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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Predicare bene e razzolare male

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Martedì 4 Maggio 2021

 

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“Che persino la pandemia sia diventata in questo sfortunato paese una questione ideologica (se vuoi chiudere sei di sinistra, se vuoi aprire sei di destra) certifica lo sfascio in atto nella politica nazionale.”

Andrea Bosco

C’era anche un noto giornalista, interista sfegatato, tra i 30.000 che in barba ai divieti e soprattutto al buon senso si sono riversati in Piazza Duomo per festeggiare lo scudetto numero 19 della società meneghina. Senza mascherina, il collega si è fatto un selfie nel tripudio popolare: ebbro di gioia dopo una astinenza (sportiva) protrattasi per 11 anni. Niente da eccepire in tempi normali. Il problema è che i tempi non sono normali. Il problema è che la pandemia continua quotidianamente a mietere vite. Il problema è che il collega (che tra l’altro ha l’età del dattero e che certi adolescenziali spurghi dovrebbe averli archiviati) figura tra gli “indignati speciali permanenti” in tema di chiusure.

Che persino la pandemia sia diventata in questo sfortunato paese una questione ideologica (se vuoi chiudere sei di sinistra, se vuoi aprire sei di destra) certifica lo sfascio in atto nella politica nazionale. Il problema è che un volto noto che se ne frega dei divieti (tra l’altro clamorosamente smentendo sue precedenti articolesse, intemerate televisive e radiofoniche, post a gogo sul tema) manda un pessimo messaggio ai cittadini. E fa incazzare non poco quanti (tra mascherine indossate come una seconda pelle, rinunce e sacrifici) si sono illusi di dare un contributo al contenimento della malattia. Sbagliato: le regole valgono per le minoranze. Con quelle i tutori dell’ordine sono inflessibili. Come con i tre ristoratori di Segrate multati e fatti chiudere per una settimana dopo aver ospitato all’interno dei propri locali, sparuti clienti colti dal temporale sui tavoli dei dehors. Forti con i deboli, mozzarelle con i forti.

REGOLE E NO – Anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, è interista. Ma fosse Sala anche la reincarnazione del più grande tifoso della storia del Biscione, il mitico avvocato Peppino Prisco, avrebbe dovuto prevedere. Avrebbe dovuto ipotizzare che la matematica avrebbe potuto anticipatamente premiare Antonio Conte e i suoi eroi. Ma non l’ha fatto. Non l’ha fatto Sala, non l’ha fatto il Prefetto, non l’ha fatto il Questore. È stata chiusa la Galleria e tutelato il sagrato del Duomo. Per il resto totale tolleranza, nel segno della complessiva gestione che continua a contraddistinguere l’azione del ministro dell’Interno, Lamorgese.

Ovviamente non si tratta solo di Milano e di interisti. La medesima cosa sarebbe accaduta a Torino, a Roma, o a Napoli se a vincere lo scudetto fossero state le squadre di quelle città. A Milano, del resto, una settimana prima in 20.000 si erano accalcati a trincare – tollerati – lungo i Navigli. Si tratta di valutare che tipo di “conto” tra qualche settimana il Covid presenterà a Milano come conseguenza della “festa” dei tifosi. Qualcuno piangerà, qualcuno si indignerà, qualcuno polemizzerà, qualche pesce (piccolo piccolo) magari pagherà: poi tutti dimenticheranno. Fino al prossimo carnaio. Basterà aspettare qualche giorno dopo la finale di Coppa Italia: in Piazza San Carlo o in Città Alta accadrà. Nuovamente.

Predicare bene e razzolare male. Il proverbio pare derivi dall’osservazione del comportamento del gallo. Che canta bene, al mattino, salvo razzolare male per il resto della giornata. Viviamo in un mondo di galli mal razzolanti. Sta divampando in queste ore la polemica sulla “censura” denunciata dal rapper Fedez a proposito del monologo anti Lega in tema di omofotransfobia sul palco del Concertone del Primo Maggio, trasmesso, come di consuetudine, dalla Rai. Può un artista essere censurato? Con evidenza, no. Ma se usa la televisione pubblica per veicolare un messaggio politico senza alcun contraddittorio, la questione cambia. L’ipocrisia più grande è quella di chiedere una Rai “non lottizzata”, sciolta dai lacci della partitocrazia.

RAI O CARA – Spiegava Enzo Biagi che in Rai per ogni assunzione mettevano a libro paga “un democristiano, un socialista, un comunista e uno che lavora”. Oggi quei partiti non ci sono più: ce ne sono altri. Ma la spartizione non è mai cessata. La soluzione non è quella di sottrarsi alla lottizzazione. La soluzione è quella di selezionare personale, pur lottizzato, competente e professionale. Ho conosciuto Andrea Barbato. Era comunista ma soprattutto era bravissimo: un fuoriclasse. La Rai ne ha avuti tanti di bravi. Ne ha ancora di bravi. Ma ha avuto (e ancora ha) tanti portaborse il cui unico talento era (è) l’appartenenza a un partito. Neppure la cultura più acclarata mette al riparo dagli eccessi.

Quando ci lavoravo, nel segno dell’ennesima impossibile riforma, designarono ai vertici dell’Azienda un uomo dalla scintillante cattedra. Quell’uomo, qualche tempo dopo, spiegò di “non guardare mai la televisione”. Anzi proprio “di detestarla”. L’insigne maitre a penser era rimasto indietro: ai tempi nei quali un famoso Gruppo Letterario che annoverava il fior fiore dell’intellighentia nazionale, infieriva contro Mike Bongiorno. Loro rapidamente si pentirono: cavalcando il “nazionalpopolare” che a lungo avevano disprezzato. Lui, povera anima, non aveva mai messo piede fuori dalla sua Accademia.

Predicare bene e razzolare male. Essere un magistrato con le mani pulite, severo più dell’Alberto Sordi di “Tutti dentro” e poi essere indicato come insabbiatore di una inchiesta che sta gettando ombre sulla giustizia italiana. Predicare bene e razzolare male. Come il grande Guitto che per difendere il figlio dall’accusa di stupro non ha esitato ad infangare la vittima della (presunta?) violenza, trattandola come una ragazza da bordello. Rinnegando (da padre) quei valori che aveva in piazza esaltato da politico. Ci può stare, in questo caso, un vaffa? Predicare bene e razzolare male. Come le ONG che trafficano con gli scafisti nella turpe tratta dei migranti. Che partono su barconi e gommoni stipati all’inverosimile e muoiono annegati dopo essere stati ingannati sui social con tanto di pubblicità su Facebook: “Viaggia con noi: sbarco garantito in Italia al 100%”.

Galli, non cedroni. Vecchi terroristi riparati in Francia e latitanti per quarant’anni potrebbero essere restituiti alle italiche galere. Ho difficoltà ad affrontare la questione. Non è mai tardi per la giustizia. Ma è tardi, comunque, per una pena adeguata per chi si è macchiato di delitti.

CATTIVI MAESTRI – È tardi per risarcire il dolore dei parenti delle vittime. Gli anni di piombo sono un libro da sfogliare. Con troppe pagine rimaste da “tagliare”. Troppi “cattivi maestri” non hanno bastantemente pagato per il veleno sparso. Ho conosciuto Gianni De Michelis: uomo di grande intelligenza. Era affascinante discuterci: anche di cose fantascientifiche. Come la proposta da lui avanzata per un’Expo a Venezia. Una sola volta abbiamo litigato: per “colpa” di Oreste Scalzone fuggito in Francia e protetto dalla Dottrina Mitterand. Durante un viaggio a Parigi, De Michelis aveva incontrato Scalzone che un giorno sì e uno no invocava un’amnistia per i terroristi e per i loro fiancheggiatori. Non mi capacitavo che De Michelis avesse fatto una cosa del genere. All’università avevo assistito ad alcune lezioni di Toni Negri e sapevo che tipo di “pane” lui e Scalzone spezzassero dalla cattedra. “Oreste xe un vecio amigo: no’ podevo non incontrarlo” mi disse De Michelis. Mi risulta che Craxi, informato della cosa, fracassasse nel suo studio di Milano un vaso. Oggi Scalzone, rientrato da tempo in Italia, continua a dire le medesime cose che sosteneva da “esule”. A conferma che certe persone non cambiano mai.

Abbiamo perso Milva celebrata dai TG per “La Filanda”, dimentichi che la Pantera fu meravigliosa interprete di Brecht. Ma abbiamo celebrato i 70 anni di Massimo Ranieri superlativo cantante italiano ma io rammento, anche superbo interprete di “Metello” tratto dal capolavoro di Vasco Pratolini.

SPORT E DINTORNI – I galli impettiti e vocianti fingono di non sapere che se tutto resterà impunito, prevarrà l’anarchia. Qui si parla prevalentemente di sport. Anche se questa “mosca bianca” insiste a parlare (soprattutto) di altro. Vada per lo sport. A Manchester i tifosi (che da tempo contestano la proprietà dello United) hanno invaso il terreno di gioco impedendo la disputa di Manchester United-Liverpool. La polizia non è intervenuta. A Milano i tifosi del Milan hanno preteso un confronto con Donnarumma, intimandogli, nel caso non avesse in questi giorni firmato il rinnovo del suo contratto in scadenza, di disertare l’incombente Juventus-Milan. Sapete quando avverrà il recupero di Lazio-Torino, una lizza per un posto in Champion’s, una per la salvezza? Il 18 di maggio, penultima di campionato. Cinque giorni prima, la vicenda verrà dibattuta al CONI. Stante il precedente di Juventus-Napoli l’esito dovrebbe essere scontato. Ma se Lotito si costituirà, capace convinca Frattini. E se non lo convincerà, capace faccia ricorso al TAR come un qualsiasi Gaucci. E poi al TAS. E poi al Consiglio di Stato. E magari alla Corte di Strasburgo: per ottenere i tre punti a tavolino. Ma non parlate di “campionato falsato”: vi additerebbero al pubblico ludibrio.

Niente da salvare? Beh: non la Ferrari, lumaca che continua a non andare. Non la Juventus al centro di una tempesta perfetta, colpita ed affondata dall’ex Antonio Conte e alle prese con una crisi che sta investendo proprietà, dirigenza, allenatore e giocatori. A Luciano Barra, l’accigliato Andrea Agnelli sta sul piloro. Lo capisco: il figlio di Umberto ha il dono dell’antipatia. Ho letto che Barra, pur ammettendo di non sapere di calcio (tranquillo, siamo tutti impostori), gli attribuisce una quantità di errori, alla quale manca solo la caduta di Costantinopoli. La Juve è nel guano e Agnelli ne ha fatte tante, di sbagliate. Ma ha anche vinto nove scudetti di fila. Comunque: c’è pure il calcio femminile. Con la Juve che ha le mani sull’ennesimo scudetto. Luciano, occhio alla eventuale replica. C’è sempre una Murgia con la quale vedersela. La Superlega è stata una fantozziana corazzata sovietica. Ma è probabile si faccia: tra qualche anno. Perché mi sono permesso di eccepire? Perché non mi piace lo sport del “tutti contro uno”. Specie quando è facile sparare su quell’uno. Senza polemica e con rispetto delle altrui idee.

Hanno dato un anno al medico che falsando la documentazione si prese la responsabilità di continuare a far giocare il compianto Davide Astori che aveva gravi problemi cardiaci. Pena scontata di un terzo. Davide non doveva più fare il calciatore, ma avrebbe potuto essere ancora accanto ai suoi cari. La giustizia italiana è questa. La domanda è: possiamo chiamarla giustizia?

Da incorniciare la vittoria continentale di Conegliano nel volley femminile. Rammarico per la sconfitta di Trento in quello maschile. A conferma che la Champion’s, in ogni sport, è anche questione di fortuna. Auguri a Messina che si gioca con il Bayern la pelle in Eurolega alla quinta. Auguri alle ragazze di Schio e Venezia che si giocano il titolo nella serie finale del basket. Comunque vada sarà una festa. Finisse a Venezia, quella medaglia del CONI, assegnata a Brugnaro e Casarin, avrebbe ancora più valore.

Questa, in chiusura, è per l’amico Giampa Ormezzano inossidabile cuore granata. Qualche mattina fa ho incrociato (all’aperto) in un bar di via Saffi a Milano, il presidente Urbano Cairo. Gli ho chiesto: “Ce la farete?” Mi ha risposto: “Dobbiamo”.

Il Toro “deve”. E soprattutto “lo deve” a tifosi come il piccolo Luca. Che adora (e non c’erano dubbi) Belotti e che ha scritto un tema, con la sua incerta grafia di bambino, talmente bello e profondo che Davide Nicola ha deciso (dopo averlo fotografato), di appenderlo nello spogliatoio.

Luca è la parte migliore e sana di un calcio che migliore e sano da tempo non è più. Credo non sia un caso che a scrivere quel tema sia stato un ragazzino che sa tutto della storia di Valentino Mazzola e di “quel” Torino. Quelle “facce operaie”, come ha scritto Giovanni Arpino, entrate nella leggenda.  

 

 

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