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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Amarcord / Quando a scuola c'era lo sport ...

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Giovedì 24 Novembre 2016

sport scuola

Leggo oggi sul Corriere della Sera un elzeviro di Beppe Severgnini che mi permetto di segnalarvi. Senza fare valutazioni inopportune, mi pare che (almeno questa volta) le sue riflessioni coincidano largamente con le mie e, mi auguro, con quelle di molti di voi. Semmai, come vedremo, manca una domanda finale sulla quale torneremo. Dunque, Severgnini si riporta un po' indietro, ai tempi nei quali frequenatava (anni Settanta?) il liceo-ginnasio Racchetti di Crema, per ricordare il suo movimento studentesco, "quello bello e sano, quello che molti di noi ripiangono". Ecco quanto. "La campanella dell'intervallo era il fischio d'inizio. [...] Avevamo 15 minuti, non c'era tempo da perdere. Cortile di terra battuta, le colonne del portico come porte, le ragazze alle finestre (speravampo ci guardassero, volevano solo prendere aria). La fine dell'intervallo valeva come triplice fischio dell'arbitro (che non c'era)."

E ancora, di seguito. "Tornavamo in classe sudati, stanchi e contenti. Se avevamo vinto, di più. Praticavamo anche altri sport. Pallavolo e pallacanestro nelle ore di educazuione fisica, in una palestra fascisteggiante dai soffitti infiniti. Ricordo anche il salto in alto, una specialità che maschi e femmine praticavano insieme: le coetanee in calzoncini che si rotolavano sui tappeti erano uno spettacolo sublime. Tornati a scuola sfidavamo il professore di filososia in salto delle scale: chi riusciva a superare più gradini in discesa con un balzo. Kant e Hegel sarebbero stati orgogliosi di noi."

E qui, lasciati i ricordi personali, veniamo al punto che più interessa noi vecchi ex-studenti. Prosegue Severgnini: "Perchè racconto queste cose? Perchè oggi sarebbero tutte vietate. Le osteggiano le autorità scolastiche (troppo anarchiche!), le temono le famiglie (troppo pericolose!), le ignorano i ragazzi (troppo faticose?). I videogiochi hanno sostituito i giochi. Le lunghe adolescenze del XXI secolo trascorrono senza sbucciature, senza slogature, senza traumi, senza tagli".

E siamo giunti alle domande. Se ne pone una anche Severgnini: "Ma è un progresso? Un quattordicenne del 2016 svolge un quarto dell'attività motoria di un coetaneo del 1976. Il telecomando consente di risparmiare 22 km l'anno; il cellulare ha annullato gli spostamenti verso il telefono fisso." Non è un progresso, almeno dal nostro punto di vista. Ma suggerisce quella domanda di cui abbiamo detto all'inizio.

Come concludere e a chi toccherebbe farlo? Acclarato che non si può riportare indietro il calendario e che la nostalgia resta per tutti un sentimento personale, gli adolescenti di oggi non hanno nulla da spartire con la stessa età dei padri o dei nonni, mi auguro che queste considerazioni le leggano anche al CONI (al ministero della Buona Scuola non credo proprio che interessino). Chissà poi se assieme al sociale, a "inclusione e integrazione" tanto meritevoli, si trovi il tempo e la voglia di guardare un po' più lontano. Non solo all'organizzazione dei grandi eventi.  

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