Italian Graffiti / "Il suo programma mi pare troppo ambizioso"
Mercoledì 15 Luglio 2020
Il Testo Unico dello sport ha iniziato il suo iter che dovrebbe portarlo all’approvazione del CdM entro l’estate. In ballo il futuro – come sostiene il ministro Spadafora – “di decine di migliaia di lavoratori”. E allo sport, quello olimpico, chi ci pensa?
Gianfranco Colasante
Sia pure a malincuore, appartengo ad una generazione che andava a scuola per imparare (qualcuno ricorda cos’erano una volta gli esami di Stato?). Ebbene, dell’ultimo anno di liceo ricordo una frase che il professore di filosofia ripeteva spesso: “non è importante cosa farete nella vita, importante che impariate a fare bene il mestiere per cui verrete pagati”. Non so se i politici di successo che oggi affollano questa nostra derelitta repubblica concorderebbero, ma sarebbe già tanto se almeno provassero ad impararlo quel mestiere per cui li paghiamo. Ma devo convenire con voi che forse chiedo troppo.
Tornando a noi, quella massima m’è tornata in mente dopo aver letto quanto il ministro delle Politiche giovanili Vincenzo Spadafora ha scritto sul suo profilo FB dopo aver mandato al suo Governo la versione definitiva del Testo Unico dello sport (in parole povere le norme di attuazione della legge varata dal Parlamento l’8 agosto 2019). Ve lo riporto: “Attraverso questo provvedimento daremo più tutele ai lavoratori sportivi, una divisione di ruoli e competenze più chiara e funzionale, più forza al mondo dello sport di base ed un importante sostegno a quello di alto livello.” Commenti? A chi gli urlava “Mon general, morte ai cretini”, De Gaulle rispose: “Cher ami, il suo programma mi pare troppo ambizioso”.
Come andrà a finire lo vedremo a breve. Certo, se è vero che questo è il Governo che sente con maggior trasporto il fascino perverso della “statalizzazione”, tanto poi qualcuno pagherà, in materia di autonomia dello sport – passato ora totalmente nelle mani dello Stato – mi pare che stiamo andando oltre recenti esempi, leggi Alitalia o Autostrade. Forse il CIO avrebbe il dovere di eccepire qualcosa. Se si trattasse dell’Oman o del Nicaragua, tanto per dire e scusandomi per il confronto, l’avrebbe già fatto mettendoli in castigo. Ma è anche vero che se accetti tutto senza aggrottare ciglio o battere pugno, alla fine – come dicono in Sicilia – ti ritrovi incudine. Ogni riferimento al CONI e alle sue Federazioni è del tutto voluto.
In aggiunta, bocciata la delibera del CONI dello scorso 2 luglio che prevedeva il rinvio delle elezioni federali alla fine del 2021 (mossa fin troppo furba per essere accettata), il generoso Spadafora ha stabilito che invece tutto andrà risolto entro metà marzo (quattro mesi prima delle Olimpiadi, sempre se si facciano, seppure compresse). Così tutti ad affrettarsi a convocare assemblee prima che finisca l’estate, avessi visto mai che nel frattempo entri in vigore la temuta legge che nelle sue 124 pagine [sic!] prevede un invalicabile limite ai mandati. Due o tre, salvo intese, come è scritto sul tricolore di questo Esecutivo.
Limite dei mandati? Cinque o sei anni fa era uscito un libro a firma Sergio Rizzo, attuale vice-direttore di Repubblica, autore con Gian Antonio Stella de “La Casta”. Titolo: “Da qui all’eternità / L’Italia dei privilegi a vita”. La dedica era per “tutti i ragazzi che non avranno mai la pensione”. Almeno due/tre capitoli erano dedicati alla "casta" dello sport e dintorni, alla sua nomenclatura, ai suoi nepotismi, alle sue (ophs) prepotenze. Senza farsi mancare nulla: dalle presidenze a vita ai magistrati in servizio permanente fino ai militari chiamati a vigilare sul doping. Chissà se l’hanno mai sfogliato al Foro Italico? E casomai pensato a qualche aggiustamento di buon senso.
Così, spingi spingi, è toccata alla politica marcata M5S, quelli delle “scatolette di tonno” per intenderci e della povertà cancellata per decreto, prendere in mano il boccino lasciato solo. Adesso che il panico si va diffondendo a macchia d’olio, in una sorta di si-salvi-chi-può, ci sono almeno due considerazioni su cui riflettere.
La prima: l’entrata in vigore del limite dei mandati, come qualcuno ha fatto notare a bassa voce, più che colpire Giovanni Malagò, manderebbe a casa qualche migliaio di “anziani volontari” che mantengono in piedi da decenni – in silenzio e spesso con l’ufficio a casa propria – l’intera organizzazione sportiva nazionale. Senza che ci siano eserciti di giovani pronti a sostituirli.
La seconda: la paurosa burocratizzazione dell’organizzazione, che vede adesso sovrapposti – ma senza chiarimento sulle competenze – il Comitato Olimpico riconosciuto dal CIO ma ridotto a poco più che una rappresentanza; la società ministeriale Sport&Salute che dipende dalle Finanze e dispone in toto dei cordoni della borsa; l’Ufficio sport presso la PCDM che sta per trasformarsi in una direzione sport con l’assunzione di una cinquantina di funzionari e impiegati. Presumo, tutti competenti della materia. Che tutto questo possa servire a “far crescere e rappresentare un vero e proprio motore per la ripartenza economica e sociale del Paese” – come sostiene il giovane ministro da Afragola, vero dominus pro-tempore – resta al momento tutto da dimostrare.
Foto: CONI / F.Mezzelani-GMT.
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