Giochi Olimpici Invernali - 1928
1928 St. Moritz
II Giochi Olimpici Invernali
(gfc) Posta ai 2000 metri dell’Engadina, sin dal primo dopoguerra St.Moritz si era affermata tra le più rinomate stazioni invernali. Frequentata da un turismo di élite che muoveva principalmente dall’Inghilterra, spinto verso le Alpi dagli scritti e dall’esempio del romanziere Conan Doyle, tra i primi ad aver scoperto il fascino della neve e degli sport invernali ed aver praticato le prime discese sugli sci. Un titolo che al padre di Sherlock Holms veniva riconosciuto volentieri, con un pizzico di snobismo.
Dal programma era ancora escluso lo Sci alpino che proprio in quei giorni otteneva il suo riconoscimento dai dirigenti della FIS i quali, riuniti a congresso, riconobbero le sole specialità di discesa e di slalom, raccomandando alle federazioni di praticarle, sia pure “a titolo sperimentale”. Un mese dopo i Giochi – il 3 e 4 marzo 1928 – si teneva a Sankt-Anton, in Austria, il primo Arlberg-Kandahar, una inedita combinata di discesa e di slalom: nasceva la manifestazione che avrebbe costituito per anni l’aristocrazia dello sci.
St. Moritz si era vista assegnare i secondi i Giochi Olimpici d’inverno tre anni prima, superando la concorrenza di altri due centri svizzeri, Davos e Engelberg. Era stato il barone Godefroy de Blonay – braccio destro di de Coubertin, uscito di scena da qualche anno – a proporre quella candidatura, col sostegno di Alberto Bonacossa che frequentava da tempo la località. Tre anni costituivano un arco di tempo sufficiente per permettere ai gestori della stazione di prepararsi al meglio.
E così accadde. Il vero problema, se mai, lo costituì il föhn, il vento caldo che, soffiando a folate, e a giorni alterni, minacciava la solidità del ghiaccio e la compattezza della neve. La temperatura subiva sbalzi repentini: durante la gara dei 50 km si passò in poco tempo da 0° a 25° con le conseguenza immaginabili su neve e atleti. Tanto che si rese necessario rinviare alcune gare e annullarne almeno una, i 10.000 metri di pattinaggio, dopo qualche infruttuoso tentativo di portare a termine quella competizione.
Come detto, il programma tecnico rimase bloccato su quello sperimentato con successo a Chamonix, salvo l’aggiunta dello Skeleton, una specialità tipica della zona dove si praticava sin dal 1884 su una apposita pista, la celebre Cresta Run, una sfida alla velocità estrema su mezzi rudimentali. Ma anche un’apparizione estemporanea, per lo Skeleton, che rientrerà ai Giochi vent’anni più tardi, sempre a St. Moritz, dando all’Italia la prima medaglia d’oro agli Invernali.
Quell’anno, invece, per gli azzurri non ci fu fortuna: naufragati i fondisti nella neve melmosa, il miglior piazzamento, proprio nello Skeleton, lo ottenne il “cittadino” Agostino Lanfranchi, quarto al traguardo dopo aver completato le tre discese regolamentari.
La scheda di St. Moritz 1928
Altitudine: 1822 m s.l.m.
Date: 11/19 Febbraio 1928.
Nazioni presenti: 25 (vincitori di medaglie: 11).
Atleti partecipanti: 464 (438 uomini, 26 donne).
Apertura ufficiale: Edmund Schultess, presidente della Confederazione Elvetica.
Programma tecnico: 10 sport, 16 gare.
Giuramento degli atleti: Hans Eidenbebenz (Sci di fondo)
Medaglie assegnate: 41 (14 Oro, 12 Argento, 15 Bronzo).
Membri italiani del CIO: gen. Carlo Montù (dal 1913), marchese Giorgio Guglielmi (dal 1919), conte Alberto Bonacossa (dal 1925).
Presidente del CONI: on. Lando Ferretti.
Capo della delegazione italiana: Giuseppe Corbari.
Sede della delegazione: un albergo non precisato.
Alfiere della squadra: Ferdinando Gluck (Sci di fondo).
Atleti italiani in gara: 19.
Discipline dimostrative: 4.
Prove di esibizione: 1.
Riserve o non entrati: 8.
Medaglie vinte: nessuna.
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