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I sentieri di Cimbricus / Ma M49 vi sembra un nome da orso?

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Mercoledì 17 Luglio 2019

 

orso

 

"Spero che il nostro amico non abbia problemi. O meglio, che qualche ottuso non gliene crei. E spero anche che trovi compagnia ursina. La popolazione è scarsa ma a volte la fortuna aiuta gli audaci e il nostro amico lo è."

 

Giorgio Cimbrico

Innanzitutto diamo a M49 un nome come si deve: Balù, Augusto, Yoghi, Gianni. Anche Piotr andrebbe bene: ricorda il polacco Lisek che, pesante quasi un quintale, qualche giorno fa ha saltato 6.02. Il nostro amico orso, che di sicuro pesa di più, si è limitato a 4.50 ma non aveva ancora affinato la tecnica dello scavalcamento.

So che tutti facciamo il tifo per lui e se lo ammazzeranno ci incazzeremo moltissimo, e molto banalmente so anche che ci sono cose più importanti e gravi, ma l’orso che fugge ha un soffio – pardon, un potente e spesso alito – che smuove i nostri sentimenti, la nostra commozione, la nostra ammirazione. Teddy Roosevelt diceva che il simbolo dell’America doveva essere l’orso e non, diceva lui, quell’aquila spennacchiata, perché era forte, fiero e solo.

Teddy era bravo a usare tutto quello che lo circondava e a trasformarlo in allegoria, in metafora, perché servisse ai suoi scopi, però sull’orso ha detto cose giuste: l’orso è forte, solo e fiero. Aggiungo che è anche un formidabile atleta. L’orso salta barriere precluse a un cavallo, si arrampica come i free climber che di solito sono magroletti, tutti ossa e tendini. L’orso sembra grasso e goffo ma lanciato è più veloce di Usain Bolt. E ha una forza pari alla sua fame.

Da tempo ho perdonato gli orsi di Yellowstone. Quando ci sono andato, con mio figlio bambino, non si sono fatti vedere. Bisonti, sinché ne volete: sembrava di essere in quella scena di Balla con i Lupi quando Kevin Costner e i suoi amici Sioux vanno a caccia di arrosti, fegati e coperte per l’inverno. Alci, parecchi. Cervi, idem. Persino qualche coyote. Lupi no, perché non erano ancora stati reintrodotti. Io e mio figlio partecipammo alla campagna di ripopolamento offrendo cinque dollari e ricevendo un bel badge.

Orzi, zero. Un ranger, interrogato, rispose che erano circa 300 e Yellowstone è grande più o meno come l’Umbria. In compenso ci impartì la solita lezione: se lo incontrate, non mettetevi a correre, intanto vi raggiunge. Buttatevi a terra, state lì come pupazzi. Lui vi darà qualche zampatina, per saggiarvi, e se ne andrà grugnendo. Gli orsi non hanno mai divorato nessuno: rispetto alle tigri, ai leoni, agli squali hanno un regime alimentare diverso, più sano, molto bio.

Non bisogna farlo incazzare invadendo il suo territorio, minacciando i piccoli, facendolo inseguire da cani latranti. Allora si arrabbia e mi viene i mente quella scena del film infaustamente intitolato in italiano “Uomo bianco va’ con il tuo dio” (in originale, Man in the wilderness), in cui Richard Harris rimedia fratture multiple e ferite profonde. Ma, detta tra noi, se l’era andata a cercare o era stato dannatamente sfortunato a imbattersi in un’orsa trepidante per i suoi cuccioli.

Altri ricordi ursini sono legati al cane che è vissuto a lungo con noi. Era un labrador e si chiamava Kodiak in onore dell’isola dell’Alaska dove quei giganteschi e bruni animali si sono specializzati nella caccia al salmone: alla fine della lunga scorpacciata possono arrivare a 640 chili. Per chi è appassionato di classificazione, sto parlando dell’ursus arctos middendorffi.

L’orso più allegro che ho visto in uno zoo era un piccolo e raro orso brasiliano, una delle specie salvate da Gerry Durrell, autore di libri deliziosi e padre della fondazione che ha sede nell’isola di Jersey. Ma tutto quel piccolo zoo è allegro e non odora di prigione.   

Spero che il nostro amico non abbia problemi. O meglio, che qualche ottuso non gliene crei. E spero anche che trovi compagnia ursina. La popolazione è scarsa ma a volte la fortuna aiuta gli audaci e il nostro amico lo è.

 

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