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I sentieri di Cimbricus / La IAAF dichiara guerra al testosterone

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Giovedì 3 Maggio 2018

semenya 2

Dopo che il dipartimento medico-scientifico ha approvato il nuovo regolamento per atlete con differente sviluppo sessuale.

di Giorgio Cimbrico

A Doha via alla Diamond League e via a quella che può essere l’ultima stagione di Caster Semenya. La sudafricana si sottoporrà al nuovo protocollo che la IAAF ha varato la settimana scorsa in tema di iperandroginismo? Qualcuno l’ha definito una sorta di discriminazione razziale, qualcun altro ha paragonato i livelli di testosterone ad altri vantaggi concessi dalla natura: un paio di gambe lunghe, una statura superiore alla media, un patrimonio muscolare di prim’ordine, una capacità di resistenza alla fatica fuori dall’ordinario.

“Una pillola, un contraccettivo, simile a quello usato da milioni di donne per evitare la gravidanza: questo è tutto ciò che chiediamo”: riassumono dal dipartimento medico e scientifico della IAAF dopo l’approvazione del nuovo regolamento che investe atlete con differente sviluppo sessuale – la sigla è DSD, different sexual development – e che, precisazione eloquente, corrono distanze tra i 400 e il miglio.

Il nome dell’obiettivo non compare mai, ma è stampato a grandi e chiari caratteri: Caster Semenya, la sudafricana che da nove anni domina la scena degli 800 (due titoli olimpici, tre mondiali) e ai freschi Giochi del Commonwealth in Australia ha allargato i suoi domini anche ai 1500. A dire il vero, non è sola (anche la kenyana Wambui e la burundiana Nyonsaba destano perplessità), ma in questa vicenda che va avanti dal 2009 è la 28enne nata a Polokwane il personaggio centrale. L’obiettivo.

Non è la prima volta che il mezzo miglio si trasforma in frontiera del dubbio: nel ’63 e nel ’64 le due formidabili prestazioni della nordcoreana Sin Kim Dan (1’59”1 e 1’58”1, quando il record del mondo era 2’01”2 dell’australiana Dixie Willis) generarono violenti interrogativi. E più di recente di androginismo si parlò anche a proposito della kenyana Pamela Jelimo, olimpionica a Pechino e terza di sempre con 1’54”01.  

 “Abbiamo il dovere di assicurare un giusto equilibrio alle competizioni e stabilire un confine netto tra uomo e donna”, dice il presidente Sebastian Coe, prima di lasciar spazio al lungo lavoro della commissione di ricerca all’opera dal 2015, dopo la sospensione, da parte del Cas di Losanna, di un provvedimento che prevedeva l’uso di medicinali che limitassero gli effetti dell’iperandroginismo. Ma Stephane Bermon, capo del dipartimento medico e scientifico della IAAF, confessa che qualcosa in futuro potrà cambiare: “Il mondo non è ancora pronto ma tra cinque, dieci anni esisteranno competizioni per uomini, per donne e per intersex”

Secondo il rapporto, elevati livelli di testosterone procurano vantaggi in termini di massa muscolare, di trasporto dell’emoglobina, di resistenza alla fatica. Dal 1° novembre di quest’anno, se vorranno partecipare a manifestazioni internazionali o veder omologati eventuali record mondiali, le DSD dovranno sottoporsi a un trattamento farmaceutico che abbassi la loro produzione di testosterone. Individuato il livello che dovrà esser raggiunto e tenuto sotto controllo: entro quota 5 nanomoli per litro. Un “range” maschile è tra 7,7 e 29 e nella “letteratura” riunita dai ricercatori tra le atlete non sale oltre l’1,79.

Lo scienziato dello sport Ross Tucker si è spinto a calcolare i vantaggi di cui un’atleta con differente sviluppo sessuale può godere, individuandoli in una percentuale attorno al 9%. Traducendo, i tempi di una Semenya dal profilo ormonale riveduto e corretto potrebbero essere appesantiti di cinque, sette secondi. La social-replica di Caster è beffarda: “È bello stare zitti quando qualcuno pensa che tu sia arrabbiata”.

 

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