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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fatti&Misfatti / Sempre aperta la fabbrica delle campane

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Martedì 6 Febbraio 2018

carnevale 2

di Oscar Eleni

Con l’elmetto d’ordinanza al seguito dei “presidenti increduli”, un nuovo partito per il 4 marzo, che a Minneapolis hanno visto vincere gli sfavoriti nella finale del football americano. Trionfo degli Eagles di Filadelfia sui plurigioiellati New England Patriots. Era dai tempi di Vince Papale e Dick Vermeil che la città non si sentiva più degna di Rocky. Passata la festa e la sbornia via sul volo di ritorno per andare in un altro posto gradito ai “presidenti increduli”, un borgo meraviglioso che si chiama Ripalta Cremasca. Ci sono otto artigiani che mandano avanti l’ultima officina dove si costruiscono campane poi vendute in tutto il mondo e a molte redazioni di giornali. Al corteo presidenziale non poteva mancare il Malagò uno e trino che in questi giorni divide e comanda, dal calcio degno di spelacchio, al comitato olimpico nazionale, alla spedizione che da venerdì in Corea cercherà di alleggerirgli le casse per i sacrosanti premi olimpici, anche se chi sperpera e ruba su tutto finge di essere indignato perché l’oro azzurro vale 150 mila euro mentre le altre nazioni (Germania 20 mila, USA 38 mila) pagheranno molto meno. Una volta tanto saremmo contenti se il CONI tornasse dai Giochi invernali con le casse vuote.

Ci sono campioni in discipline che da noi hanno popolarità che va da zero ad uno e che meritano questo aiuto e sarebbe bello se i vincitori dividessero con tutto il resto della squadra. Illusione, ma noi auguriamo a tutti buona Olimpiade, quando andammo in Corea nel 1988 fu tutto meraviglioso, almeno fino alla sveglia nella notte per il doping di Ben Johnson a cui nessuno ha mai perdonato il peccato pur sapendo che da ragazzino per mangiare doveva accoppare i piccioni nel parco diventando più veloce di loro, il primo vero doping della sua vita bella e tragica.

Speriamo che non ci siano sveglie nella Corea invernale. Né per il doping, anche siamo in piena guerra fredda fra enti e giudici, medici e allenatori, stati e dirigenti, né per scontri di altro livello scongiurati, almeno sulla carta, dalla fusione delle due Coree in una unica rappresentativa.

Alla fabbrica delle campane i più rumorosi, evidentemente, erano i presidenti che inseguono la chimera Milano ed erano felici di ascoltare il Brugnaro reyerino che in questi giorni, come sindaco, fa impazzire Venezia, con questa storia del numero chiuso per il carnevale. Lui, il doge che non riesce ancora a costruirsi un palasport degno della citta e della grande Reyer e che tollera il gulag per ospiti al Taliercio, ha spiegato come si arriva nel cuore del feudo Armani, anche se per la verità i sarmati vincenti sui ricconi furono quelli di Trento.

Visti da vicino, osservati da lontano i “presidenti sfavoriti” sembrano davvero quelli descritti da Minucci nell’intervista al Corriere della Sera, un ritorno dopo tanto doloroso silenzio, cioè personaggi che farebbero di tutto per avere il successo. L’uomo che portò Siena a vincere tutto in Italia ha detto di essersi adeguato, nella gestione della società, a quello che facevano gli altri. Avete sentito qualcuno ribellarsi tipo il Gazzoni bolognese ai tempi del processo che nel calcio ha mandato fuori dai giochi e dagli spogliatoi Moggi, tolto alla Juventus gli scudetti proprio come è avvenuto con Siena. Un bel silenzio.

Ma andiamo a studiarla questa prima caccia alla squadra di Pianigiani. Chi insegue cerca rinforzi dopo aver perso pezzi, aver sbagliato scelte. Come ogni anno questa porta girevole crea confusione, ma certo si spera in Aladino e la sua lampada. Vanno a prendere anche giocatori come il Daye che incantò a Pesaro, il figlio dopo il padre, ma non ha lasciato gli stessi ricordi dove è andato dopo. Venezia aveva bisogno dopo aver perso il bomber, speriamo ora abbia anche gli strumenti per tenere sull’acqua e non sotto il giovane Austin perduto nei suoi viaggi.

Certo la Milano ustionata dall’ultima stagione, così simile a tutte le altre senza tituli, nel bilancio due scudetti, la coppa Italia, ma altro che sproporzione fra spesa e risultato, se le “nemiche” fanno un acquisto lei vi fa sapere di essere già a posto perché è pronta a sopportare qualsiasi influenza, mal di schiena. Non come la povera Reggio Emilia dove se non può giocare Marchoishvili rimediano comunque, anche se i pifferai vanno a cercare topolini ovunque e ti fanno passare Della Valle per eroe della vittoria su Sassari perché gli è andato dentro l’ultimo tiro dopo un bel 3 su 11 e capelli strappati per palle perse che avevano incrinato la sua bella faccia da poster grintoso.

Inseguire l’inquisitore Pianigiani che ha messo al rogo le migliori spagnole, a parte il Real Madrid, ma non è detto perché le meringhe giocano anche partitacce come quella di Mosca, aspettando di capire se ci sono speranze di trovarlo impreparato. Adesso che è tornato a dividere il primo posto ci sembra che il piano strategico stia andando bene: lasciamo che gli altri si sfiniscano, noi cerchiamo di far diventare commestibile persino la polvere di Eurolega, insomma urliamo forte quando battiamo il Barcellona, chi vuoi che vada a vedere che tre giorni dopo ha preso una legnata dal Baskonia, aspettiamoli sull’Arno e poi si faranno i conti. Lui, il sior Dondino, sa benissimo che a Firenze il tempo giocherà a suo favore se Cantù non farà dispetti.

Tre partite in tre o quattro giorni non le possono reggere in tanti, cominciando dall’altra favorita Avellino come si è visto quando vanno in apnea Leunen e Filloy o lo stesso Rich invisibile a Torino, anche se dall’altra parte i fantasmi erano anche di più. Bella scoperta quella di mastro ciliegia Recalcati che si è accorto di avere ereditato una squadra che porta all’esaurimento nervoso. Lo faceva anche con Banchi, cercando di rovinare persino partite stravinte, figurarsi adesso, ma d’altronde se il presidente, lo stesso che sentiva bussare alla porta dello spogliatoio e sentiva gli improperi fra dirigenza e allenatore, insiste a dire che Banchi aveva piena autonomia, come ci si può illudere di fare meglio del predecessore. Banchi era messo bene in classifica, aveva vinto tanto. Non pareva strano che avesse sbattuto la porta? Eppure c’è chi cade nell’equivoco. Si spera nei miracoli, contando sul rispetto che meritano i grandi vincenti come Recalcati, ma poi ci si accorge che questi nuovi lanzichenecchi guardano per terra, non sanno, non vogliono sapere e considerano i datori di lavoro gente con l’anello al naso da conquistare con un tiraccio, una schiacciata.

Il prossimo turno, prima della sospensione per la coppa e le finestre azzurre, manda in trasferta tre delle quattro che sono in testa. Avellino unica impegnata in casa, vedremo se ci sarà un nuovo spariglio, ma è difficile che Milano si fermi proprio adesso che sa come sono fatti i topolini da portare al fiume e quelli che gironzolano per casa diventati abili a schivare le trappole, quasi convertiti all’idea che il formaggio sembra più buono se sei stato anche capace di proteggerlo con una difesa almeno decente.

Le pagelle fra suoni di campane …

... appena fatte e brindisi per aver scoperto che lo sport è davvero un mistero agonistico come direbbero a Filadelfia:

10 Ad Andrea CINCIARINI perché dal giorno in cui è diventato capitano di questa Milano al posto di Gentile passando nella bufera, anche Azzurra, ha cercato di migliorare se stesso e la vita di chi gioca con lui. Paziente, modesto, uno vero e non perché ha giocato un partitone contro la Capo d’Orlando che ha perso nelle lenzuola europee quello che la faceva bella e diversa.

9 A MENETTI che sa davvero riconoscere il punto di cottura delle sue avversarie, le dosi per valorizzare la gramigna di Reggio Emilia. Un po’ salsiccia, un po’ segatura. Certo strada ancora lunga, ma neppure Forsini oserebbe chiedergli più della salvezza. O no?

8 Al BUSCAGLI trentino che ci faceva tristezza perché in poco tempo i finti estimatori si erano nascosti dietro il solito paravento. Da pilota di Azzurra a disperso in missione, un Ryan dei nostri giorni. Aspettavamo di vederlo uscire dalla trappola con le armi di sempre. Lavoro, pazienza. Ci sta riuscendo e se il Flaccadori visto a Brescia è quello che tutti speravano di vedere allora è a buon punto. Basta che non arrivino messaggi dall’etere, dai perfidi padroni dei giocatori di oggi.

7 Al Vincenzo ESPOSITO che Tanjevic, giustamente, eh sì resta il grande maestro delle situazioni impossibili, da descamisados della vita, voleva per le Nazionali. Non sembra possibile, ma intanto, nella tribolata stagione di Pistoia, lui fa ancora poesia:” Vincere era importante, ma più bello vedere la felicità negli occhi dei miei giocatori”. Vai diablo.

6 A VERONA, TREVISO, FORTITUDO le grandi che si battono in A” per aver dato segni di risveglio rendendo sempre più affascinante il campionato dominato, per ora, da Trieste a Est e Casale a Ovest. C’è vita oltre la casa del sidro dei presidenti che vorrebbero 12 stranieri 12 se non avessero un badante più serio di loro.

5 A Romeo SACCHETTI se non insisterà per avere 2 giorni in più di allenamento e, soprattutto, se non guarderà in faccia e in palestra tutti e 24 i giocatori inseriti nella lista FIBA per le prossime finestre. C’è bisogno di parlar chiaro e di far vedere come si lavora.

4 Agli ARBITRI che continuano a lasciarci perplessi. Non perché sbagliano, lo fanno tutti, ma per questa vocazione a cambiare il metro di giudizio nella stessa partita annusando aria ed insulti. Vero che l’Eurolega fa anche peggio, la percentuale di vittorie in trasferta ridotta al minimo, ma qui dove i migliori stanno fuori serve coerenza. Se vi trovate a Firenze cercate di essere chiari.

3 A RECALCATI per aver scoperto tardi quello che gli avevano detto tutti sulla situazione di Torino. Vero che anche Banchi era stato messo in guardia, ma lui rischiò lo stesso, insomma riuscì a nascondere la debolezza societaria con il lavoro. Ora Micione Charlie si trova in una fase davvero più delicata. Peccato.

2 Ai PRESIDENTI delle società chiamati in causa da Ferdinando MINUCCI nella sua intervista al Corriere della Sera. Quando dice che si è adeguato ad agire come tutti gli altri, quasi tutti, ma non pochi sicuramente, certo non fa i nomi, ma in Lega avrebbero dovuto almeno chiedere, indagare, insomma cercare di scoprire dove stanno davvero le verità.

1 Alla NBA che lascia fuori un genio come Chris PAUL dalla partita delle stelle, che si vanta di avere il meglio, come giocatori, come allenatori, come organizzazione e poi non sa spiegare perché questi mostri sul campo, questi geni della panchina subiscono avversari dove i singoli fanno 60 punti come Harden, 50, 45, insomma uno contro tutti. Gente da triple doppie. Forse qualcuno esagera con l’incenso.

0 Agli AGENTI che mandano messaggi agli allenatori per protestare sui tempi di utilizzo, sui modi d’impiego dei giocatori della scuderia ceduti al miglior offerente, magari senza badare a dove avrebbe giocato davvero per di avere la percentuale. Succede in A1, in A2 persino in serie B. Nomi. Li facciano in società. Se hanno coraggio. Sarebbe ora di rendere pubbliche queste invasioni di campo. Certo dipende dalla serietà dei dirigenti, degli stessi allenatori. Anche se è difficile agire se poi quegli stessi agenti, puntando sull’ignoranza di chi paga anche poco per stare in vetrina, ti rifanno la squadra e decidono persino chi sarà l’allenatore.

 

 

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