I sentieri di Cimbricus / Tutto il virtuale ed anche oltre

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Lunedì 13 Luglio 2020
 
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Attenti a quel che sta avvenendo, una realtà molto virtuale e molto playmobil, un mondo asettico, senza pericoli di contagio, senza profumi o puzze: senza passione.

Giorgio Cimbrico

Chissà perché dicono: “E’ una fake news”. Se è una, è una fake new. Va bene, non sottilizziamo. Una volta dicevamo e scrivevamo una notizia falsa, non vera, una palla, una menzogna. Devo dire che ne giravano molte meno. L’attenzione doveva essere desta il 1° aprile: certi fishmakers erano bravissimi, convincenti. Vi è piaciuto fishmakers? Altra categoria tenuta in grande considerazione dai media è lo “strano ma vero. Per l’etichetta dobbiamo esser grati per sempre al grand uff cav Sisinni, per lunghi anni direttore e amministratore (CEO, insomma) della Settimana Enigmistica.

L’uomo che morde il cane è il simbolo ma specie nello sport gli esempi si sprecano: foto del rugbista smutandato, foto della tettina che sfugge dal reggiseno, foto di rovinosa cadute di cavalli e cavalieri magari con uno sdegnato commento sul tema “non si uccidono così anche i cavalli”.

Tutto deve essere mirabolante, ma essendo ormai andato in pensione Astolfo e masticando tranquillamente ottima biada l’ippogrifo in una confortevole stalla, non è facile trovare merce così preziosa. Necessario uno scatto, un po’ di inventiva, suvvia, pescando nelle magnifiche opportunità offerte oggi dalla tecnica e dalla sorelle che le galoppano al fianco come cavalleggere dell’Apocalisse: l’informatica e la copertura totale di tutto quel che ci circonda.

La pandemia è stata un’eccellente occasione per sperimentare nuovi formati, tratti direttamente dai giochi elettronici. Non c’è da stupirsi: da anni ormai il cinema (buona parte, non tutto) si alimenta di supereroi che vengono da quel mondo, da quegli schermi, da quegli schermini portatili. Creatività? Ma per favore.

Tra impossible e inspirational games, l’atletica ci sta dando dentro: gare a distanza d’oceano, spari che rimbombano per atleti che corrono in bontempone in Florida e in Svizzera, side nei giardini di casa.

Non mi stupisco perché ricordo che all’inizio del suo mandato lord Sebastian Coe disse che vedeva i suoi figli molto calati in questi giochi e che l’atletica doveva essere svecchiata. Uniamo i due concetti e otteniamo quel che sta avvenendo, una realtà molto virtuale e molto playmobil, un mondo asettico, senza pericoli di contagio, senza profumi o puzze, senza passione. Senza neanche competenza, sennò un episodio come quello di Noah Lyles non sarebbe capitato. Ma più che di competenza, in questo caso sarebbe più opportuno parlare di sensibilità.

A me è capitato di ammirare atleti evoluti che non avevano bisogno di punti di riferimento per capire che avevano centrato una prestazione importante o enorme. In questo campo, lunghi e triplisti sono i primi della classe. Ecco, Lyles non si accorge di aver corso 15 metri di meno? Sono tanti, quasi un decimo della distanza giusta.

Una volta una storiella del genere l’avremmo letta un mese dopo, su una rivista, ridotta a cenno, a curiosità come le gare che quel buonanima di Ricky Bruch si organizzava da solo a Malmoe o come quella siepe che, pare, impedì al disco di John van Reenen di andare più lontano. Invece, oggi, quando quel 18”90 è piombato sul far della sera, ha creato agitazione. Ehi, c’e uno che ha spazzato via Bolt, che quel tempo, con generoso cronometraggio manuale, 18”9, lo raggiunse quando a Berlino lasciò la sua scia di stelline e frammenti di meteorite: 19”19, ma correndo 200 metri giusti.