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I sentieri di Combricus / The “Flying Sikh”, gemma venuta dall'India

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Sabato 19 Giugno 2021

 

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Storia di Milkha Singh, sopravvissuto alla sanguinosa Partizione del ’47, l’atletica scelta per necessità, a Roma ’60 per una manciata di centesimi perse il podio dei 400 quando ancora le finali erano a sei corsie.

Giorgio Cimbrico

In pochi giorni il male che ha assalito il mondo ha rapito una donna e un uomo che molti anni or sono avevano unito vita, destino e futuro: prima, Nirmal Kaur, già capitana della nazionale di pallavolo; ora, avviato verso i 92 anni, il marito, Milkha Singh, the “Flying Sikh”, l’atleta simbolo della grande India, il campione che corse uno dei giri di pista più appassionanti nella storia dei Giochi. Oceania a parte, tutti i continenti erano rappresentati all’Olimpico di Roma il 6 settembre 1960: gli americani Otis Davis e Earl Young, i tedeschi Carl Kaufmann (nato a Brooklyn e di professione cantante) e Manfred Kinder, il sudafricano Malcolm Spence e, per l’Asia, Singh.

Spence ebbe un avvio senza paura e passò ai 200 in testa, seguito da Kaufmann e Singh. Davis, nativo del fecondo Alabama, coprì la seconda curva in 10”8 e entrò in testa sul rettilineo. L’immagine trasmessa dal fotofinish è diventata famosa come certi scatti storici: Otis taglia il traguardo con il busto diritto, Kaufmann tuffandosi. Per l’uno e per l’altro, record del mondo, 44”9. Oro a Otis per un centesimo, 45”06 a 45”07. Pari tempo manuale anche per la medaglia che rimaneva: 45”6 per Spence e per Singh, ma qui il gap è più largo, 45”60 a 45”73, un record indiano che avrebbe tenuto duro per 38 anni e che sarebbe finito al centro di una disputa: nel 1998 Paramjeet Singh, ufficiale di polizia, corse in 45”70 e richiese la “taglia” che Milkha aveva messo sul suo record, 200.000 rupie, circa 5000 dollari. “Per me – eccepì il vecchio campione – 45”6 è meglio che 45”70 e poi io l’ho ottenuto su suolo straniero, in un’occasione importante, non in un meeting nazionale”.

La vita di Singh ripercorre, in drammaticità, la storia dell’India nel passaggio dai Raj britannico all’indipendenza: nato nel 1929 a Govindpura, finisce con la famiglia nello spaventoso dramma della Partizione del 1947: i musulmani si dirigono verso il neonato Pakistan, gli hindu verso l’India. Anche i Sikh, razza guerriera, decidono di dirigersi verso est. Nei massacri che insanguinano una frontiera appena tracciata, Milkha perde i genitori e tre fratelli, finisce in un campo di rifugiati, si arruola nell’esercito e a 21 anni fa un tardivo esordio nell’atletica.

Nel ’56 a Melbourne è una comparsa ma nel ’58 è già in grado di conquistate i titoli nei 200 e dei 400 agli Asian Games e di trovare una collocazione importante vincendo i 400 ai Giochi del Commonwealth a Cardiff proprio davanti a Spence. A Roma si dice sicuro di poter salire sul podio: gli va male per una manciata di centimetri e di centesimi. Nel ’62, a quasi 33 anni, è ancora campione d’Asia dei 400 e trascina l’India alla vittoria nella 4x400. Dei quattro figli nati dall’unione con Nirmal, Jeen è quello che ottiene i migliori risultati: sarà il primo giocatore indiano a entrare nell’European Tour di golf.

Il giavellottista Neeraj Chpra, uno dei più forti atleti del subcontinente, lo ha ricordato paragonandolo a una gemma. Proprio come l’India, gemma della corona di un Impero che non c’è più.

 

 

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