Sci nordico / Val di Fiemme: promossi solo gli organizzatori

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Mercoledì 6 marzo 2013

Tra meno di anno si apriranno a Sochi i Giochi Olimpici d’inverno. L’Italia ha il compito non semplice di far dimenticare il flop di Vancouver 2010 quando la gestione Pagnozzi-Petrucci ha toccato il fondo con la sola medaglia d’oro vinta all’ultima giornata da Giuliano Razzoli. Un fallimento tanto più grave quanto si pensi che la giustificazione per i miliardi di Torino 2006 passava per l’impegno di rilanciare – finalmente – lo sport della neve in Italia. Da allora è andata sempre peggio. E non soltanto per la crisi federale. Se i campionati mondiali di quest’inverno avevano il campito di misurare la temperatura su ghiaccio e neve, c’è ora da essere fortemente preoccupati. Toccherà così al nuovo presidente del CONI, Giovanni Malagò, e al segretario generale Roberto Fabbricini, rimboccarsi le mani e dare avvio alla necessaria, e non semplice, ricostruzione.

In questo senso Malagò – che ha scelto proprio la Val di Fiemme, e i Mondiali di sci nordico, per la sua prima uscita internazionale da presidente – è stato sin troppo chiaro (una qualità alla quale non eravamo più abituati): “Se a Sochi dovesse andare bene, i meriti non saranno i miei, ma se andrà male, non mi sentirò responsabile”. Ci mancherebbe altro. Colpe e meriti andranno equamente divisi. Ed una volta tanto, per favore, con sano senso di realismo. Anche se lo stesso Malagò ha ricordato come, con le risorse disponibili, tornare a crescere non sarà proprio una passeggiata. “Proveremo ad essere protagonisti, con l’obiettivo di coinvolgere i privati in questo processo”.

Da questo punto di vista i risultati giunti dalla Val di Fiemme sono tutt’altro che incoraggianti. Nessuna medaglia – e questo si poteva anche prevedere, come a mezza voce aveva anticipato lo stesso presidente della FISI Flavio Roda –, ma ciò che più preoccupa resta lo scollamento dal vertice in tutte le discipline. Non fa eccezione il fondo che ha ormai perso contatto e resta affidato alla caparbietà di Giorgio Di Centa, un leone degno del suo passato. Ma che a Sochi (se ci andrà) avrà 42 anni.
Sul banco degli imputati – un po’ ingenerosamente – è così finito il CT Silvio Fauner. “Non è detto che un grande atleta possa essere anche un eccellente allenatore”, ha chiosato Franco Nones, primo olimpionico italiano sugli sci stretti (Grenoble 1968), che da decenni nel suo albergo di Castello di Fiemme segue gli allenamenti dei norvegesi. Premessa ai grandi risultati che ottengono i nordici. E che hanno convinto anche re Carlo XVI Gustavo di Svezia a trasferirsi in Val di Fiemme per assistere ai trionfi dei suoi sudditi. E a quelli dei rivali "norge" Marit Northug e Petter Bjoergen.

Per gli azzurri il miglior risultato resta il quarto posto della staffetta, una medaglia (di bronzo) persa agli ultimi metri contro i russi, alla “spaccata finale” come si dice, ma che ha restituito un certo orgoglio all’intero gruppo. Sul quale si dovrà ora lavorare in prospettiva olimpica. “Dobbiamo invertire la tendenza”, ha concluso un preoccupato presidente Roda, chiamato a gestire una credibile ricostruzione tecnica che potrebbe passare anche attraverso la creazione di un centro federale in Val di Fiemme. Occorrerebbe tempo, ma è proprio ciò che manca in vista di Sochi.

● I risultati della Val di Fiemme nella sezione MONDIALI.