Fabbri

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Giovan Battista Fabbri

Se ne è andato a 89 anni. Lo si ricordava per essere stato lo scopritore e il mentore (“padre, fratello, zio”) di Paolo Rossi, il fracile ragazzino con le ginocchia a pezzi che lui aveva trasformato nel “Pablito” del mondiale ‘82. Ma Gibì è stato molto di più, prima calciatore di fatica e poi allenatore. Un allenatore d’avanguardia, innovativo, fuori dal tempo. Profeta inascoltato di un calcio totale, quando ancora non s’erano diffusi gli arzigogoli delle tattiche. Il suo biglietto da visita resta il secondo posto raggiunto dal Vicenza di Giuseppe Farina nel campionato 1977-78, a cinque punti dalla Juventus. Quel Vicenza “provinciale” che l’anno prima aveva portato a vincere il torneo di B grazie anche ai 21 gol di Paolo Rossi (l’anno seguente capocannoniere di A con 24 reti prima di tornare alla Juve, ceduto alle buste per 2 miliardi e 612 milioni di lire). Ma non c’è stato solo Rossi nella sua carriera. Una lunga stagione in panchina, quella di Fabbri, spesso condannato a retrocedere, in altalena tra B e C, e col rimpianto di non aver mai potuto allenare una “grande”. Ma restando sempre fedele al credo di un calcio soprattutto godibile, in anticipo sui tempi, e non capito a pieno. Come si è rammaricato fino agli ultimi giorni. Gibì si è spento nella serata del 2 giugno in una casa di cura di Ferrara. Era nato a San Pietro in Casale, alle porte di Bologna, l’8 marzo 1926.