Andreoli

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MARIO ANDREOLI

(gfc) Il 21 dicembre ci ha lasciato Mario Andreoli, uno di noi. Dirigente, allenatore, soprattutto amico. Era arrivato al CUS dall'Armellini, l'istituto erede dello storico ITIOMF, orologeria e meccanica fine dell’antico ginnasiarca Argante Battaglia. Erano gli anni dello sport scolastico, quando il termine aveva un senso e, soprattutto, indirizzi diversi. L'Armellini era una riserva di talenti dal quale il CUS attingeva a piene mani. Di quel travaso Mario era il tramite e un po' il sacerdote.

Mario si occupava del settore giovanile, un fratello maggiore per i ragazzi che seguiva più fuori che dentro il campo. I loro problemi erano i suoi problemi. Mai stanco, sempre disponibile. Legato più ai fatti che alle parole che usava con estrema parsimonia. Secondo un carattere burbero che nascondeva a fatica la bonomia di fondo. Quando lasciò, si trasferì in federazione dove per decenni ha curato i dati e i risultati per l'annuario. Poi, quando cominciò a non stare più tanto bene, si fece dignitosamente da parte.

L'ho rivisto per l'ultima volta alla cena del vecchio gruppo che festeggiava Roberto Fabbricini, anche lui uno di noi, diventato segretario generale del CONI. Non aveva voluto mancare anche se l'avevano dovuto accompagnare la moglie e la giovane figlia. Era il febbraio 2013.

Mi ero seduto davanti a lui per parlare un po', ma Mario ha sempre parlato poco. Quella sera lo fece ancora meno. Ma ci abbracciammo forte quando andò via, un po' prima degli altri. Era stanco. Ora anche lui ha tagliato il suo traguardo. Grazie, Mario, per quello che hai dato al nostro mondo. Addio.