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I sentieri di Cimbricus / Maratona e il record di Danielzinho

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Martedì 19 Aprile 2022

 

danielzhino


“Lo sport è da sempre un fedele specchio della realtà che ci circonda. Oggi più che mai. E nella Babele, che produce anche gli scontri di Malmoe, promossi da chi non ha capito dove va il mondo, può esser mescolato un cocktail”.

Giorgio Cimbrico

Daniel Ferreira do Nascimento, detto Danielzinho, non ancora 24 anni, paulista del sudovest dello stato, ha centrato a Seul una specie di record del mondo: terzo, a otto e a due secondi dagli etiopi Mosinet Geremew e Herpasa Negasa, ha chiuso i 42 km in 2h04’51”. E’ il miglior risultato di un atleta che, senza distinzione di bandiere europee o degli emirati, non provenga dall’Africa Orientale che davanti ne propone 59.

E’ anche “area record”, con un progresso di un minuto abbondante sul sorprendente 206:05, datato 1998, di Ronaldo da Costa, la prestazione che aprì la strada berlinese dei record, sette, sino al 2h01:39 del meraviglioso Eliud Kipchoge.

Danielzinho aveva vinto, in 2h09’04”, la maratona che l’anno scorso festeggiava a Lima i 200 anni della nascita del Perù e aveva dato segni di forte progresso a dicembre, sul veloce percorso di Valencia, finendo in 2h06’11”, a sei secondi dal record di Ronaldo, fenomeno dei 42 km alla brasiliana

Do Nascimento, il brasiliano che corre per il suo paese, in una dimensione in cui i cambi di nazionalità sono all’ordine del giorno. A Seul, in un formidabile 2h18’04”, e con un progresso di tre minuti, ha vinto la romena di freschissima data, Joan Chelimo Melly, importata dal Kenya. Joan diventa la terza europea di sempre dopo Paula Radcliffe, britannica a tutti gli effetti, e Lonah Salpeter, israeliana di solide radici kenyane.

Tra gli uomini, i vertici storici sono occupati dal belga/somalo Bashir Abdi, 2h03’36”, dal turco/kenyano Kaan Kigen Ozbilen, 2h04’16”, dall’olandese/somalo Abdi Nageeye, 2h04’56”, dal britannico/somalo Mo Farah, 2h05’11”, dal franco/maghrebino Mohrad Amdouni, 2h05’22”. Il migliore dei prodotti “originali” è il norvegese Sondre Moen, sesto con 2h05’48”.

La commistione delle provenienze e delle etnie, dovuta a fughe davanti a guerre o carestie (è il caso di Sifan Hassan, plurimedagliata e pluriprimatista olandese d’Etiopia) o a percorsi di vita famigliare o, semplicemente, alla convenienza economica, è diventata un dato comune, normale, specie in Europa.

Nell’ultimo fine settimana di coppe europee di rugby sono andati in campo, accanto ai “soliti” inglesi, scozzesi, irlandesi, francesi, gallesi e italiani, giocatori con dirette radici di Guinea Bissao, Mali, Senegal, Congo, Camerun, Marocco, Nuova Caledonia, Wallis & Futuna, Fiji, Samoa, Tonga, Georgia, Romania, Moldavia, Argentina, Uruguay …

Nella finale di Montecarlo si sono affrontati il greco/russo Stefanos Tsitsipas e il malagueno Alejandro Davidovich Fokina, figlio di uno svedese/russo e di una russa: qualche briciola per un paese messo al bando … Il campionato inglese di calcio è sempre più popolato da giovani africani, molti provenienti dal prolifico sud est di Londra, non tutti con origini legate alle colonie del vecchio impero. Il vivaio dell’Ajax, sempre in forte attività, va a pescare nelle nuove realtà metropolitane di Amsterdam, con forte componete nordafricana e medio-orientale.

Lo sport è da sempre un fedele specchio della realtà che ci circonda. Oggi più che mai. E nella Babele, che produce anche gli scontri di Malmoe, promossi da chi non ha capito dove va il mondo, può esser mescolato un cocktail. Il primo sorso è gradevole.

 

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