Spallino

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Antonio SPALLINO




Se n’è andato in punta di piedi, rispettando sino alla fine quel suo modo di essere discreto, silenzioso, riservato che ne aveva caratterizzato sempre la personalità e il comportamento. Antonio Spallino, sindaco di Como dal 1970 al 1985, dopo qualche giorno di ricovero in ospedale è morto nella sua casa di Carimate nella notte tra mercoledì 27 e giovedì 28 settembre, all’età di 92 anni. Nato a Como il primo aprile del 1925, padre di tre figli – Maria, Lorenzo e Franco – l’avvocato Spallino ha scritto pagine fondamentali dell’amministrazione cittadina, ma è stato capace anche di altre grandi imprese, a partire dallo sport: le tre medaglie olimpiche tra cui l’oro nel fioretto a squadre alle Olimpiadi di Melbourne, nel 1956, e le cinque medaglie mondiali (due d’oro nel biennio 1954/55) conseguite con le insegne della gloriosa Comense 1872 ne sono i simboli più preziosi.

Avvocato civilista e amministrativista specializzato in diritto urbanistico, Antonio Spallino – Nino per gli amici – seguì sin da giovane le orme del padre Lorenzo, ministro delle Poste. Entrò in politica aderendo alla corrente di Base della Democrazia Cristiana, ma non fu mai un uomo di partito, vivendo sempre la sua militanza con uno spirito libero e venato da forte indipendenza. Le logiche di corrente non lo appassionarono mai.

Nel 1965 divenne assessore all’Urbanistica con il sindaco Lino Gelpi. Cinque anni dopo, nell’estate del 1970, dopo una brillante elezione in consiglio comunale venne eletto sindaco quasi a sorpresa al posto di Diodato Lanni, l’uomo che la Dc aveva indicato in un primo momento per la poltrona più alta di Palazzo Cernezzi. Nei suoi 15 anni da sindaco Nino Spallino riuscì a cambiare la città quasi dalle fondamenta, adottando provvedimenti i cui riflessi sono visibili ancora oggi. Uno su tutti: la pedonalizzazione della Città murata, scelta che per l’epoca fu forse qualcosa più di una rivoluzione. L’espulsione delle auto da via Cesare Cantù o da piazza San Fedele sembrava ai tempi un’eresia e suscitò discussioni e polemiche interminabili. Oggi trovare qualcuno che giudichi negativamente la pedonalizzazione del centro storico sarebbe un’impresa praticamente impossibile.

Rispettato anche dagli avversari politici dentro e fuori il Comune, tra il 1977 e il 1979 fu commissario straordinario della Regione Lombardia nell’emergenza per il disastro diossina dell’Icmesa di Seveso. Nel 1985, rieletto ancora una volta in consiglio con il maggior numero di preferenze, non riuscì a superare lo scoglio di un accordo politico preso alle sue spalle dalle segreterie cittadine del pentapartito, che gli preferirono come sindaco il socialista Sergio Simone. Rimase in consiglio per tutto il mandato, poi lasciò per sempre l’assemblea cittadina.

L’impegno a servizio della città (e non solo) proseguì, tra l’altro, come presidente della Stecca e del Centro Volta – una delle sue creature più importanti – oltre che dal 1988 del Panathlon Internazionale e dal 1990 della “Gazzetta Srl”. Insignito della Medaglia d’Oro al valore atletico (1956), del Collare d’Oro al merito sportivo (2015) e della Stella d’Oro dei dirigenti (1997).

(liberamente tratto dal Corriere di Como, 3 Ottobre 2017)