Atletica / I meeting e l'assemblea elettiva

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Lunedì 3 settembre 2012

Dopo Londra, il residuo di stagione ha preso ieri le mosse da Padova, terzultimo meeting nazionale in attesa di Rovereto (domani sera) e di Rieti (domenica 9 settembre), salvato quest’ultimo all’ultimo momento da una quasi inevitabile cancellazione. Non sappiamo, a questo proposito, quanto sia costata agli organizzatori la riunione di Padova che ha raccolto all’Euganeo un buon pubblico, come tradizione della città, ma che ha offerto un cast di soli stranieri e con gli italiani contati sulle dita di una mano. Di questi ultimi due nomi soltanto: Fabrizio Donato che, dopo la vittoria in Diamond League, sta spendendo gli ultimi spiccioli, e Libania Grenot che fa il personale sui 200 (22”85). Mentre Donato, a 36 anni, fa progetti, resta tutto da definire il futuro della caraibica di Roma: lontana dal restituire in qualità quanto è stato investito su di lei in fiducia e soldi. L’impressione che per lei il dilemma 200/400 si protrarrà a lungo, se non saranno altri (la direzione tecnica federale, tanto per azzardare?) ad intervenire. Per il resto, poco più del nulla.

Ed eccoci ai (pochi) meeting rimasti in vita. Con tutto il rispetto per chi ancora azzarda ad organizzare, pare giunto il momento di una riflessione. Dettata non soltanto da considerazioni di natura economica (vedi Milano). Dannarsi per trovare fondi – pubblici o privati, non importa – per allestire uno “spettacolo”, tanto più al tempo della crisi, è ancora produttivo? Intendiamoci: si può andare all’atletica come si va al concerto o al circo, ma senza che poi ci si debba attendere un salto di praticanti. E da questo punto di vista, il Golden Gala insegna: due o tre milioni di euro investiti da FIDAL/CONI con grandi ritorni per i manager, molto meno per il movimento che resta in perenne affanno.

L’atletica, in Italia, è ormai in fascia B e occorrerà molto tempo, assieme a tante energie nuove (lavoro, per capirsi), per farle risalire la china. Se il tempo non manca, sul reperimento delle energie è lecito avanzare alcune perplessità. A cominciare proprio dalla politica che governa i meeting. L’esempio arriva proprio da Rieti dove il patron Sandro Giovannelli – guardandosi in tasca – si è visto costretto a tagliare ingaggi e prebende. Chi vuol venire sarà il benvenuto, ma sappia che il tempo delle vacche grasse è finito. Rifacendosi alle norme internazionali, Giovannelli avrebbe così ridotto i premi a 2000 euro per i primi e, via via a scalare, fino ai 300 dell’ottavo, ovviamente vitto e alloggio a parte.

Un segnale importante. Anche se Rieti resta un caso a parte, in un certo qual modo emblematico. Perché la città ha saputo sviluppare, attorno ai 40 e più anni del meeting, ritorni di promozione che non hanno eguali in Italia. Per la ricetta chiedere a Milardi e al suo gruppo di lavoro. Ma si tratta di un esempio che fatica a trovare imitatori. L’interesse oggi pare più spostato verso il vertice della piramide, focalizzato sull’Assemblea elettiva che dovrebbe indicare il futuro (?) dell’atletica italiana. Acclarato che le speranze di vedere Arese tornersene nelle Langhe sono fallite, i colloqui e le riunioni per la sua sostituzione sono in corso da tempo. Con accorati appelli sulla direttrice Padova-Rovereto-Rieti. Le ambizioni sono tante, la qualità poca. Una sola certezza: nei capannelli non ci sono personaggi nuovi o che, in qualche maniera, non abbiano contribuito al generale fallimento. Come andrà a finire lo sapremo a dicembre. Il sospetto è che di novità non ne vedremo proprio. Come diceva il principe di Salina, conviene “cambiare tutto per non cambiare niente”. Sarà ancora così.