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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Piste&Pedane / Una ripartenza a suon di musica

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Venerdì 17 Luglio 2020

 



Da Savona una serie di eccellenti spartiti: sul leggio più alto la giovanissima Larissa (18 anni domani, auguri!) che inseguendo la madre si insedia nei piani alti del lungo e promette di andare molto molto lontano.

Daniele Perboni

Fuochi d’artificio, mortaretti, triccheballacche, putipù, rumbe e tarantelle per festeggiare i risultati tecnici di Savona. Fisarmoniche e doppi flauti per sognare e immaginare dove potrà arrivare quella figlia di due gran talenti, uno nostrano, il padre Gianni Iapichino, l’altra d’adozione per matrimonio, Fiona May. Lontano? Forse anche più della madre (7.11, Budapest 22/8/88). Il 6.80 (+0,7) di Larissa apre squarci profondi nella specialità di casa nostra. Per ora limitiamoci a ipotizzare allori futuri, senza tentare iperboli infinite, specialità in cui siamo maestri.

Giovane, intelligente, diligente, ha dimostrato di saper affrontare le nuove sfide con giusta spregiudicatezza e gioia. Chiede di lasciarla crescere, divertirsi. Accontentiamola. Il tempo gioca a suo favore. Per ora che sbuffino le canne degli organi. (Foto Fidal.it).

Banjo e tamburelli per salutare il Re (Davide) che con un gran finale e due cosce a dir poco fuori dall’ordinario ha messo “a cuccia” i due giovani rampolli pronti a spodestarlo dal trono (45”31), proposito non proprio facile da mettere in atto. Il ligure-sabino ha trapiantato un cronometro al posto degli organi deputati a spingerlo sempre più in avanti nella lista degli uomini resistenti alla velocità. Aceti (45”84) e Scotti (46”08), germogli di una pianta su cui innestare una staffetta del miglio a livello europeo, hanno intrapreso una strada che li porterà lontano? Gli esordi 2020 stanno lì a dimostrare che sì, il cammino è quello giusto. Forse non arriveranno a Santiago ma nei pressi di qualche santuario è lecito crederlo.

Mandolini, liuti e balalaiche per celebrare il gigante (Leo Fabbri) e il bambino (Filippo Randazzo). Il ragazzone toscano di Bagno a Ripoli (centotrentasei chili innestati su un tronco di due metri), erede di una stirpe di giganti, al quinto tentativo di una serie inaugurata con un nullo, cala l’asso vincente, anche a livello di ranking mondiale, e buca il prato a 21 metri e 15 centimetri. La scalata ai vertici, iniziata la scorsa stagione e continuata nel breve inverno 2020, sta portandolo sull’altopiano dei ciclopi. Piano, piano, senza strombazzate assordanti ha fatto sua la tecnica del maestro, affinandola e adattandola alla velocità d’esecuzione. Anche per Fabbrino si prospetta un futuro roseo.

Filippo, siculo, di Caltagirone, è tornato. Il suo 8.12 (+1,4) è di buon auspicio per questo schizofrenico anno. La cura di Castelporziano, dove si è trasferito dal 2018, inizia a sortire effetti benefici.

Arpa e ukulele per la danza di Luminosa fra gli ostacoli. Balletto sincopato che solo le migliori sanno trasformare in una corsa senza ondeggiamenti pericolosi. Correva in casa l’aspirante veterinaria. Cercava avversarie su cui scatenare la sua furia agonistica e trasformare tutta quella veemenza in un risultato cronometrico che insegue dalla scorsa stagione: il 12”76 di Veronica Borsi, risalente al giugno 2013. Su suolo italico non aveva avversarie. Sino al giorno in cui si è trovata a fianco una Elisa Maria Di Lazzaro rinata dopo le eccellenti prove fornite nelle categorie giovanili. Per lei e per il suo maestro, musica cubana Santiago Antunez. Tre soli centesimi le hanno divise (12”86 contro 12”89). Bene così. Ora non è più sola. Pizzichiamo le corde dell’arpa.

Cetre, launeddas e zampogne per il duello dell’estate. Quel Tortu/Jacobs servito per riempire le pagine dei giornali. Atteso, desiderato, bramato, sospirato. Finalmente eccoli uno accanto all’altro, dopo gli assaggi di riscaldamento nelle batterie. Pronti via! L’istinto killer del velocista puro ha premiato Filippo (10”12) con quel guizzo assassino e vincente sul traguardo, relegando l’ex lunghista (per ora) alle sue spalle (10”14). Negherebbe anche sotto tortura, ma Marcel “soffre” la presenza del rivale. Lo rende nervoso. Sa che l’attenzione è tutta rivolta al primatista italiano. E sa anche che se arrivasse davanti non avrebbe vinto lui. Avrebbe perso l’altro. Lodi, comunque, a Filippo, a Marcel e plauso anche a Desalu, terzo con il record personale (10”29). In prospettiva staffetta un trio per musica da camera perfetto. In attesa del quarto incomodo.

 

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