CONI / Giovanni Malago presenta il suo programma

Venerdì 25 gennaio 2013

Se bastasse la lettura del programma, sarebbe difficile togliere a Giovanni Malagò la presidenza del CONI. A fronte delle scarse, e datate, idee messe sul tavolo dal Raffaele Pagnozzi, lo schema delle “cose da fare” per restituire un ruolo diverso al maggior ente sportivo italiano (interamente finanziato dallo Stato), proposto martedì scorso dal giovane imprenditore romano, sono un salto in avanti. Ma come insegnava Shakespeare, Pagnozzi è “uomo d’onore”, guarda in avanti e per di più ha quel valore aggiunto – non semplice da quantificare – di giocare in casa. E allora, stante pure alla maggiore qualità (e, almeno questa volta, vera innovazione) delle proposte di Malagò, la bilancia rimane appesantita dalla parte della continuità. Come si è già detto.

Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano è struttura decrepita, ancorata a vecchie liturgie e meccanismi rugginosi che permangono da almeno mezzo secolo. Affidato sempre agli stessi uomini che si alternano al vertice da decenni. Al riparo protettivo di quella magica “autonomia” che viene spolverata ad ogni refolo di novità. Questo è un dato ribadito, più che ampiamente, dalle elezioni tenute nelle federazioni, olimpiche o meno. Come abbiamo cercato di segnalare da tempo. Personaggi presenti sulla scena da venti/trent’anni, confermati con maggioranze a volte imbarazzanti, che saranno i veri elettori del nuovo (si fa per dire) vertice del CONI.

In tale panorama, sconfortante per un comparto come quello sportivo che dovrebbe essere d’esempio per innovazione e ricambio d’idee, è fin troppo facile pronosticare che il prossimo presidente del CONI sarà Pagnozzi. Questo non toglie che le 60 pagine del programma disegnato da Malagò potrebbero essere un buon viatico per un colpo di reni, anzi d’orgoglio, per l’intera struttura. Certamente, non condivisibile in toto, ma di fatto costruito con l’occhio rivolto alla realtà economica e sociale del Paese, quale è oggi. Per di più, altro dato non secondario, l’aver anticipato le elezioni del Foro Italico a febbraio – quando ancora si riteneva che le politiche, col cambio di governo annunciato, si sarebbe dovute tenere ad aprile – ha chiuso il cerchio. Come si dice: sempre in nome della salvaguardia della “autonomia”. Tutto ciò premesso, va reso atto a Malagò per averci, quanto meno, provato. Già un segnale di novità.

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