Italian Graffiti / Ricordo di un amico di gioventu'

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Giovedì 28 Novembre 2019

 

elio

 

"Non rammento la prima volta che lo ho incontrato. Certo sarà stato su un campo, attorno ad una pista: Elio non era uomo da ufficio o da corridoio. Era un cittadino del mondo alla cui conquista era partito da un paesino della Provincia Granda".

 

Gianfranco Colasante

 

Non ci vedevamo spesso con Elio. L'ultima volta era stato un anno fa - esattamente il 3 dicembre 2018 - quando c'eravamo trovati a Bracciano per festeggiare tra pochi amici la "Penna d'Oro" assegnata a Giorgio Reineri, uno dei nostri più autentici. Poi, a inizio pomeriggio, quando già imbruniva, Elio aveva salutato tutti, un abbraccio e s'era messo in auto, direzione Monte Carlo. Dove ieri si è spento all'improvviso. A seguito di un male manifestatosi solo qualche giorno prima, annunciato - dicono le cronache - da un malessere che l'aveva colto mentre ad Abano Terme dava il suo contributo, come sempre innovativo, a un convegno tecnico.


Consentirete questo penoso incipit personale a ricordo di una personalità difficilmente inquadrabile negli stereotipi che di norma accompagnano la scomparsa di uomo di valore. Cosa abbia fatto nello sport - e in particolare nell'atletica - Elio Locatelli lo hanno ampiamente ricordato i tanti articoli apparsi stamani. Ma questo è un caso, mi pare, nel quale è molto più difficile disegnare i tratti dell'uomo che del professionista. Qualifica, quest'ultima, che a Locatelli si attanagliava perfettamente. Ma l'uomo?


Diciamo subito che non era semplice andare d'accordo con Elio nè mai agevole superare le barriere che la sua dialettica urticante elevavano a difesa delle proprie opinioni. Tesi quasi mai in sintonia con gli indirizzi prevalenti, fossero tecnici che di indirizzo o di gestione, ma sempre sostenute da valutazioni razionali e mai improvvisate. Ma valeva pur sempre la pena di sforzarsi di farlo.


Non ricordo la prima volta che lo ho incontrato. Certo sarà stato su un campo, attorno ad una pista: Elio non era uomo da ufficio o da corridoio. Era un cittadino del mondo alla cui conquista era partito da un paesino della Provincia Granda. Ma proprio per questo posso dire di averlo conosciuto da sempre. Tanto più che sul finire degli anni Sessanta il suo nome irruppe nella piccola galassia del "mio" CUS Roma come possibile responsabile tecnico al vertice di un gruppo che già annoverava geniali uomini di campo come Marcotullio, Rosati, Funiciello, Barletta, ... Per vari motivi propositi rimasti allo stato di suggerimento. Ma già all'epoca, a 26 anni, Locatelli si riteneva garanzia di efficienza.


Nello sport aveva iniziato col calcio, passando poi all'atletica nel '58 e al pattinaggio di velocità l'anno seguente, "per reagire a una sconfitta in una campestre d'istituto", come ricordava. Meglio nel secondo che nella prima: a due edizioni Olimpiche d'inverno sui pattini - 1964 e 1968 - potevano opporsi solo un 1'59" sugli 800 e un 57"0 sugli ostacoli bassi. Poi, appagato, aveva iniziato ad allenare. Dall'Isef al campo l'aveva portato Marcello Pagani e da allenatore aveva attraversato tutte le sigle nobili dell'atletica torinese, dalla Fiat alla Libertas e al CUS di Nebiolo. Sue specialità, velocità e salti in estensione. Prima atleta di grido, Maria Vittoria Trio. Ne seguirà una striscia infinita. Una volta approdato alla IAAF andrà a cercarli negli angoli più remoti del pianeta, dalle Mauritius al Sud America. Studiando e sperimentando sempre. Con addosso una febbre che non conosceva lenimenti.


Se guardo indietro, mi torna un mente una notte estiva trascorsa a Stoccolma, seduti davanti a un pub chiuso da ore, a disegnare scenari di battaglie che io non avrei combattuto e che lui non avrebbe mai compiutamente vinto. Eredità? Cinquant'anni fa, a chi gli chiedeva cosa era necessario per migliorare la nostra mentalità sportiva, aveva risposto: "Allargare sempre più il reclutamento di base, potenziare l'educazione fisica nella scuola, inserendola nella scuola elementare". Parole di cinquanta anni fa. Difficili da tradurre per i piccoli uomini che oggi siedono al vertice dello sport italiano.


Addio, vecchio amico di gioventù.