha fatto il leone. Magari si dovrà riflettere su come li cresciamo noi i talenti che nascono da queste parti. Guai, però, se ti scontri con gli Erode di casa nostra che magari sogghignano se parli del talento di Djordjevic, ma intanto lui ha regalato alla Virtus 5 giocatori che hanno fatto davvero progressi e il Pajola che animava l’ironia al Pavaglione è stato il cacciatore dorato dell’ultimo atto a Belgrado.

Dicevamo delle sveglie. Andrà meglio con le 10,20 della partita contro l’Australia che rievoca in noi la più grande amarezza. Il vecchio Gaze tolse la possibilità di medaglia ai campioni d’Europa di Tanjevic ubriacati dalla vita e dai vizi al villaggio di Sidney, dalle coccole. Si torna all’alba il 31 luglio con la Nigeria e speriamo non sia l’ultima recita. Ma come, i ragazzi del miracolo a Belgrado fuori al primo turno? Non diciamo questo, ma conoscendoci sappiamo che da sfavoriti vinciamo alle Termopili, altrimenti ci addormentiamo sugli allori. Per fortuna Sacchetti il ruvido simpatico non lo ha permesso e anche Mancini ha fatto il massimo per nascondere titoli deliranti almeno sino alla semifinale.

Dalle qualificazioni che hanno beatificato il ragazzo Doncic, idolo di Dallas, genio della Slovenia che ha mandato a letto senza cena nella loro Kaunas i presuntuosi lituani, da questi tornei che hanno fatto vittime illustri come la Russia o Grecia, che ha già liquidato il maestro americano Pitino, l’Italia esce beatificata. Serviva, servirà, a patto che non si esageri nel fare i complimenti, valutando bene la realtà di una nazionale che ha un solo centro passabile, il pisano Tessitori, ma per il resto deve inventarsi specchietti per allodole, cavallucci di Troia, avendo scoperto, per fortuna, che la difesa può cambiare il destino anche di chi era partito sapendo che al ritorno avrebbe avuto pomodori in faccia e a colazione.

Pagelle di Belgrado:

10 – A Romeo SACCHETTI perché il suo marciapiede nel basket lo ha salvato quando tutti speravano di salutarlo male come Sassari o la Fortitudo.
9 – Al trio meravigliao che fuori dai confini ha imparato davvero: POLONARA, FONTECCHIO e Nico MANNION sono il presente e il futuro, nella speranza che restino così.
8 – Alle lacrime della madre italiana di Mannion che insieme a babbo Pace, la roccia di tante belle stagioni italiane, ha tifato per Azzurra fra serbi imbufaliti.
7 – A PAJOLA per non averci smentito quando dicevamo che se hai una testa come la sua, se difendi in quel modo, allora i fanatici che svengono davanti a qualsiasi tiratore incauto dovranno ripensare alla loro insana passione in un gioco di squadra.
6 – Al MELLI capitano che non ha certo giocato come sognava, come pensavamo, ma la ruggine delle panchine NBA non ha cambiato la testa dura di questo Arzan che sa essere una bella guida.
5 – A TEODOSIC e alla SERBIA per aver fatto la fine del topo nella trappola che pensavano di aver preparato per l’Italia.
4 – Agli ARBITRI ITALIANI se non ci spiegheranno perché le partite internazionali durano mediamente 15’ minuti meno delle nostre, abbastanza per non mancare le prime edizioni dei giornali che a lorsignori interessano solo se   usano il turibolo e non la critica.
3 – A KOKOSKOV eccellente allenatore serbo, campione con la Slovenia, bel percorso NBA, per il risentimento mostrato verso il SACCHETTI che gli avrebbe stretto volentieri la mano, ringraziandolo pure, se non fosse stato travolto dalla festa legittima di Azzurra ex Fremebonda.
2 – Alla NAZIONALE che andrà verso TOKYO se non continuerà a vivere con semplicità pur pensando in grande.
1 – Ai CREDENTI commossi dall’abbraccio fra il SACCHETTI che dopo Tokyo sarà sostituito e il PETRUCCI che vorrebbe farci credere di averci sempre creduto.
0 – A TUTTI I RICCONI dello sport che rinunciano alle Olimpiadi, per curarsi, per allenarsi meglio, per fare una vacanza come si deve. Certa gente non merita la fortuna che ha avuto nascendo dotato.

 

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