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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Osservatorio / La Torre: il buon samaritano senza un'Armada

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Lunedì 15 Ottobre 2018


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Non diamo mai per scontato che le decisioni che sembrano più logiche siano anche quelle più giuste.

 

di Luciano Barra


Sono salpato per una sana vacanza andalusa appena Antonio La Torre è stato “appointed” al soglio tecnico della FIDAL. Ho fatto appena in tempo a fargli i miei auguri di buon lavoro e mi sono ritrovato a rivisitare, dopo gli oscuri anni Settanta, un Paese che ha fatto dei progressi inimmaginabili (aeroporti, treni, autostrade, viabilità cittadine, pulizia, ordine, ospitalità, costi della vita oltre alla qualità di vini e cibo) che mi creano, ogni volta che mi confronto con loro, urticarie di invidia. Gli spagnoli, a differenza di noi, avranno fatto più debiti ma le cose le hanno realizzate. Noi di debiti ne facciamo tanti, ma di realizzazioni pochine. (Nella foto: lo stadio di Doha, sede del Mondiali 2019).

Naturalmente, sfruttando Internet, ho continuato a seguire i commenti di amici che su SportOlimpico seguivano le prime mosse de … La Torre. E poi pensavo come basterebbe per molti di noi, soprattutto per i nostri dirigenti sportivi e, perché no, per i politici, visitare le varie Alhambra, Mezquita, Alcazar, Cathedral e capire come quasi mille anni fa Cristiani e Mussulmani, allora, andassero d’accordo.

Ovviamente ogni visita era condita con i “mariscos” dell’occasione, poi in cima alla Giralda, dove il segnale era libero dalle interferenze della Mecca, rivolgendo il mio cellulare verso La Torre ho letto qualche dettaglio della conferenza stampa del neo DT. Mi sono piaciute quelle dichiarazioni da buon samaritano, ma ferme e indipendenti. Molto meno il ribadire quella “policy” nei confronti degli atleti militari che trovo aberrante e sui cui dirò il mio parere più avanti.

Il viaggio è continuato e questa storia dei militari e della loro riduzione del 50% delle prebende federali mi è più volte tornata alla mente. Ma nello stesso tempo mi sono tornate in mente belle storie sulle Società Militari da me vissute nei 15 anni spesi nella “galassia” CUS Roma di Alfredo Berra e Mario Pescante. Quanti episodi e quante facce, non poche da onorare e ricordare.

Le prime, quelle delle Fiamme Gialle figlie di quel generale Gaetano Simoni che presiedeva la FIDAL proprio quando ero entrato nell’atletica. E poi, dopo di lui, quei grandi dirigenti del sodalizio che rispondevano al nome degli allora colonnelli Danilo Montanari, La Nave, Bixio, fino a Vincenzo Lombardo e a Gianni Gola. Mi dicevo, mentre curiosavo a Puerto Santa Maria fra gli ormeggi di Cristoforo Colombo, ne avessimo oggi dirigenti di quel calibro che reclutavano i loro atleti solo a condizione che risiedessero almeno un paio di anni presso di loro e fossero allenati dal loro staff tecnico. E che staff: Corsaro, Giannattasio, Lanaro, Leone, Spinucci, Sorba, Brichese, ecc., con talent scout come Orecchioni e Lentini.

Poi l’altro modello, quello dell’VIII Comiliter, oggi Esercito, guidato da Gianpiero Casciotti e già allora da quel grande motivatore che era, e resta, Enzo Rossi, ma con altri ufficiali dirigenti come Roberto Roberti, Gianfranco Cameli, Vanni Loriga, Normando, ecc. Da loro gli atleti restavano solo i fatidici 18 mesi, ma andate a guardare chi c’è passato e i traguardi che hanno raggiunto, segno che quel "bagno" di motivazioni era essenziale e produttivo.

Su Roma poi grande peso aveva anche l’Aeronautica dei “marescialli” Ernesto D’Ilario ed Emanuele Arrabito, protetti da un dirigente di grande valore che ha fatto la sua carriera nella pallacanestro, il colonnello Picchiottini. Infine le potentissime Fiamme Oro di Padova che sulla spinta del Rugby avevano fatto della sezione d’atletica (Berruti, Mazza, ecc) un avamposto di grandi atleti con la maglietta cremisi. Come non ricordare il generale Razzoli e l'opera di un altro celebre motivatore, il maresciallo Martinelli?

Qualcuno potrebbe pensare che fare atletica allora fosse più facile di ora perché le Società Militari erano di meno, ma esistevano potenze come la FIAT di Sambuelli e Marcello Pagani, pronta ad offrire un facile impiego fittizio, o la Pro Patria di Beppe Mastropasqua ed Angelo Ferrario che si è sempre comportata in maniera corretta nel rapporto con le altre società, o la SNIA dell’ambizioso Romolo Giani e del compianto Franco Sar.

Su quest’ultima posso rammentare un delizioso episodio di quando, al CUS Roma, Roberto Frinolli dovette andare militare all’VIII Comiliter, e noi eravamo indeboliti della nostra più importante punta. Le scorribande dei ricchi barbari del Nord incominciarono ed i primi due ad essere circuiti furono due ottimi quattrocento ostacolisti di quel tempo: Angelo Vizzini ed Alberto Becchetti. Loro due da soli facevano lo spirito della società che allora scorazzava fra i Meeting di Siena, Viareggio e Grosseto, nota come l’Armata Brancaleone dell’atletica. Perderli sarebbe stato molto grave. Chiesi l’aiuto del Santo Protettore di allora, Mario Pescante. I due ragazzi furono “convocati” dal Padrino che in cambio del rinnovo dei cartellini promise una trasferta all’estero. Bell’accordo.

Allora, al CUS, avevamo buone relazioni con l’UISP che partecipava ogni anno ai vari Festival della Gioventù dei Paesi Comunisti. Il CUS Roma, grazie ad Alfredo Berra, aveva avuto sempre un’ottima relazione con l’UISP di Ugo Ristori a cui ogni anno "prestavamo" degli atleti per qualche allettante trasferta. Così Vizzini e Becchetti furono proposti per il Festival della Gioventù che si svolgeva in Russia. Li guardavamo tutto con invidia. Doveva essere maggio o giugno, loro partirono in treno per Vienna dove si aggregarono ad altri di altri sport per andare, sempre in treno a Mosca. Arrivati a Mosca il tempo di cambiare treno e via per Vladivostok dove si svolgeva il Festival. In tutto circa cinque giorni di viaggio. Arrivati a Vladivostok il tempo di cambiarsi ed immediatamente in campo per le batterie dei 400 ostacoli. Due ricchi 55 secondi con oltre 3 secondi in più dei propri record ed eliminazione diretta. Il giorno dopo sul treno di ritorno. Beh! sapete una cosa? Quei due non si sono mai lamentati di quella faticosa esperienza, anzi ce la raccontavano quasi fosse stata un’Olimpiade. Vallo a dire oggi ai nostri atleti …

Questi erano i tempi di allora, mi dicevo, mentre scorgevo al Rocca di Gibilterra. Ma cosa è cambiato da allora? E’ cambiato che fino ad una certa data il servizio militare era obbligatorio ed era anche considerato una sana esperienza di vita. Ora l’obbligatorietà è stata sospesa e l’arruolamento è volontario. Voi direte che quindi l’incidenza delle Società Militari doveva essere diminuita. Ero quasi ai mille metri di Ronda quando sono riuscito a leggere i 37 nomi mossi da La Torre: tutti di Società Militari e solo 8 di club civili, inclusa quella di Marco Lingua.

Nonostante questo strapotere vi meraviglierà il fatto che io sono nettamente contrario alla riduzione del 50% delle prebende federali agli atleti militari. E vi spiego perché. Fino a quando il servizio militare era obbligatorio, il passaggio degli atleti a una società militare era come il vino che si affina nelle barrique, ma comunque destinato ad andare in bottiglia. La maggioranza degli atleti poi lasciavano le società militari, pochissimi vi rimanevamo professionalmente. Come detto, quelle Società Militari hanno prodotto fiori di dirigenti (magari li avessimo oggi!) e molti dei loro atleti sono entrati nella società civile e hanno fatto la loro bella carriera professionale, qualcuno di grande prestigio.

Oggi con l’arruolamento volontario, l’andare militare è una scelta di vita. Nella maggioranza dei casi – una volta arruolati – gli atleti rimangono molto a lungo, qualcuno per tutta la vita, nel corpo o nell’arma. D’altronde perché buttar via anni di contributi che ti fanno comunque maturare una solida pensione? Per questo, come già detto, l’arruolamento è una scelta di vita ragionata. Solo in alcuni casi e solo per atleti del massimo livello questo non avviene. Ma ciò fa si che la maggioranza degli atleti scelga di non seguire specifici studi professionali che li potrebbero portare a diversi tipi di carriere universitarie, manageriali o professionali e, perchè no, anche a diversi livelli di stipendi.

E proprio per questo ora sono puniti e si vedono ridotte le loro prebende? Lo trovo ingiusto e poi, mi chiedo, a vantaggio di chi? Non certo degli atleti delle società civili che, come visto, sono praticamente inesistenti. Solo della Federazione che risparmia importanti risorse a danno dei risultati che dovrebbe/potrebbe raggiungere. Questo è puro masochismo e soprattutto sono decisioni che sembrano più politiche che tecniche. Il CONI dovrebbe intervenire, d’altronde – a ben guardare – i soldi sono suoi.

A quel punto ero arrivato a Marbella e davanti a Yacht e Ville Arabe ho deciso di scrivere questo articolo. Morale: (non Tito che il prossimo 4 novembre compirà 80 anni) andate in vacanza e riflettete, ma non date mai per scontato che le decisioni che sembrano logiche siano anche quelle giuste.

           

           

           

 

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